La glomerulonefrite membrano-proliferativa (MPGN) è un disturbo renale progressivo cronico, caratterizzato da alterazioni strutturali delle pareti capillari glomerulari e dalla proliferazione delle cellule mesangiali, che provoca una sindrome nefrosica, ipocomplementemia, ipertensione, proteinuria e malattia renale terminale. La MGN può essere di natura idiopatica o originare da cause secondarie (malattie infettive, immunocomplessi). Di fatto sotto il nome di MPGN si indicano un gruppo di patologie, che solo recentemente hanno trovato un sistema di classificazione completo e coerente. Fino a poco tempo fa l’attenzione della comunità medica era rivolta prevalentemente alle GNMP nelle quali fosse possibile registrare la presenza o l’assenza di depositi di Immunoglobuline di classe G (IgG) o di classe M (IgM) ma negli ultimi anni il crescente interesse per la via alternativa ha determinato una ridefinizione delle malattie nelle quali si registri un accumulo di depositi di C3, anche in assenza di Immunoglobuline.
Il dott. Andrew S. Bomback, nefrologo del Columbia University Medical Center di New York, ha fornito un inquadramento di questo gruppo di patologie sottolineando i progressi ottenuti dall’impiego di Eculizumab, un anticorpo monoclonale in grado di controllare l’attività del complemento.
In una review pubblicata su Nephron Clinical Practice, il dott. Bomback ricorda che la nuova classificazione delle GNMP ha introdotto la dicitura C3GP (glomerulopatie C3) per tutte le malattie come la glomerulo nefrite C3 (C3GN), la Dense Deposite Disease (DDD) e la nefropatia da Factor-H Related Protein 5 (CFHR5), nelle quali sia possibile osservare un aumento dei livelli di C3, con conseguente disregolazione della via alternativa del complemento. Soffermandosi sulla possibilità di identificare fattori genetici o acquisiti (ad esempio, autoanticorpi) che possano determinare una disregolazione della C3 convertasi (un enzima fondamentale nella via del complemento) con accumulo di C3, Bomback ipotizza lo sviluppo di terapie geniche mirate contro queste malattie.
L’orizzonte terapeutico a cui guardare include un anticorpo diretto contro la frazione C5 del complemento come Eculizumab che ha raccolto notevoli consensi nel trattamento della sindrome emolitico uricemica (HUS). Tuttavia, nel trattamento delle glomerulopatie C3 con Eculizumab, la letteratura scientifica riporta dati controversi e disomogenei. Su 8 casi trattati, solo in 1 sono stati rilevati dei benefici dall’uso di Eculizumab, con miglioramenti sia nei livelli di creatinina e albumina sierica sia nella riduzione della proteinuria. In un ulteriore studio che ha arruolato 6 pazienti con C3GP (3 DDD e 3 C3GN) ai quali è stato proposto il trattamento per un anno con Eculizumab, sono stati ottenuti risultati vari, dalla riduzione della creatinina alla riduzione della proliferazione mesangiale; ciò conferma la bontà di Eculizumab nel trattamento di uno specifico sottogruppo di soggetti più che nella cura di tutti i pazienti con C3GP.
Esistono delle differenze nel livello molecolare al quale interviene la disregolazione del complemento nelle sindromi C3GP rispetto alla HUS e questo rende possibile un approfondimento delle risposte osservate. A questo proposito, sMAC (Membrane Attack Complex solubile) gioca un ruolo essenziale: infatti, gli elevati livelli di sMAC in pazienti con C3GP potrebbero implicare un alto grado di disregolazione della C5 convertasi, rendendolo di fatto un utile predittore di risposta del trattamento con Eculizumab.
Non è ancora possibile fare delle valutazioni definitive sulle potenzialità di Eculizumab nel trattamento di soggetti con C3GP, soprattutto perché è necessario capire la durata di tale trattamento, specialmente con riferimento ai costi che esso comporterebbe. Inoltre, sebbene lo studio della via di attivazione alternativa del complemento stia compiendo consistenti balzi avanti, è necessario proseguire gli studi per individuare nel gruppo di soggetti con C3GP quelli che davvero possono trarre beneficio dall’impiego di Eculizumab.
Seguici sui Social