Questo tipo di tumore è piuttosto frequente nei neonati ma la sua comparsa non deve essere motivo di panico: ciò che conta è la valutazione di pediatri e specialisti esperti
Per quanto possa essere benigno, un tumore rappresenta sempre un motivo di ansia e preoccupazione. Ancor di più se si manifesta in un bambino. Va da sé che la comparsa di una tumefazione rossastra sul corpo o, più spesso, sul collo o sul viso di un neonato di poche settimane possa precipitare nel panico i genitori, generando uno stato di ansietà che potrebbe ripercuotersi sul bambino stesso. Evitare tutto ciò è possibile, accendendo i riflettori sugli emangiomi infantili, considerati tra i più diffusi tumori benigni dell’infanzia. La maggior parte di essi, nel corso dei primi anni di vita, va incontro a una spontanea regressione, ma una buona percentuale richiede un percorso diagnostico, uno stretto monitoraggio e un trattamento specifico.
“L’emangioma infantile è un tumore vascolare benigno che si manifesta raramente alla nascita e con più frequenza nei primi giorni o nelle prime settimane di vita”, spiega la dott.ssa Maya El Hachem, dell’U.O.C. di Dermatologia presso il Dipartimento Pediatrico Universitario-Ospedaliero dell’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. “Si presenta come una lesione superficiale di colore rosso vivo, oppure come una lesione più profonda che assume una colorazione bluastra. Non è ancora chiaro quale sia la patogenesi di questo fenomeno ma si ipotizza che a scatenarne la comparsa possa essere una mancanza di ossigeno nella sede della lesione durante la vita fetale o al momento del parto; tuttavia, sono noti dei fattori di rischio che sembrano favorire la comparsa degli emangiomi infantili, quali il sesso femminile, la prematurità, i parti plurigemellari ma anche l’età materna avanzata e l’insorgenza di problemi, fra cui il distacco di placenta, nel corso della gravidanza”.
Nella popolazione pediatrica la prevalenza dell’emangioma infantile si aggira tra il 3 e il 10%, facendone una delle affezioni tumorali benigne più comuni che, pertanto, merita di esser inquadrata correttamente e con celerità. “A seconda della posizione della lesione rispetto al piano cutaneo, gli emangiomi infantili si classificano in superficiali, profondi o misti”, aggiunge la dott.ssa El Hachem, anche Presidente della Società Italiana per lo Studio delle Anomalie Vascolari (SISAV), che ha pubblicato sul proprio sito internet le linee guida per la classificazione e la gestione di questo vasto gruppo di patologie, complesse, variegate e con forme anche rare. “Gli emangiomi infantili superficiali si presentano come macchie esterne e in rilievo sulla cute, quelli profondi, invece, si manifestano sotto la cute e sono di colorito generalmente bluastro, mentre quelli misti sono una combinazione di entrambi i precedenti. Poi esistono gli emangiomi infantili viscerali, che sono molti più rari - o forse meno diagnosticati - e che si localizzano, in genere, a livello della parotide, della laringe, del fegato e talvolta della milza”.
Un’altra classificazione rispetto a quella già descritta distingue gli emangiomi infantili in base alla distribuzione sul corpo: in questo caso possono essere definiti come focali, ossia costituiti da un nodulo di dimensioni che vanno da pochi millimetri a un paio di centimetri, segmentali, che interessano un intero segmento corporeo e presentano un maggior rischio di complicanze, multifocali e, infine, disseminati, che si presentano in forma di papule e in altissimo numero. “In presenza di forme multifocali o disseminate si raccomanda di eseguire un’ecografia all’addome, dal momento che ad essi sono sovente associati gli emangiomi epatici”, chiarisce l’esperta. “Di fronte agli emangiomi con distribuzione ‘a barba’, cioè presenti nell’area che va dai lobi auricolari fino alle regioni mandibolari, anche in maniera non continuativa, comprendendo il labbro inferiore e il collo, si raccomanda un approfondimento per indagare la presenza di un eventuale emangioma infantile laringeo”.
“Alcune lesioni segmentali in sedi come il viso, oppure su un arto superiore e sull’estremità laterale del torace, possono associarsi ad anomalie sottostanti, come nella rara sindrome PHACES”, aggiunge El Hachem. “In questo acronimo sono racchiuse tutte le anomalie d’organo di questa sindrome: ‘P’ sta per malformazione della fossa cranica posteriore; ‘H’ per emangioma; ‘A’ per anomalie delle arterie, specialmente l’aorta; ‘C’ per difetti cardiaci; ‘E’ per anomalie oculari; ‘S’ per difetti sternali o del rafe sopraombelicale. Ciò è sufficiente a capire che, al di là di un emangioma infantile cutaneo, possono trovarsi problematiche più gravi e bisogna sapere quando si ponga una tale circostanza. Inoltre, anche gli emangiomi infantili segmentali a livello sacrale o anogenitale possono esser spia di altre sindromi, dette PELVIS, LUMBAR o SACRAL, che implicano potenziali problematiche ad altri organi sottostanti, fra cui anomalie dell’apparato urogenitale o lipomielomeningocele”.
Riconoscere una forma che può comportare danni funzionali o mettere a rischio la vita stessa del lattante è fondamentale. “La classificazione in base alla distribuzione dell’emangioma infantile orienta il corretto e completo inquadramento diagnostico, nonché l’avvio precoce del trattamento. Per questo motivo, è essenziale il ruolo del pediatra curante e la sua collaborazione con il centro di riferimento”, conclude El Hachem. “Inviare il bambino al centro di riferimento non ha il solo scopo di cominciare un trattamento ma, talvolta, anche quello di completare il percorso diagnostico. Una collaborazione ottimale tra lo specialista e il pediatra consente un’appropriata presa in carico del bambino e fa sentire la famiglia accompagnata e guidata nel percorso di malattia del proprio figlio”.
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