sindrome da attivazione di PI3K-delta, immunodeficienze

La storia di Tommaso, paziente e membro dell’associazione AIP: “Con la giusta terapia la qualità della mia vita è migliorata significativamente” 

La sindrome da attivazione di PI3K-delta (APDS) è una rara forma di immunodeficienza primitiva che spesso sfugge alla diagnosi o è identificata con ritardo. La sua presentazione clinica, infatti, può variare molto da persona a persona, per questo è difficile individuarla con tempestività. Nondimeno, saper riconoscerne i segnali, sin dai primi anni di vita, è fondamentale per garantire una presa in carico adeguata. L’APDS rientra tra i cosiddetti errori congeniti dell’immunità e nei bambini si manifesta spesso con infezioni ricorrenti, in particolare a carico delle vie respiratorie. Bronchiti, polmoniti e otiti sono tra i quadri più frequenti, spesso accompagnati da broncospasmo difficile da trattare.

All’origine c’è una carenza di anticorpi, nota come ipogammaglobulinemia, che compromette la normale risposta immunitaria. A distinguerla dalle altre immunodeficienze primitive è la sua doppia natura, che combina immunodeficienza e immunodisregolazione. In molti casi i segni di disregolazione immunitaria, come la linfoproliferazione o le patologie autoimmuni, compaiono addirittura prima delle infezioni ricorrenti, rendendo la diagnosi particolarmente complicata.

Ad accompagnare i pazienti nel percorso verso una diagnosi chiara e i trattamenti adeguati c’è l’Associazione Immunodeficienze Primitive (AIP), fondata da un gruppo di pazienti, familiari e medici che aiuta e sostiene chi soffre di queste patologie rare, diffonde informazioni sulle immunodeficienze primitive e promuove la ricerca scientifica. Tommaso, membro dell’Associazione, ha deciso di raccontare la propria storia all’Osservatorio Malattie Rare.

Com’è arrivato alla diagnosi e quanto tempo è passato dai primi sintomi?

La diagnosi definitiva, avuta dal prof. Vassilios Lougaris, all’ospedale di Brescia, mi è stata fatta a 31 anni”, spiega Tommaso. “Sono sempre stato male durante l’infanzia, mi ammalavo spesso, mi sentivo molto più debole dei miei coetanei, fino ai 15-16 anni, e nessuno capiva cosa avessi. Un grande merito però va riconosciuto al primo medico che mi ha seguito, il prof. Luigi Nespoli, allora primario della Pediatria di Varese. Oltre a curarmi costantemente, ha sempre incoraggiato la mia famiglia nell’aver fiducia nella scienza perché la ricerca sarebbe andata avanti e così è successo. Dopo tanti controlli, anche in Francia, la prima diagnosi è stata di immunodeficienza primitiva. La cura erano iniezioni di immunoglobuline per via endovenosa. All’inizio facevo le infusioni in ospedale, poi, con l’evolversi della tecnologia, sono passato alla somministrazione sottocutanea. Però, rispetto alla terapia attuale, il picco di protezione calava progressivamente, come un grafico a campana. Man mano che passavano i giorni, mi sentivo sempre meno protetto. Poi, dopo un’estate, mi si è completamente gonfiato un linfonodo al collo. All’inizio si pensava fosse un tumore, i sintomi sembravano quelli di un cancro, ma la dott.ssa Marinoni, che mi aveva in cura, grazie alla sua scrupolosità, ha inviato il campione di sangue al laboratorio dell’ospedale di Brescia per ripetere l’esame genetico, fatto quando ancora non si conosceva la malattia. La responsabile del laboratorio, prof.ssa Giliani, ha indicato la presenza della mutazione dell’APDS e ha inviato il referto al reparto del prof. Lougaris, che ha riscontrato che i sintomi corrispondevano esattamente alla patologia che stavano studiando. A quel punto, fatta la diagnosi, sono entrato a far parte di un nuovo protocollo terapeutico sperimentale in doppio cieco controllato con placebo [con il farmaco leniolisib, N.d.R.]. Durante la sperimentazione (pur non sapendo se assumessi il farmaco o il placebo) mi è stata prescritta anche una terapia cortisonica, e ho avuto degli evidenti miglioramenti. Successivamente sono entrato ufficialmente in terapia con il farmaco, e da lì la mia qualità di vita è decisamente migliorata. Attualmente sono in terapia tramite un programma di uso compassionevole, poiché il farmaco non è ancora commercializzato in Italia.

Qual è l’impatto di questa malattia nella sua vita? Ha bisogno di un sostegno quotidiano?

“Per fare le cose a livello fisico, direi di no. Dovevo solo stare molto attento quando c’era tanta gente, perché rischiavo di ammalarmi più facilmente. Ma per il resto, ero e sono autonomo. Il problema è che quando nasci con una malattia ti abitui ad averla, ti sembra normale. Perciò, per dire quanto impatto ha avuto sulla mia quotidianità, dovrei conoscere com’è la vita delle altre persone. L’unica cosa che posso dire è che mi ammalavo molto spesso e questo non mi permetteva di avere amicizie stabili, sicure. E poi, ovviamente, ammalandomi spesso, ero etichettato come quello più debole, il ragazzo fragile. Anche a livello di energia, per quanto io sia un tipo abbastanza testardo e voglia sempre fare le cose che fanno gli altri, notavo che mi stancavo molto prima degli altri. Però, né io né la mia famiglia ci siamo mai messi dei limiti”.

Al lavoro sanno della malattia?

Sì, però devo dire che, certe volte, quando ho bisogno di riposo, la cosa non è sempre ben vista. Anche perché, se mi incontri per strada, non ti verrebbe mai in mente che ho una patologia, perché fisicamente non si nota. Per questo se resto a casa perché ho bisogno di riposarmi, è visto un po’ come una scusa. Faccio trekking, crossfit, suono il clarinetto, faccio molte più cose rispetto alle persone che in teoria sono più sane di me. E questo, a volte, fa nascere qualche dubbio. Nonostante abbia tutti i certificati, tutte le carte in regola. Ad esempio, ho portato dei colleghi a fare trekking. In teoria, dovevano essere più “in forma” di me, invece io ero tranquillo e loro distrutti dalla fatica”.

Che cosa direbbe a un giovane che riceve una diagnosi di APDS?

“Probabilmente direi la stessa cosa che dico a me stesso ogni giorno, di non limitarsi. Nel senso di avere pazienza e di fare ciò che ti rende felice, senza nessun tipo di condizionamento”. 

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