Marcello Cattani (Sanofi Genzyme): “Da anni offriamo un servizio di home therapy; grazie ad AIFA e AIG Onlus, oggi è attivo anche per la malattia di Pompe”
Curarsi quanto più possibile a casa, invece che in ospedale, rappresenta un’opportunità importante per molti pazienti con patologie rare, soprattutto se croniche e disabilitanti. È il caso, ad esempio, di alcune malattie da accumulo lisosomiale, trattate con terapie enzimatiche sostitutive che, da qualche anno e in qualche regione, vengono somministrate anche a casa. Fra i servizi che forniscono questo tipo di terapia a domicilio c'è il programma “TuTor” di Sanofi Genzyme, che supporta il trattamento di quattro malattie rare: la malattia di Gaucher, la malattia di Fabry, la mucopolisaccaridosi di tipo I e, da oggi, anche la malattia di Pompe.
“Dal 2011 abbiamo attivato il servizio per la malattia di Gaucher di tipo 1 e 3, poi esteso rispettivamente alla malattia di Fabry e alla mucopolisaccaridosi di tipo I”, sottolinea Marcello Cattani, Country Lead e Amministratore Delegato di Sanofi Italia. “Oggi, grazie all'impegno dell'Associazione Italiana Glicogenosi (AIG) e alla Determina AIFA del 30 marzo 2020, è possibile attivarlo anche per la malattia di Pompe”. Il servizio è collaudato da tempo e basato su una solida esperienza. “Il programma, inoltre, è completamente gratuito per i pazienti e per il sistema sanitario - prosegue Cattani - e i costi del trattamento e della gestione domiciliare della terapia sono sostenuti dalla nostra azienda”.
Sono però le singole Regioni a decidere se aderire o meno alla possibilità della somministrazione a casa. “Dopo l'approvazione della Regione, il passaggio successivo riguarda la direzione sanitaria di ogni ospedale, che può avallare o meno l'attivazione del servizio”, spiega Cattani. “Ovviamente, è poi lo specialista a decidere, insieme al paziente, se la terapia domiciliare può essere un'opzione praticabile e valida, tenuto conto sia dello stato clinico e di salute, sia del contesto di vita del paziente stesso”. L’infusione della terapia a domicilio è gestita da una società esterna specializzata, che si avvale di infermieri esperti in contatto con lo specialista durante tutto il trattamento. Il servizio, insomma, prevede un protocollo validato, a partire da quando il farmaco viene dispensato fino alla sua somministrazione.
Le evidenze raccolte finora mostrano che quest'alternativa, oltre che valida, è apprezzata sia dai pazienti che dalle strutture ospedaliere. Lo conferma, ad esempio, un recente studio pubblicato sulla rivista European Journal for Person Centered Healthcare, che conclude come le terapie domiciliari apportino un vantaggio in termini di miglioramento della qualità di vita dei pazienti e una riduzione dei tempi e dei costi, sia per i pazienti stessi che per le strutture ospedaliere. “Sia chi ha una malattia rara, sia l'ospedale, traggono beneficio da questo servizio”, spiega Cattani. “Per i pazienti, e per i caregiver, i vantaggi vanno dal non dover recarsi in ospedale al maggiore comfort nel ricevere la terapia a casa, fino alla possibilità di instaurare un rapporto più diretto con l'infermiere addetto al trattamento. Le strutture ospedaliere, invece, non devono sostenere alcun costo e hanno più stanze libere – pensiamo alle sale di infusione – dunque più spazi e risorse da allocare diversamente, ad esempio per gestire pazienti che invece non possono essere curati a casa”.
A confermare tali benefici è anche Angela Tritto, presidente dell'Associazione Italiana Glicogenosi (AIG), che racconta come la recente opportunità della terapia domiciliare per la malattia di Pompe sia, e possa rappresentare anche in futuro, un sostegno importante per chi soffre di questa rara patologia. “La terapia enzimatica sostitutiva è un farmaco salvavita”, spiega Tritto. “Soprattutto nel periodo della pandemia di COVID-19, il paziente che non ha avuto la possibilità di ricevere l'infusione a casa (prima della determina AIFA o nelle regioni che non l'hanno ancora accolta) si è trovato a dover scegliere se recarsi in ospedale, con il rischio di contrarre l'infezione virale, o se saltare la terapia, un problema spesso ancor più grave”. Una situazione complessa, in cui nessuna scelta è presa a cuor leggero. “Siamo a conoscenza di parecchi casi in cui i pazienti hanno deciso di non andare in ospedale”, aggiunge la presidente di AIG. “Altre persone che non avevano alternativa, hanno invece continuato a recarsi nel proprio centro infusionale, considerando anche che mentre alcune strutture hanno attivato percorsi specifici, altre hanno somministrato l'infusione con le solite modalità”.
Per fortuna, però, a partire dalla determina AIFA del 30 marzo 2020, alcuni pazienti con malattia di Pompe hanno potuto beneficiare della terapia domiciliare. “Per ora, in Italia, in base ai nostri dati, si tratta di circa 15 persone su un totale di 150 - sottolinea Tritto - ma speriamo che il numero possa aumentare, sempre rispettando le esigenze e il desiderio del singolo individuo”. I vantaggi della terapia domiciliare sono comunque numerosi, considerando che a volte raggiungere gli ospedali specializzati è un vero e proprio viaggio e che il paziente, accompagnato dal caregiver, deve portare con sé eventuali attrezzature di supporto, come i respiratori. “Il tutto diventa quasi un trasloco”, spiega Tritto. “Inoltre, alcuni pazienti più gravi hanno bisogno di un trasferimento in ambulanza, dato che devono essere monitorati durante il percorso”. Restare a casa, poi, migliora il benessere psico-fisico e aiuta ad affrontare meglio la terapia. “Abbiamo raccolto, ad esempio, la testimonianza di una giovane paziente in sedia a rotelle - racconta la presidente di AIG - che afferma di non soffrire più di mal di testa, stanchezza e aumento della pressione dopo l'infusione, e di non avere più la preoccupazione e l'ansia legate al viaggio e alla necessità della presenza di un accompagnatore”. Una testimonianza forte, che prova come la terapia domiciliare, per molti pazienti, non sia solo una possibilità in più, ma rappresenti una parte integrante della cura.
Per ora, l'opzione della terapia domiciliare per la malattia di Pompe è estesa al periodo dell'emergenza Coronavirus. “Ricordiamo che il servizio, in Italia, è disponibile da pochissimo, grazie alla determina AIFA del 30 marzo 2020 - chiarisce Tritto - mentre in altri Paesi, come Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Olanda, la terapia domiciliare per la patologia era già prevista precedentemente. Anche per questo, e per il riscontro positivo ricevuto dai pazienti, a nostro avviso è essenziale, ed è un diritto, che il trattamento possa essere effettuato a casa anche in futuro, per le persone per cui è possibile e che lo sceglieranno”.
“Nella sfortunata circostanza della pandemia di Coronavirus, ci si è resi conto di quanto la scelta di una terapia a domicilio sia un'opportunità con molteplici benefici, soprattutto per i pazienti più fragili, con malattie rare ma non solo”, conclude Marcello Cattani. “Questo anche per minimizzare il rischio di contrarre infezioni, se il paziente è immunodepresso o con altre patologie pregresse, e per una migliore organizzazione delle strutture ospedaliere, sia nella fase in cui devono gestire i casi di COVID-19, sia successivamente, a emergenza conclusa”.
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