Monza - Roche ha annunciato in questi giorni i risultati di più lungo termine dello studio clinico GO29365, un trial di Fase Ib/II condotto per valutare l'impiego del farmaco polatuzumab vedotin nel trattamento di pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) recidivante o refrattario (R/R). Lo studio GO29365 rappresenta, finora, il primo e unico trial randomizzato ad aver evidenziato un beneficio in termini di sopravvivenza per i pazienti affetti da DLBCL che non sono candidabili ad un trapianto di cellule staminali ematopoietiche.

Il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) è il sottotipo più comune di linfoma non-Hodgkin (NHL): un caso su tre di NHL è rappresentato proprio da DLBCL, una neoplasia aggressiva (con crescita rapida) che di norma risponde al trattamento di prima linea. Tuttavia, nel 40% dei pazienti la malattia è recidivante e, quando questo accade, le opzioni terapeutiche restano limitate e la sopravvivenza è breve. Le stime indicano che, ogni anno, siano circa 150.000 le persone nel mondo a cui viene diagnosticato il DLBCL.

Polatuzumab vedotin è un farmaco anticorpo-coniugato (ADC) diretto contro CD79b, una proteina espressa nella maggioranza delle neoplasie legate ai linfociti B. La molecola è in via di studio per il trattamento di diversi tipi di linfoma non-Hodgkin e, impiegata in associazione a rituximab più bendamustina (BR), ha ricevuto, sia dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense che dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), la denominazione di farmaco orfano per il trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B.

GO29365 è uno studio internazionale di Fase Ib/II condotto per valutare la sicurezza, la tollerabilità e l’attività di polatuzumab vedotin in associazione a rituximab, o ad obinutuzumab, più bendamustina nel linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) recidivante o refrattario (R/R) o nel linfoma follicolare.

I dati provenienti dallo studio GO29365 evidenziano che, nei pazienti con DLBCL R/R non candidabili al trapianto di cellule staminali ematopoietiche, la terapia con polatuzumab vedotin, in associazione a rituximab più bendamustina (BR), ha dimostrato una sopravvivenza complessiva (OS) mediana di oltre un anno (12,4 mesi), nettamente superiore rispetto alla OS mediana ottenuta con la sola terapia con BR (4,7 mesi).

Il trattamento con polatuzumab vedotin in associazione a BR ha comportato una riduzione del 66% del rischio di progressione della malattia o di mortalità (misurato come sopravvivenza libera da progressione (PFS) valutata dallo sperimentatore), con il 40% dei pazienti che hanno raggiunto una risposta completa (CR) rispetto al 18% nel gruppo con la sola BR.

Inoltre, i soggetti trattati con polatuzumab vedotin in associazione a BR hanno ottenuto percentuali superiori di CR e migliori risultati relativi a PFS e OS, rispetto alla sola terapia con BR, in tutti i sottogruppi di pazienti che sono stati valutati.

Gli eventi avversi sono risultati in linea con quelli riscontrati in precedenti studi sui farmaci oggetto di questa sperimentazione, senza che siano stati osservati nuovi aspetti relativi alla sicurezza. Questi dati sono stati presentati sabato 1 dicembre 2018, in occasione del 60° Congresso annuale dell'American Society of Hematology (ASH). Inoltre, il dossier con i risultati della sperimentazione verrà inoltrato alle agenzie regolatorie dei vari Paesi del mondo e farà da supporto alla richiesta di approvazione di polatuzumab vedotin.
 
“C’è un rilevante bisogno di opzioni terapeutiche nuove e più efficaci per quei pazienti (circa il 40%) con linfoma diffuso a grandi cellule B che non rispondono al trattamento iniziale o sono in recidiva, una situazione associata a prognosi poco favorevole e in ulteriore peggioramento dopo ogni ricaduta”, ha commentato Sandra Horning, MD, Chief Medical Officer e Responsabile Sviluppo di Prodotto Mondiale di Roche. “Siamo molto lieti che polatuzumab vedotin abbia dimostrato benefici clinici duraturi e il potenziale di migliorare le speranze di sopravvivenza in questa popolazione di pazienti. Stiamo lavorando assieme alle Autorità sanitarie per rendere disponibile questo nuovo regime terapeutico per i pazienti di tutto il mondo”.

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