PBC: il responso di AIFA sull'acido obeticolico

Pierluigi Russo (AIFA): “L'unico percorso alternativo potrebbe essere l’uso compassionevole. Intanto abbiamo accelerato le procedure di valutazione per i nuovi farmaci che possono essere impiegati per la patologia”

Roma – Nessun passo avanti per i 1.400 pazienti italiani affetti da colangite biliare primitiva (PBC) e trattati in seconda linea con l'acido obeticolico: il farmaco continuerà a non essere disponibile nel nostro Paese. Una doccia fredda per i pazienti, che speravano nell’inserimento del farmaco nella lista della legge 648/1996. L'annuncio è stato dato da Pierluigi Russo, Direttore Tecnico-Scientifico dell'Agenzia Italiana del Farmaco, nel corso di una conferenza stampa, che si è svolta il 25 marzo presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, su iniziativa dell’On. Ilenia Malavasi, la quale da mesi ascolta le istanze e le preoccupazioni espresse dai pazienti, e che ha voluto organizzare questo momento di confronto tra i clinici, le associazioni e l’AIFA. Una soluzione – proposta dall'Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) – che avrebbe potuto garantire almeno in via transitoria la continuità terapeutica, ma che non è stata ritenuta idonea ad essere applicata.

La complessa vicenda è stata riassunta, in apertura, da Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell'Osservatorio Malattie Rare, che ha moderato l'incontro. L'acido obeticolico (nome commerciale Ocaliva) è stato utilizzato per oltre sette anni nella pratica clinica della PBC, una rara malattia del fegato che colpisce nella maggior parte dei casi le donne. Ma nel settembre 2024 la Commissione Europea ha revocato l'autorizzazione all'immissione in commercio condizionata del farmaco.

Il Tribunale dell'Unione Europea, pochi giorni dopo, ha momentaneamente sospeso la decisione della CE, per poi ripristinarla a novembre. Ciò significa che la revoca dell’autorizzazione alla commercializzazione del farmaco è tornata ad essere efficace con effetto immediato in tutti gli Stati membri dell'UE, nonché in Islanda, Liechtenstein e Norvegia.

Tuttavia, in seguito al ritiro, l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha fatto riferimento alla possibilità, per l'azienda produttrice del farmaco (Advanz), di continuare a fornire l’acido obeticolico nei Paesi dell’UE, nel rispetto della legislazione e della regolamentazione locale. Proprio sulla base delle diverse normative, in Francia e in Spagna è stato possibile garantire ai pazienti precedentemente in trattamento la continuità terapeutica, mentre in Italia, come ha spiegato Pierluigi Russo, la soluzione non si trova ancora. Per AIFA, l'ipotesi di applicare la legge 648 del 1996 – che consente di erogare un farmaco a carico del Servizio Sanitario Nazionale quando non esiste un’alternativa terapeutica valida – non è percorribile.

“La decisione della Commissione Europea è un atto vincolante anche a livello nazionale, che non solo porta alla revoca e alla decadenza dell'autorizzazione all'immissione in commercio, ma che si collega ad altre normative, come quelle relative alla tracciabilità dei medicinali, rendendo complicato far circolare il prodotto sul territorio italiano”, ha sottolineato Russo.

“La discrezionalità amministrativa dell'Agenzia nel cercare soluzioni alternative è abbastanza limitata, perché operiamo all'interno di un contesto legislativo molto ben definito. La normativa sugli usi compassionevoli di Francia e Spagna è diversa dalla nostra. In particolare, la richiesta di consentire la continuità terapeutica attraverso una classificazione nell'ambito della legge 648 risulta molto complicata in presenza di una bocciatura da parte dell'EMA: non ci sono proprio i presupposti, non solo tecnico-scientifici ma anche regolatori. L'unico percorso attualmente disponibile, quindi, potrebbe essere avviare dei programmi di uso compassionevole ai sensi del decreto ministeriale del 7 settembre 2017”, ha spiegato Russo, che ha anche sottolineato come l’Agenzia abbia cercato di mantenere la terapia il più a lungo possibile, “poiché abbiamo garantito la rimborsabilità fino alla revoca formale, quando in precedenza la rimborsabilità è stata ritirata già al momento della decisione del CHMP”.

“Inoltre, sta procedendo l'iter di autorizzazione di altri due medicinali che possono essere impiegati in seconda linea al posto dell'acido obeticolico, e per i quali abbiamo accelerato le procedure di valutazione: uno di questi sarà esaminato da parte del Consiglio di amministrazione dell'Agenzia nella prossima seduta”, ha concluso il Direttore Tecnico-Scientifico di AIFA.

Parole che, oltre ad essere una doccia fredda per i pazienti, hanno deluso l'On. Ilenia Malavasi, Co-Presidente dell'Intergruppo Parlamentare per la cura e la prevenzione delle malattie autoimmuni: “Pur considerando la complessità del caso che stiamo discutendo, esprimo tutta la mia amarezza per il fatto che non si stia trovando una soluzione. Altri Stati membri sono riusciti a garantire ai pazienti la continuità terapeutica, mentre noi non siamo riusciti a farlo nemmeno in modo temporaneo o transitorio. Capisco molto bene la preoccupazione e la paura delle persone che da tanti anni assumono un farmaco che ha dato loro dei benefici, e poi vengono private di questo trattamento e lasciate senza alternative”, conclude Malavasi. “Continueremo quindi a stare al fianco dei pazienti e a dare voce alle loro richieste. Penso che la politica debba farsi carico di garantire il diritto alla salute, alla cura e in questo caso alla continuità terapeutica: è uno degli obiettivi su cui abbiamo il dovere e l'obbligo morale di confrontarci, anche in un momento di carenza di risorse”.

“Stante la situazione, e anche il rischio per niente teorico che vicende del genere possano di nuovo accadere se tutte le norme e procedure che hanno portato a questo rimarranno inalterate – ha commentato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell’Osservatorio Malattie Rare – nel prossimo futuro potrebbe essere utile modificare, tenendo conto di questi casi, proprio il decreto ministeriale del 2017, noto come ‘Decreto Lorenzin’, che ad oggi disciplina in Italia, tra le varie cose, le modalità per l’uso di medicinali privi di AIC (Autorizzazione all'Immissione in Commercio). E sarebbe anche opportuno, come suggerisce questo caso, ma anche quello analogo del farmaco ataluren per la distrofia di Duchenne, che EMA si desse dei tempi più stringenti per rivalutare l’efficacia dei farmaci immessi in commercio con autorizzazione condizionata”. Tutti miglioramenti che potrebbero essere utili in futuro, anche se oggi il problema che stanno vivendo i pazienti con colangite biliare primitiva rimane senza immediata soluzione.

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