Hanno test validati e terapie efficaci, ci sono già esperienze positive condotte in Italia, ma oggi solo alcune Regioni garantiscono il test ai neonati
Roma – Sono almeno le 7 le patologie, o i gruppi di patologie rare, che avrebbero tutti i requisiti in regola per entrare nel panel nazionale dello Screening Neonatale Esteso (SNE): per queste malattie ci sono test validati e terapie efficaci che possono cambiare, o anche salvare, la vita dei neonati affetti. Ci sono anche esperienze di screening neonatale, spesso di lungo corso, svolte in Italia o all’estero, che ne mostrano la fattibilità e l'efficacia. Oltre a queste patologie, che dovrebbero essere inserite subito nel panel nazionale, ce ne sono poi altre alle quali gli esperti guardano con interesse, perché potrebbero a loro volta entrare nel panel una volta che tutte le condizioni saranno soddisfatte e verificate. Su questi gruppi di patologie, candidabili subito o in futuro ad entrare nella lista degli screening neonatali, si è fatto il punto con esperti e associazioni questa mattina, nel corso del convegno “Screening neonatale esteso. 2006 – 2021, 5 anni di progressi. Sfide e prospettive per il futuro”, organizzato da Osservatorio Malattie Rare con il contributo non condizionante di Biogen, Chiesi Global Rare Diseases Italia, Novartis, Orchard Therapeutics, PTC Therapeutics, Roche, Sanofi Genzyme e Takeda.
LA SMA
Nel primo gruppo di 7 patologie, quelle che potrebbero essere inserite immediatamente, la massima priorità è per l'atrofia muscolare spinale (SMA), una malattia neuromuscolare gravissima che, nelle forme peggiori, può portare a una morte estremamente precoce. In cinque anni sono arrivate ben tre diverse terapie efficaci, che possono essere fatte a partire dalle prime settimane di vita, cambiando radicalmente la storia della malattia. In Italia ormai ci sono tre regioni (il Lazio, la Toscana e la Puglia) che l’hanno introdotta stabilmente nel panel regionale; la Liguria, in attesa dell’aggiornamento nazionale, ha avviato un progetto sperimentale e a breve anche il Piemonte e la Campania faranno lo stesso. “Si tratta di regioni diverse dal punto di vista numerico e per condizioni economiche – ha detto Anita Pallara, Presidente Famiglie SMA – eppure tutte hanno capito che era una questione di vita o di morte e che la cosa è fattibile: se lo fanno sei regioni possono farlo anche tutte le altre. I percorsi sono già chiari e non c’è proprio nulla da attendere, tant’è che il Gruppo di Lavoro Ministeriale ha dato parere favorevole: manca solo il Decreto di aggiornamento da parte del Ministero della Salute e vogliamo sperare che arrivi prestissimo”.
LE QUATTRO MALATTIE LISOSOMIALI
Una situazione simile è quella della mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I), una gravissima malattia da accumulo lisosomiale che secondo il Gruppo di Lavoro Ministeriale dovrebbe essere inserita con priorità. Veneto, Trentino e Friuli-Venezia Giulia fanno già da tempo questo screening e hanno pubblicato nel tempo i dati relativi agli esiti di questo esame. L’ultimo in ordine di tempo è quello pubblicato sull’International Journal of Neonatal Screening che riassume l’esperienza dei primi cinque anni dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Metaboliche Ereditarie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, reparto diretto dal Prof. Alberto Burlina. “In cinque anni – ha spiegato Alberto Burlina, Direttore U.O.C. Malattie Metaboliche Ereditarie, A.O.U. di Padova – abbiamo sottoposto a screening per la MPS I un totale di 160.011 neonati. Abbiamo trovato due pazienti affetti, tutti e due con una malattia grave: il primo ha avuto un trapianto di midollo osseo a sei mesi di vita, il secondo, invece, ha iniziato la terapia enzimatica sostitutiva, e oggi sono entrambi perfettamente sani. Senza lo screening avrebbero avuto la diagnosi dopo anni e con esiti invalidanti”.
Simile è la situazione per altre tre malattie lisosomiali, più diffuse rispetto alla MPS I: la malattia di Gaucher, la malattia di Fabry e la malattia di Pompe. Per queste patologie ci sono esperienze di screening di lunga durata svolte proprio in Italia: in Toscana dal 2014 vengono ricercate le malattie di Fabry, di Pompe e la MPS I, mentre nell’80% del Triveneto (tutto il Friuli, la provincia di Trento e le province di Padova, Venezia, Treviso e Belluno) dal 2015 oltre a queste patologie viene ricercata anche la malattia di Gaucher. Ad oggi sia la MPS I che le malattie di Pompe e Fabry sono già inserite nel panel americano, il “RUSP”, ad oggi il più avanzato al mondo, che consente anche di raccogliere dati su popolazioni molto vaste.
