Secondo uno studio americano, il dimetilfumarato inibisce l'attivazione delle cellule T colpendo circa 50 bersagli
LA JOLLA (U.S.A.) – Il farmaco Tecfidera rappresenta la terapia orale più ampiamente prescritta per il trattamento della sclerosi multipla, ma il suo meccanismo biologico rimane misterioso. Ora, però, uno studio condotto dagli scienziati dello Scripps Research Institute ha contribuito a chiarire i meccanismi molecolari del farmaco.
Usando una nuova tecnologia che può rivelare rapidamente i bersagli proteici di un farmaco, gli scienziati hanno dimostrato che Tecfidera interagisce con diverse proteine delle cellule T, in alcuni casi inibendo la loro attività e contribuendo a sopprimere la loro attivazione, che è una caratteristica fondamentale delle riacutizzazioni nella sclerosi multipla.
“Questa nuova tecnologia ci ha fornito delle intuizioni sulla modulazione terapeutica del sistema immunitario che non avremmo potuto ottenere con gli approcci standard”, ha detto John Teijaro, uno degli autori dello studio, riportato di recente sulla rivista Science Signaling.
Il trattamento per una malattia autoimmune
La sclerosi multipla è una malattia autoimmune del cervello che provoca danni alle fibre nervose e una serie di sintomi, tra cui formicolio alle estremità, debolezza muscolare, spasmi, disturbi della vista e instabilità dell'umore. Circa 400.000 persone negli Stati Uniti e 2,5 milioni in tutto il mondo ne sono affette, per lo più nella forma recidivante remittente, che può però iniziare a peggiorare inesorabilmente.
Due grandi sperimentazioni cliniche pubblicati nel 2012 hanno scoperto che Tecfidera è quasi due volte più efficace dei vecchi farmaci standard nel ridurre il tasso delle recidive. Sembra anche rallentare la progressione della malattia, ma il suo funzionamento non è mai stato chiaro.
Nonostante la sua recente approvazione, nel 2013, da parte della Food and Drug Administration per la sclerosi multipla, il farmaco non è né nuovo né high-tech. È un composto organico relativamente semplice, il dimetilfumarato, che è stato in letteratura biomedica per decenni. Un tempo era usato in Europa per prevenire la formazione di muffe in divani e poltrone durante lo stoccaggio e il trasporto, anche se l'Unione Europea l'ha vietato nel 2009, dopo che è stato collegato a gravi reazioni cutanee allergiche.
Si è dimostrato più utile come farmaco: dagli anni '90 è stato un trattamento efficace come ingrediente principale nel farmaco Fumaderm, per la psoriasi autoimmune. Il successo contro questa malattia cutanea ha portato alla sua indagine come un potenziale farmaco per la sclerosi multipla.
Fino a poco tempo fa, la teoria principale era che il dimetilfumarato funzionasse contro la sclerosi multipla principalmente scatenando l'attività di una proteina chiamata Nrf2, che aiuta a proteggere il cervello dai danni autoimmuni schierando una potente risposta anti-ossidante, e che può anche ridurre l'attivazione del sistema immunitario. Gli studi pubblicati nell'ultimo anno hanno suggerito, tuttavia, che il farmaco funziona prevalentemente riducendo l'attività del sistema immunitario e lo fa indipendentemente dalla proteina Nrf2.
Negli ultimi anni ci sono state anche diverse segnalazioni, tra i pazienti che assumono Fumaderm o Tecfidera, di un'infezione cerebrale virale potenzialmente fatale chiamata leucoencefalopatia multifocale progressiva, che normalmente si verifica solo in persone il cui sistema immunitario è stato gravemente indebolito.
La mappatura dei percorsi
Il team ha scoperto che il farmaco inibisce l'attivazione delle cellule T umane, e che all'interno di queste cellule reagisce con circa 50 cisteine diverse, in circa lo stesso numero di proteine, le quali comprendono enzimi e regolatori dell'attività dei geni.
“La gente spesso dà per scontato che un dato farmaco agisca colpendo un bersaglio, ma il dimetilfumarato probabilmente produce i suoi effetti immunomodulatori colpendo bersagli multipli”, ha spiegato una delle ricercatrici, la dr.ssa Megan Blewett.
Gli scienziati stanno ora utilizzando la “mappa dei target” generata da questo studio per perseguire lo sviluppo di altri composti che possano modulare l'attività immunitaria in modo più preciso, con un minor numero di effetti collaterali. “Siamo interessati, in ultima analisi, allo sviluppo di farmaci più selettivi e specifici – ha concluso il dr. Teijaro – sia per ridurre l'attività immunitaria che per darle impulso”.
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