cure palliative, demenza

L’indagine VIDAS-Ipsos fotografa il peso dell’assistenza: familiari soli, poca informazione e un bisogno in crescita

Solo un malato di demenza su tre in Italia riceve cure palliative. Eppure, la maggioranza di chi non ha potuto accedervi le avrebbe volute, sia per il proprio familiare sia per sé. È il dato centrale che emerge da “Il peso della cura”, un’indagine realizzata da Ipsos per VIDAS, organizzazione attiva dal 1982 nell’assistenza gratuita a persone con malattie inguaribili.

La ricerca – condotta su un campione nazionale di 1.400 cittadini e 300 operatori sanitari – indaga il vissuto di chi assiste una persona con demenza: caregiver familiari, medici, infermieri. Il quadro che ne emerge è chiaro: la domanda di assistenza è diffusa e crescente, ma l’accesso alle cure palliative resta ancora limitato, ostacolato da pregiudizi, disinformazione e carenze strutturali.

CURE PALLIATIVE, ANCORA TROPPE BARRIERE

Nonostante la loro efficacia nel migliorare la qualità della vita anche nei lunghi percorsi delle malattie neurodegenerative, le cure palliative vengono spesso associate esclusivamente alla fase terminale. Un malinteso che si traduce in ritardi e mancate attivazioni: al 31% degli intervistati nessuno ha mai proposto questa possibilità, mentre il 13% dichiara di non conoscerne nemmeno l’esistenza.

Le difficoltà pratiche non mancano: liste d’attesa, distanza dai servizi, pochi team disponibili. Il risultato è che solo il 35% dei caregiver ha potuto contare sul supporto delle cure palliative per il proprio caro.

“Le persone con demenza hanno bisogno di cure che accompagnino il lungo decorso della malattia, non solo gli ultimi giorni”, spiega Antonio Benedetti, direttore generale di VIDAS. “Oggi, un paziente su quattro che assistiamo soffre di una patologia cronica. È un dato che impone un ripensamento dell’assistenza, basato su competenza, umanità e continuità”. Nonostante la crescente consapevolezza tra gli operatori sanitari – il 61% dei medici e il 48% degli infermieri le considera fondamentali – solo la metà dei medici ha attivato cure palliative per pazienti con demenza nell’ultimo anno. Le ragioni? Mancanza di servizi, difficoltà nel proporle e, spesso, il convincimento che siano appropriate solo nelle fasi terminali. Un medico su tre, tuttavia, ritiene che l’attivazione dovrebbe avvenire già alla diagnosi. 

“La connessione tra demenza e cure palliative è chiara in ambito neurologico, ma lo è meno altrove, come nella medicina interna, dove avvengono molti dei ricoveri”, osserva il prof. Nicola Montano, del Policlinico di Milano. “C’è un ritardo culturale che va colmato anche grazie alla formazione: le scuole di specializzazione in cure palliative sono nate solo tre anni fa”.

IL CARICO INVISIBILE DEI CAREGIVER

A sostenere il peso quotidiano della malattia sono soprattutto i familiari. Il 43% degli intervistati con un parente affetto da demenza ha assunto il ruolo di caregiver. In sette casi su dieci, l’assistenza avviene a casa, spesso senza supporti adeguati e per lunghi anni: il 35% si prende cura del proprio caro da oltre due anni, il 26% da più di cinque.

Con l’avanzare della malattia, cresce anche l’isolamento: il 75% dei caregiver denuncia difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia, il 72% riferisce un impatto negativo sulla propria vita sociale, il 68% sulla salute mentale. Nelle fasi più gravi, quasi la metà assiste il familiare 24 ore su 24.

UN DIALOGO DIFFICILE

La comunicazione tra medico e famiglia è spesso sbilanciata: nel 43% dei casi la diagnosi viene riferita solo al caregiver e solo nel 12% direttamente alla persona malata. Anche dopo la diagnosi, quasi la metà dei medici continua a rivolgersi principalmente al familiare. Questo aumenta il senso di isolamento e responsabilità dei caregiver, e rende difficile prendere decisioni condivise.

Emblematico, da questo punto di vista, il ricorso ancora limitato alla Pianificazione Condivisa delle Cure (PCC): solo il 21% dei pazienti ha avuto accesso a questo strumento. Ancora più bassa la percentuale di chi ha redatto le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT): appena il 19%. Eppure, l’80% dei caregiver è convinto che le DAT migliorerebbero qualità della vita e assistenza. 

VIDAS: UN MODELLO DI PRESA IN CARICO INTEGRATA

A Milano e provincia, VIDAS rappresenta un’esperienza concreta di assistenza integrata, sia a domicilio sia in hospice. Dal 2019 al 2024 la quota di pazienti affetti da patologie non oncologiche (come la demenza) è passata dall’11% al 26%. Solo nel 2024, VIDAS ha assistito oltre cento persone con demenza, l’85% delle quali a casa.

“Le cure palliative non riguardano solo il sollievo dal dolore, ma l’intera persona e il contesto familiare”, sottolinea Barbara Rizzi, direttrice scientifica di VIDAS. “Numeri alla mano, il bisogno è reale e urgente. Serve una risposta di sistema”.

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