LE IMMUNODEFICIENZE
Tra le patologie che dovrebbero essere inserite nel primo aggiornamento possibile ci sono anche le immunodeficienze congenite, un gruppo di patologie differenti ma comunque molto gravi, che causano infezioni ricorrenti, debilitanti e che possono essere mortali. Queste patologie possono essere suddivise in due gruppi: le SCID o “immunodeficienze combinate severe” (quindi ADA SCID e PNP SCID) e le “altre immunodeficienze rilevabili con test di tipo TREC/KREK”. In Toscana lo screening è cominciato con l’ADA SCID e poi, cambiando tipo di test utilizzato, è stato esteso a tutte le forme. Sulla scia di questa esperienza positiva nel 2019 anche l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova ha cominciato a farlo. Più recentemente, sempre nell’attesa e nella speranza che si decida finalmente di farli a livello nazionale, anche la Liguria (ospedale Gaslini) e il Centro Screening di Palermo hanno cominciato a fare il test: sia a Padova che a Palermo è già stato trovato un bimbo positivo, e ora questi due bambini potranno essere trattati.
LA SINDROME ADRENOGENITALE
Infine, tra le patologie che potrebbero essere inserite subito, figura la sindrome adrenogenitale, nota anche come iperplasia congenita del surrene, una malattia ereditaria nella quale un deficit enzimatico si ripercuote sulla produzione di cortisolo ed altri ormoni. La patologia può essere fatale a causa di un'insufficienza surrenalica acuta, con vomito, diarrea, ipoglicemia, ipovolemia e shock. Con una diagnosi tempestiva questo può essere evitato, e sarebbe possibile visto che esiste sia un test eseguibile con macchinari comunemente presenti nei laboratori di screening, sia la possibilità di intervenire efficacemente attraverso ormoni steroidei.
SCREENING NEONATALE: ECCO LE 5 PATOLOGIE PIÙ VICINE AD AVERE TUTTE LE CARTE IN REGOLA PER UN FUTURO INSERIMENTO
Se le 7 precedentemente citate sono patologie che già oggi hanno tutti i requisiti per entrare nello screening nazionale, differente è la situazione nella quale si trova un gruppo di altre patologie, almeno 5, che ha alcuni requisiti, ma non tutti quelli richiesti per essere ammissibile. Si tratta dunque di patologie che, pur non potendo oggi ambire all’inserimento nel panel, vanno tenute “sotto osservazione” perché potrebbero nel giro di poco tempo arrivare ad avere i requisiti che mancano per l’inserimento nel panel italiano. Tra queste patologie, solo per citarne alcune, ci sono l’alfa-mannosidosi, il deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici (deficit di AADC), l’adrenoleucodistrofia legata all'X (X–ALD), la distrofia di Duchenne e la leucodistrofia metacromatica.
L’ALFA-MANNOSIDOSI
L'alfa-mannosidosi è una malattia da accumulo lisosomiale per la quale esiste un trattamento precoce efficace, una terapia enzimatica sostitutiva approvata anche in Italia. La diagnosi è possibile, ma al momento manca ancora un test utilizzabile su larga scala. Tuttavia la ricerca sta facendo grandi passi avanti su questo fronte, come ha spiegato durante il convegno il Dott. Carlo Dionisi Vici, Responsabile U.O.C. Patologia Metabolica, Dipartimento di Medicina Pediatrica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. “Intanto – ha affermato – è stato messo a punto un test eseguibile facilmente sulle urine, un test che permette di evidenziare sia questa malattia che altre patologie del gruppo delle oligosaccaridosi. Proprio a gennaio è stato pubblicato sull’Orphanet Journal of Rare Disesases lo studio che ne dimostra la validità. Il test si può eseguire però solo dopo la fine dell’allattamento. Nel frattempo però stiamo anche lavorando su un test da fare in età neonatale utilizzando le tecnologie già a disposizione nei laboratori, e quindi adatto anche ad uno screening neonatale su tutti i bimbi”. Quando anche questo test fosse disponibile la patologia potrebbe aspirare ad ingresso nel panel nazionale.
IL DEFICIT DI AADC
Il deficit di AADC è una malattia genetica neurometabolica molto rara e grave che colpisce il sistema nervoso e gli effetti, molto gravi, si manifestano fin dalle prime settimane di vita. La diagnosi precoce è fondamentale per la presa in carico e lo sarà ancora di più quando sarà disponibile la terapia genica attualmente in fase di revisione regolatoria in Europa. Se la terapia è ormai alle porte lo stesso si può dire anche per il test di diagnosi precoce. “Recentemente – ha aggiunto Burlina – abbiamo fatto un grande passo in avanti mettendo a punto un metodo semplice, rapido e poco costoso, già applicabile da tutti i laboratori che già fanno questo tipo di analisi: non serve comprare altri kit, reagenti o utilizzare altre tecniche di analisi”. La scoperta è recentissima e lo studio che ne ha dimostrato la validità è stato pubblicato su Molecular Genetics and Metabolism nel maggio scorso.
