Sarebbero l’occasione per spiegare le implicazioni del test anche nel caso delle malattie più complesse, come quella di Pompe.
Il tema dello screening neonatale, in particolare riferito alle malattie rare, è sempre di grande attualità: si discute dei costi e dei benefici di effettuarlo per un numero di positivi certamente basso (ma contemporaneamente anche sottostimato), del rischio di allarmare le famiglie con falsi positivi al primo test, del rischio, inoltre, di evidenziare malattie che non sorgono subito ma che possono comparire anche molti anni più tardi trasformando così un bimbo apparentemente sano in un ‘patient in waiting’. A seguito del recente studio olandese pubblicato su Orphanet Journal of Rare Disease proprio su questo tema Osservatorio Malattie Rare ha chiesto un parere al dottor Fabrizio Seidita, medico pediatra, presidente dell’Associazione Italiana Glicogenosi (AIG) che ben conosce le implicazioni della malattia di Pompe.
“Lo screening è di certo un ottimo strumento – dice Seidita – ma credo che quella che andrebbe rivista, almeno per quello che riguarda una malattia complessa come la Pompe, è la tempistica con cui questo test viene proposto. Bisogna dare ai genitori una vera possibilità di fare una libera scelta, e perché sia tale bisogna spiegare bene l’argomento, far capire che esiste la possibilità di individuare una malattia ad esordio tardivo con tutto quello che può conseguire in termini di angosce per la famiglia e per il bambino, bollato alla nascita come ‘futuro malato', ma anche spiegare quanto numericamente siano esigui questi casi, perché i numeri spesso aiutano a capire”.
Insomma il consenso informato non può essere un foglio messo lì poco prima o poco dopo il parto, con un tempo ristretto per capire, in un momento di grande emotività. Seidita ha anche una proposta molto concreta.
“Vedo dalla mia esperienza che, almeno a Milano, la maggior parte dei futuri genitori segue i corsi di preparazione al parto. Questo potrebbe essere un ottimo momento per introdurre all’argomento dello screening, facendo capire in generale come funziona e quali opportunità apre, per passare poi a spiegare più nei dettagli lo screening nei casi più complessi, come appunto la malattia di Pompe. A questo punto i futuri genitori hanno il tempo per digerire l’argomento con calma, hanno le informazioni necessarie e possono chiedere pareri, hanno il tempo per discuterne insieme e infine decidere. A quel punto qualsiasi sia la loro scelta va rispettata, perché una volta data una informazione corretta dobbiamo sempre tutelare il libero arbitrio”.
Per approfondimenti sul tema leggi l'articolo relativo allo studio olandese (clicca qui), l'approfondimento relativo al consenso informato (clicca qui) oppurescarica l'intero studio tradotto in italiano a cura di Anna Maria Ranzoni per Osservatorio Malattie Rare (scarica)
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