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La testimonianza di Monica, madre del bambino, insegna quanto sia importante promuovere la conoscenza di una simile patologia

A volte accade che il vissuto di persone che hanno trovato sulla loro strada una malattia rara e poco conosciuta presenti una coincidenza, un momento fortuito - e fortunato - in cui un segnale non apparentemente pericoloso viene riconosciuto come indicativo della presenza della patologia. È quanto accaduto a Monica, fisioterapista marchigiana, che ha raccontato ai microfoni dell’Osservatorio Malattie Rare come è venuta a conoscenza che il figlio Thomas era affetto da alfa-mannosidosi.

L’alfa-mannosidosi è una rara condizione genetica appartenente al gruppo delle malattie da accumulo lisosomiale, nella quale non viene prodotto l’enzima responsabile della degradazione degli zuccheri ricchi in mannosio, i quali, in tal modo, si accumulano nell’organismo con gravi conseguenze a livello fisico e mentale. Dal momento che esiste una terapia enzimatica sostitutiva attraverso la quale viene fornito l’enzima mancante, saper riconoscere la malattia presto, già in età pediatrica, è fondamentale per garantire a bambini come il piccolo Thomas una diagnosi certa grazie a cui essere avviati al percorso di cura.

Monica ha sospettato che qualcosa non andava già quando Thomas aveva 5 mesi, avvertendo una strana protuberanza sul dorso del suo bambino, nei pressi della colonna vertebrale. Perciò ha contattato il pediatra che ha richiesto una radiografia, sulla base della quale poi sono stati prescritti esami più approfonditi. Nel frattempo, Monica ha condiviso le sue preoccupazioni con una collega fisioterapista, la quale, memore di aver trattato una dottoressa esperta in malattie metaboliche, ha fatto in modo di farla incontrare con Monica. Così, sulla base dei risultati degli esami e grazie alla consulenza dell’esperta, nel giro di una quindicina di giorni Thomas ha ricevuto la diagnosi con cui ha potuto iniziare molto precocemente la terapia enzimatica sostitutiva, in attesa del trapianto di midollo osseo.

Quella di Monica e di suo figlio è una storia di grande valore, non solamente per le persone coinvolte ma anche per tutti coloro che si occupano di malattie rare, perché conferma una volta di più quanto rilevante sia la conoscenza della malattia, affinché il pediatra o il medico non specialista siano in grado di sospettare la presenza della condizione e richiedere un approfondimento del quadro clinico. Thomas, infatti, presentava una serie di sintomi che, presi singolarmente, potevano non far pensare all’alfa-mannosidosi ma che, rivisti nell’ottica di questa patologia, ne hanno confermato la diagnosi.

Monica e suo marito hanno scoperto che per altre famiglie il tempo trascorso prima della diagnosi di alfa-mannosidosi è stato molto più lungo e ciò significa che tanti bambini hanno potuto ricevere in misura minore i benefici del trattamento: ecco perché al cospetto di una simile patologia, che comporta un deterioramento progressivo, il fattore tempo è cruciale almeno quanto un’approfondita conoscenza della condizione e dei suoi sintomi.

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