L’ADRENOLEUCODISTROFIA
Per l'adrenoleucodistrofia legata all'X, malattia degenerativa che colpisce il sistema nervoso e alcune ghiandole endocrine, le cose sono molto cambiate nel corso dell’ultimo anno. Da una parte la terapia genica, che fino allo scorso anno sembrava in fase di arrivo, ha subito una battuta d’arresto, e questo fa parzialmente cadere uno dei requisiti per lo screening. Parzialmente perché comunque per alcuni pazienti può aprirsi la strada del trapianto di midollo, una strada che però non è percorribile per tutti. Il test invece esiste da tempo e la novità è che dal primo settembre 2021 in Italia è partito il primo progetto sperimentale di screening neonatale che coinvolgerà i bambini nati in Lombardia grazie ad un progetto pilota finanziato dal Ministero della Salute tramite il bando per la Ricerca Finalizzata e coordinato dal Dott. Davide Tonduti, dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia Pediatrica dell’Ospedale Buzzi di Milano, in collaborazione con il Dipartimento di Pediatria e l’Unità Operativa Complessa di Screening Neonatale e Malattie Metaboliche. Si tratta della prima esperienza in Italia, tuttavia lo screening per questa patologia è già praticato in alcuni paesi nel mondo e inserito nel pannello (RUSP) degli USA in virtù di ampi dati a supporto. Qualora lo sviluppo della terapia genica dovesse riprendere e arrivare a compimento, queste patologie potrebbe certamente essere tra quelle da inserire assolutamente nel panel italiano.
LA DISTROFIA DI DUCHENNE
Anche la distrofia muscolare di Duchenne, malattia neuromuscolare genetica, sarà una patologia da tenere sotto osservazione ai fini dello screening neonatale. Ad oggi purtroppo non esiste una cura risolutiva, ma diversi trattamenti, farmacologici e non, che se iniziati precocemente possono migliorare la qualità di vita, ma ci sono diverse terapie in studio che potrebbero portare ad una svolta nei prossimi anni. Il test invece è possibile ed è di tipo genetico, come quello che viene fatto per la SMA, e dunque affidabile. Fino a poco tempo fa un limite era rappresentato dal fatto che non c’erano ampie esperienze di screening alle quale rifarsi, ma recentemente le cose sono cambiate. Sono stati infatti resi noti i risultati di un progetto sperimentale di screening condotto su più di 36.000 bambini nati nello Stato di New York. In due anni quattro bambini anno avuto la conferma di malattia e una bimba è stata identificata come portatrice e anche per questo gli USA stanno valutando l’inserimento nel panel nazionale. In attesa, però, che lo screening sia possibile, rimane la raccomandazione di eseguire il test del CPK, analisi assolutamente economica su campione di sangue, su quei bambini che mostrino ritardi nelle tappe motorie.
LA LEUCODISTROFIA METACROMATICA
Infine anche la leucodistrofia metacromatica, una grave patologia neurodegenerativa, rara e progressiva, ha fatto degli importanti passi avanti per essere candidabile allo screening neonatale in Italia. È stata infatti approvata da EMA una terapia genica messa a punto, ora in attesa di commercializzazione in Italia, e proprio pochi giorni fa sono stati pubblicati su The Lancet i dati di efficacia e sicurezza a lungo termine: “Ora che abbiamo la terapia – ha dichiarato Alessandro Aiuti, Direttore U.O. di Pediatria Immunoematologica, Ospedale San Raffaele di Milano, Professore Ordinario di Pediatria, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Responsabile Unità Pediatrica Ricerca Clinica, HSR-TIGET – è fondamentale dare a tutti i bimbi la possibilità di una diagnosi precoce per poterli curare prima della comparsa dei sintomi e poter dar loro una vita simile a quella degli altri bimbi. Se arriviamo tardi i danni fatti non possono essere recuperati”. Il limite all’inserimento di questa patologia nel panel nazionale al momento è rappresentato dalla mancanza di un test commerciale utilizzabile su larga scala: i progetti sperimentali di screening che vengono effettuati, ad esempio, in Germania o negli USA sono volti anche a validare queste metodiche. Anche in Italia, in Toscana, sta partendo un progetto pilota finanziato anche grazie ai 150.000 euro raccolti e donati dall’Associazione Voa Voa! Onlus – Amici di Sofia: la sperimentazione del test e del percorso di screening durerà 3 anni e ha l’obiettivo di validare un nuovo test, messo a punto dal Laboratorio di Screening neonatale dell’AOU Meyer, guidato dal Prof. Giancarlo La Marca, ed a verificare dunque la fattibilità tanto del test che della presa in carico per i bimbi affetti da questa malattia.
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