Legge e salute

L’appello di Federico Tiberio, presidente ACMT-Rete: “Chiediamo solo quello che ci spetta, lo Stato dovrebbe tutelare chi è in difficoltà”

“La visita di mio figlio è durata esattamente 1 minuto e 22 secondi: il tempo necessario alla Commissione medica per domandargli, nell’ordine, quale scuola frequentava, a quale università intendeva iscriversi e con quale spirito avrebbe affrontato gli esami di maturità. Alla fine gli hanno assegnato una percentuale di invalidità pari al 46%, sebbene al codice attribuito dovesse corrispondere una percentuale superiore. E a questo errore formale si aggiunge il danno che il codice assegnato dalla Commissione non risulta utile per richiedere il contrassegno per gli invalidi fondamentale per chi ha difficoltà di deambulazione. Abbiamo deciso di fare ricorso per una questione di principio”.

Oltre a essere il presidente dell’associazione ACMT-Rete per la Charcot-Marie-Tooth Odv, Federico Tiberio è il padre di un ragazzo di 18 anni che, pur essendo affetto da malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT), non si è visto riconoscere dall’INPS il grado di invalidità a cui riteneva di avere diritto. Un caso, quello della famiglia Tiberio, tutt’altro che isolato, anzi piuttosto frequente, stando all’idea che il presidente di ACMT- Rete ha avuto modo di formarsi sulla base dell’esperienza di altri associati e pazienti.

“Le tabelle dell’INPS che identificano le percentuali di invalidità corrispondenti a determinate patologie non sono aggiornate”, denuncia Tiberio. “Spesso alle persone con CMT viene riconosciuto un punteggio troppo basso semplicemente perché questa patologia non è presente nel tabellario. Quindi, un po’ per via delle tabelle vetuste, un po’ perché i medici non conoscono la malattia di Charcot-Marie-Tooth, i pazienti non riescono a farsi riconoscere i propri diritti”.

Da un questionario condotto da ACMT-Rete su circa 200 pazienti, risultano, tra le altre cose, serie difficoltà ad ottenere una diagnosi, a vedere riconosciuti i propri diritti e a rinnovare la patente. In particolare, quasi un intervistato su tre ritiene di aver incontrato grossi ostacoli nell’ottenere il riconoscimento dello stato di handicap (Legge 104/92). “Non tutti, però, decidono di fare ricorso, perché molti non hanno la possibilità di sostenere le relative spese, che non vanno mai al di sotto dei 1.000 euro”, prosegue Tiberio. “Peraltro, chi decide di fare ricorso contro l’INPS si trova dinanzi a un paradosso: il medico legale nominato dal Tribunale dovrà compilare la perizia alla presenza di un medico dell’INPS. È anche possibile presentare una perizia di parte, ma rappresenta un costo ulteriore. Per fortuna, il più delle volte i giudici e i medici legali non si fanno influenzare dall’INPS, ma ovviamente un ricorso costa tempo e denaro”.

Dal punto di vista pratico, il mancato riconoscimento dell’invalidità civile lascia insoddisfatti alcuni importanti bisogni primari dei pazienti con CMT. Tra le altre cose, non ci si può iscrivere alle liste del collocamento mirato, non si ha la possibilità di ottenere il contrassegno per gli invalidi che consente l’accesso nelle aree a traffico limitato e la sosta in molte zone altrimenti proibite, non si può usufruire delle esenzioni dal ticket e delle agevolazioni fiscali, non si ha diritto all’esenzione dal pagamento delle tasse universitarie. Inoltre, a fronte di una percentuale di invalidità pari o al di sopra del 74%, c’è anche la possibilità di accedere ad alcune prestazioni economiche, come gli assegni mensili di assistenza. “Le persone più in difficoltà sono proprio i più giovani, a cui non viene data la possibilità di costruirsi serenamente una vita”, è il commento di Tiberio. “Sono loro i più penalizzati, insieme agli anziani”. E poi c’è l’aspetto psicologico: “È frustrante che le istituzioni non riconoscano le nostre difficoltà”, conclude il presidente di ACMT-Rete. “Non chiediamo di vederci riconosciuto il 100% di invalidità se non ne abbiamo diritto; chiediamo soltanto che vengano riconosciute le nostre difficoltà attraverso gli strumenti normativi disponibili. Lo Stato dovrebbe tutelare le persone più fragili e metterle in condizione di vivere al meglio secondo le loro possibilità”.

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