APDS: intervista alla dottoressa Federica Barzaghi
Dottoressa Federica Barzaghi

La dr.ssa Barzaghi, pediatra, spiega quali sono gli elementi essenziali per svelare questa rara immunodeficienza

La sindrome da attivazione di PI3K-delta (APDS) è una rara immunodeficienza primitiva che spesso rimane non diagnosticata o viene identificata tardivamente a causa della variabilità della sua presentazione clinica. Riconoscere tempestivamente i segni distintivi della malattia è essenziale per garantire ai pazienti una gestione adeguata e mirata. Per approfondire il percorso diagnostico e comprendere quali siano i campanelli d’allarme più rilevanti, ne abbiamo parlato con la dr.ssa Federica Barzaghi, pediatra presso l’Unità Operativa di Immunoematologia Pediatrica dell’Ospedale San Raffaele di Milano.

Dottoressa Barzaghi, quali sono i principali segnali d’allarme che dovrebbero far sospettare una possibile APDS in un bambino o in un ragazzo?

L’APDS è una patologia che rientra tra gli errori congeniti dell’immunità, e quindi i bambini affetti soffrono spesso di infezioni ricorrenti. Si tratta soprattutto di infezioni delle vie respiratorie, quindi bronchiti ricorrenti, polmoniti e otiti, che possono presentare un broncospasmo difficile da trattare. Questo è dovuto a una carenza anticorpale, quindi a ipogammaglobulinemia. Ci sono poi altri aspetti della malattia: alcuni bambini possono manifestare una linfoproliferazione, quindi ingrandimento dei linfonodi e della milza. Altri ancora presentano problematiche di natura ematologica, come anemie o piastrinopenie autoimmuni, o manifestazioni gastrointestinali, come una diarrea cronica senza eziologia infettiva e scarsamente responsiva ai trattamenti convenzionali utilizzati per le malattie infiammatorie croniche intestinali. Sempre nell’ambito infettivo, si osserva che alcuni virus come EBV e CMV, nei bambini APDS possono mostrare delle riattivazioni oppure persistenza di un basso numero di copie nel sangue periferico (viremia cronica). Anche la familiarità per immunodeficienza comune variabile o linfomi può rappresentare un importante campanello d’allarme.

Quali sono le caratteristiche cliniche distintive dell’APDS rispetto ad altre immunodeficienze primitive?

L’APDS è caratterizzata da una combinazione di immunodeficienza e immunodisregolazione. Quindi, oltre alle infezioni ricorrenti, i pazienti presentano segni di disregolazione immunitaria, che possono manifestarsi prima ancora delle infezioni stesse. Ad esempio, alcuni pazienti sviluppano linfoproliferazione con ingrandimento dei linfonodi e della milza, oppure patologie autoimmuni come anemia o piastrinopenia autoimmune o malattie infiammatorie croniche intestinali. Questo rende il percorso diagnostico complesso, poiché i pazienti possono essere seguiti da specialisti di diverse discipline prima di arrivare a un immunologo.

Quali esami e approfondimenti diagnostici sono fondamentali per confermare il sospetto di APDS?

Il primo passo è un inquadramento immunologico per valutare la presenza di ipogammaglobulinemia. Spesso i pazienti con APDS hanno livelli bassi di IgG e IgA, ma livelli elevati di IgM. Questo indica i linfociti B non sono in grado di maturare completamente. Tuttavia, non sempre l’ipogammaglobulinemia è evidente: talvolta le immunoglobuline plasmatiche risultano normali, ma la loro funzione è compromessa, e questo può trarre in inganno il medico. L’analisi delle sottopopolazioni linfocitarie è un altro esame cruciale: si osservano linfociti B bassi e immaturi e linfociti T attivati, differenziati e senescenti. Tuttavia, la diagnosi definitiva può essere posta solo tramite analisi genetica, identificando mutazioni nei geni PIK3CD o PIK3R1.

Qual è il percorso tipico che un paziente segue dalla comparsa dei sintomi alla diagnosi definitiva? Esistono ostacoli comuni che ritardano il riconoscimento della malattia?

Il percorso diagnostico può variare molto in base alla prima manifestazione della malattia. Alcuni pazienti vengono visti dall’immunologo abbastanza presto, soprattutto se presentano un quadro clinico tipico. Tuttavia, in molti casi i sintomi iniziali non sono chiaramente riconducibili a un’immunodeficienza, per cui il paziente può essere seguito da otorini, pneumologi, gastroenterologi o ematologi per diverso tempo prima di essere riferito all’immunologo. Inoltre, la progressione della malattia può avvenire nel tempo: alcuni pazienti presentano inizialmente solo una delle manifestazioni dell’APDS, e il quadro si completa negli anni. Questo può allungare i tempi diagnostici, che in alcuni casi possono arrivare anche a dieci anni, soprattutto per i pazienti che hanno avuto i primi sintomi prima della scoperta della malattia nel 2013-2014.

Qual è, sulla base della sua esperienza, il ruolo del pediatra e degli specialisti nel favorire una diagnosi precoce e indirizzare i pazienti verso un trattamento adeguato?

L’intuito del medico di base o dello specialista è fondamentale. Spesso il paziente affetto da APDS viene seguito da diversi specialisti prima di arrivare all’immunologo, quindi è importante che il clinico sospetti un’immunodeficienza sottostante e colleghi i vari sintomi in un’unica diagnosi. Il problema principale è che non ci sono biomarcatori specifici per questa patologia, quindi anche quando lo specialista ha un sospetto, deve comunque confrontarsi con l’immunologo per procedere con le indagini adeguate.

X (Twitter) button
Facebook button
LinkedIn button

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tumori pediatrici: dove curarli

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Partner Scientifici

Media Partner