Uno studio olandese ha raccolto le opinioni di 30 futuri genitori
OLANDA - Lo screening neonatale per la fibrosi cistica sta diventando realtà in sempre più paesi, grazie all'utilizzo di diverse tecniche, tra cui la più comune è il dosaggio del tripsinogeno immunoreattivo su goccia di sangue, seguito da analisi del DNA per individuare le mutazioni.
Oltre ai bambini affetti, vengono visualizzati anche i portatori di un solo allele mutato, cioè i portatori sani che, essendo la malattia a carattere recessivo, non svilupperanno mai la fibrosi cistica ma che potrebbero trasmetterla alla generazione successiva.
Un nuovo studio dell'Atrium Medical Center di Heerlen, in Olanda, pubblicato su European Journal of Medical Genetics, ha chiesto a 23 donne e 7 uomini in procinto di diventare genitori di esprimere un parere sulla possibilità di essere informati di un'eventuale condizione di portatore del figlio neonato.
L'83 per cento dichiara di voler essere informato perché, nonostante il bambino sia sano, l'informazione potrà essergli utile quando sarà il bambino stesso ad avere dei figli.
Ecco alcune risposte dei partecipanti:
“Penso che, se l'informazione è disponibile, il tuo bambino abbia il diritto di sapere. D'altra parte però il bambino non ha chiesto di essere informato, ed è sano, pertanto il bambino non ne trae beneficio. Tuttavia, se il bambino dovesse trovare un partner anch'esso portatore e dovessero avere un figlio malato di fibrosi cistica, posso immaginare la domanda: -tu lo sapevi?- Penso che, se l'informazione è conosciuta, il bambino abbia il diritto di sentirla”.
“Se volessi avere un altro figlio, mi piacerebbe saperlo, per la gravidanza futura, così potremmo prendere in considerazione il test prenatale, se quella è la tua scelta”.
“Può avere anche implicazioni future. Per altri bambini, magari affetti da fibrosi cistica ma non ancora diagnosticati”.
Il 13 per cento dei genitori preferirebbe invece non essere informato dello stato di portatore sano di fibrosi cistica del figlio, poiché non ha conseguenze per il bambino e servirebbe solo a creare confusione e ansia nella famiglia.
24 persone su 30 dichiarano inoltre che, nell'eventualità che il figlio risulti portatore sano, si sottoporrebbe al test prima di una nuova gravidanza, mentre le restanti 6 persone non lo farebbero poiché non desiderano più avere figli.
La maggioranza degli intervistati sarebbe pronta a informare il resto della famiglia in caso di esito positivo, in modo che anche i famigliari possano sottoporsi al test.“ Se fosse mia sorella a ricevere il risultato del test, vorrei essere informata” spiega un partecipante. Solo sette intervistati non informerebbero i famigliari, non ritenendo la situazione rilevante per la loro salute o non vedendo il beneficio nel comunicargliela.
Infine tutti i partecipanti, tranne 2, ritengono che i genitori dovrebbero avere la possibilità di scegliere se essere informati o no dello stato di portatore del figlio.
Alcune riflessioni degli intervistati:
“Tutti dovrebbero avere la possibilità di decidere se vogliono essere informati, ma riguardo alle persone che non vogliono saperlo, non siamo noi a decidere per loro”.
“Penso che sia giusto che lo stato di portatore sia almeno segnato da qualche parte, su un file o in qualcosa di simile. Così, se dovessi cambiare idea, o se tuo figlio volesse saperlo, saresti comunque in grado di ricevere l'informazione. Io posso dire di no ma, se mio figlio vuole saperlo, deve avere il diritto di ricevere l'informazione”.
Secondo gli autori la sensibilizzazione dei genitori riguardo i programmi di screening neonatale è essenziale al fine di prendere decisioni responsabili. I ginecologi dovrebbero informare i genitori della possibilità di individuare i portatori sani prima della nascita e un professionista dovrebbe essere incaricato di spiegare i risultati dello screening.
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