In occasione della audizione informale della XII Commissione Sanità, nell'ambito dell'esame dell'A.S. 998 in materia di screening neonatali, tra gli esperti è stato ascoltato anche il direttore dell'Osservatorio Malattie Rare, Ilaria Ciancaleoni Bartoli.
Durante l’intervento, è stato messo in evidenza il fatto che parlare di screening neonatale significa prima di tutto parlare di uno straordinario strumento di prevenzione, con evidenze scientifiche tali da non lasciare dubbi sull’opportunità di accoglierlo nell’ordinamento del nostro Paese, come già avviene in molti altri paesi dell’Europa e del mondo.
Oggi l’Italia, pur avendo tutti gli strumenti tecnici e tutte le competenze necessarie, non è ancora riuscita a cogliere appieno questa opportunità e persistono disparità che andrebbero chiamate con il più appropriato nome di discriminazioni, nel diritto alla salute e nel diritto alla vita. Secondo lo stato attuale della scienza, infatti, sarebbero ricercabili alla nascita, con una metodica veloce e non invasiva, circa 40 patologie rare ma gravemente invalidanti, e molte potenzialmente mortali. Ad oggi, nel nostro paese, sono obbligatori solo i test per 3 patologie. In base al numero medio di nuovi nati nel nostro paese e all’incidenza di queste patologie, si stima che ogni anno circa 300 neonati sfuggano ad una diagnosi precoce.
Allo stato attuale nei centri italiani, c’è un numero di tandem mass più che sufficiente ad effettuare lo screening, il problema nasce dal fatto che i macchinari sono usati in maniera non efficiente e la maggior parte lavora molto al di sotto di quanto sarebbe ottimale. Una razionalizzazione dell’utilizzo, quindi, sarebbe auspicabile: il contenimento dei costi consentirebbe nel tempo un più facile allargamento del panel e metterebbe a disposizione risorse per i centri che si occuperanno poi della presa in carico dei pazienti giunti a diagnosi. Una razionalizzazione significherebbe anche privilegiare la competenza, avrebbe l’effetto di innalzare la qualità dei test effettuati abbattendo il numero dei falsi positivi e permettendo anche una più facile aggregazione e lettura dei dati epidemiologici utile per la programmazione sanitaria.
L’introduzione dello screening neonatale allargato sarebbe, quindi, da valutare non come una voce di costo ulteriore per il SSN ma come un’azione di prevenzione che comporta anche un risparmio economico in termini di minori ricoveri per la diagnosi, minori ricoveri d’urgenza, diminuzione o eliminazione di disabilità gravissime, riduzione dei costi sociali legati all’assistenza di soggetti disabili.
È bene ricordare che lo screening metabolico allargato, per il quale sono stati stanziati 5 milioni di euro dal decreto attuativo previsto dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, non è ancora stato avviato in Italia.
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