La ‘colpa’ potrebbe essere di un enzima che ‘impazzisce’ dopo il colpo.
Allo studio condotto negli Usa ha contributo una ricercatrice toscana
USA – La malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza degenerativa invalidante, potrebbe avere anche delle cause ‘ambientali’ identificabili in un trauma, non necessariamente gravissimo. A sostenerlo è una ricerca americana, riportata recentemente sul Journal of Neuroscience, alla quale ha partecipato la professoressa Giuseppina Tesco, di origini pratesi, oggi assistente al dipartimento di neuroscienze presso la Tufts University di Boston. E’ stata proprio lei che, basandosi su un suo precedente lavoro, ha guidato il team che per primo ha effettuato studi in vivo per determinare la relazione esistente tra un singolo evento di TBI e l’alterazione cerebrale permanente.
Lo studio, fatto su topi e su campioni di cervello provenienti pazienti deceduti, mostra come un singolo evento traumatico cerebrale (TBI), moderato o grave, possa provocare la distruzione di proteine regolatrici di un enzima, noto come BACE1, associato alla patologia.
La ricerca – supportata dall’Istituto Nazionale sull’Invecchiamento, interno all’Istituto Nazionale di Sanità degli USA - identifica i complessi meccanismi che causano un rapido incremento post-traumatico dell’enzima BACE1 nel cervello.
Questi risultati potrebbero portare alla creazione di un farmaco in grado di agire in maniera specifica nei confronti dell’enzima.
L’autore dell’articolo, Kendall Walker, ricercatore associato nel dipartimento di neuroscienze della Tufts University School of Medicine, sostiene che un moderato o forte trauma cranico o TBI rappresenti uno dei più importanti fattori di rischio ambientali nello sviluppo del morbo di Alzheimer. Un evento grave di TBI può indurre una vera e propria disfunzione nella regolazione dell’enzima BACE1.
L’incremento di concentrazione di questo enzima è causa, a sua volta, di un incremento dei livelli di proteina beta-amiloide, che è la principale componente delle placche cerebrali associate alla senilità e all’Alzheimer.
I ricercatori hanno osservato che in fase acuta, cioè nei primi 2 giorni dopo un trauma, i livelli di due proteine trasportatrici intracellulari, GGA1 e GGA3, si riducono mentre la concentrazione dell’enzima BACE1 risulta essere più elevata della norma.
In un’analisi successiva, eseguita sui campioni di cervello provenienti da pazienti Alzheimer, sono stati ottenuti risultati concordanti. Il cervello di pazienti affetti dalla malattia mostra, infatti, una ridotta concentrazione di GGA1 e GGA3 e un’elevata concentrazione di BACE1 rispetto a quello dei controlli sani.
E’ stato, inoltre, eseguito un altro esperimento su un ceppo di topo geneticamente modificato, al fine di provocare una minor espressione della proteina GGA3 nelle sue cellule. E’stato osservato che il topo esprimeva la stessa concentrazione di GGA3 espressa nel cervello di individui malati di Alzheimer.
Il team di ricerca ha, inoltre, osservato che una settimana dopo l’avvenimento della lesione traumatica cerebrale, i livelli dell’enzima BACE1 e della proteina beta-amiloide rimangono elevati, al contrario di quelli della proteina GGA1 che rientra nel suo range normale. Da questo dato si è potuto concludere che gli unici responsabili per il prolungato incremento di BACE1 e della beta-amiloide sono i livelli ridotti di GGA3. Questo incremento continua in fase sub-acuta, fino a 7 giorni dopo l’infortunio.
La professoressa Tesco sostiene che le proteine intracellulari, quando sono a livelli fisiologici, lavorano come una squadra di addetti alla pulizia del cervello, regolando la rimozione dell’enzima BACE1 quando necessario. Esse facilitano il trasporto di materiale cellulare in eccesso ai lisosomi, dove questo viene demolito e rimosso, per il corretto funzionamento delle cellule cerebrali.
Quando le due proteine GGA1 e GGA3 sono in ridotta concentrazione provocano una stabilizzazione dei livelli elevati di BACE1, probabilmente perché viene interrotto il naturale processo di eliminazione dell’enzima.
La Tesco ha spiegato che le proteine GGA1 e GGA3 agiscono sinergicamente per regolare i livelli di BACE1, dopo un evento traumatico. L’identificazione di questa interazione può fornire una strada nuova per produrre dei farmaci in grado di agire in maniera specifica, per regolare la concentrazione dell’enzima e ridurre la deposizione di beta-amiloide.
La professoressa conclude dicendo che i nuovi passi del team saranno rivolti a confermare queste nuove scoperte, analizzando campioni di cervello ottenuti post-mortem da pazienti con moderata o grave lesione traumatica.
I traumi cerebrali sono causati perlopiù da gravi cadute e incidenti automobilistici che provocano perdita di coscienza. Per fortuna non tutti i traumi cranici evolvono in TBI ma, secondo il Centro di Controllo e Prevenzione delle Malattie, ogni anno sono 1,7 milioni di persone a subire un evento traumatico cerebrale. Le commozioni cerebrali (la forma più lieve di trauma cerebrale) rappresentano il 75 per cento dei casi di TBI.
Diversi studi hanno messo in correlazione l’avvenimento di ripetuti traumi cranici e l’insorgenza di malattie cerebrali ma il dato allarmante è che anche altri studi, precedenti a questo hanno evidenziato l’esistenza di un legame tra un singolo evento traumatico e l’insorgenza di malattie come l’Alzheimer.
Questa patologia colpisce, ad oggi, ben 5.100.000 americani ed è la causa più comune di demenza negli adulti sopra i 65 anni.
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