Pubblicato il caso clinico di una paziente tedesca che, divenuta tetraplegica, dopo un anno di terapia ha ricominciato a camminare
Ratisbona (GERMANIA) – Una donna affetta da porfiria epatica acuta, che presentava un numero insolitamente alto di complicanze neurologiche, è stata trattata con successo con il nuovo farmaco givosiran. Il caso clinico, il primo a riguardare un paziente così complesso, è stato descritto da un gruppo di ricercatori tedeschi in una lettera inviata al direttore del Journal of the Neurological Sciences.
La donna, di 56 anni, era stata ricoverata nel reparto di Psichiatria dell'Università di Ratisbona a causa di dolore addominale psicosomatico e depressione di nuova insorgenza; ha poi sviluppato gradualmente una tetraparesi progressiva ed è stata quindi trasferita al dipartimento di Neurologia. All'esame neurologico risultava orientata, ma mostrava ritardo psicomotorio e tetraparesi flaccida: ciò ha portato i medici a formulare la diagnosi di sindrome di Guillain-Barrè complicata da neuropatia assonale dovuta a diabete mellito di tipo 1 mal trattato.
Così, il giorno stesso del ricovero, è stata avviata la plasmaferesi terapeutica, con un numero totale di quattro trattamenti, ma nei giorni successivi, nella donna è stato notato un deterioramento dello stato di coscienza, con psicosi, oltre alla comparsa di urine scure. I medici hanno sollecitato una risonanza magnetica cerebrale, un eco-color-Doppler transcranico e un'analisi dell'acido delta-aminolevulinico (ALA) e del porfobilinogeno (PBG) nelle urine: quest'ultimo esame ha mostrato dei livelli molto elevati e quindi ha portato alla conferma della diagnosi di porfiria epatica acuta (AHP). Ulteriori analisi dei metaboliti della porfirina nelle feci della paziente hanno poi individuato la variante specifica, ovvero la porfiria acuta intermittente.
La porfiria epatica acuta è una malattia rara provocata dal deficit di diversi enzimi necessari per la biosintesi dell'eme, ed è causa di disturbi neurologici del sistema nervoso centrale e periferico. La sua forma più comune è chiamata porfiria acuta intermittente ed è caratterizzata da sintomi psichiatrici, dolore addominale diffuso aspecifico e, nei casi gravi, perdita di coscienza, coma e convulsioni. L'accumulo di vari metaboliti come ALA e PBG può causare neuropatia del sistema nervoso periferico e autonomo, e nei casi gravi anche del sistema nervoso centrale. Queste crisi possono essere innescate, fra le varie cause, da alcuni farmaci o da alcol, digiuno, stress e fluttuazioni ormonali.
Nel caso della paziente tedesca, è stata avviata una terapia a base di emina per via endovenosa e ogni giorno le sono stati somministrati 300 grammi di glucosio. “Nonostante il trattamento specifico, il suo stato è peggiorato, con perdita di coscienza, aumento della paresi (tetraplegia) e insufficienza respiratoria che ha richiesto la ventilazione meccanica invasiva. Dopo il trattamento antibiotico di una polmonite, la tracheostomia, l'interruzione della sedazione e l'inizio dello svezzamento respiratorio, la paziente è stata trasferita nella nostra unità di Neuroriabilitazione”, spiegano i medici dell'Università di Ratisbona, che sette mesi dopo hanno deciso di avviare una terapia a lungo termine con il nuovo farmaco givosiran, somministrato ogni 4 settimane per via sottocutanea con un dosaggio di 2,5 mg/kg. “Un anno dopo la comparsa dei primi sintomi, la paziente era orientata, mostrava un netto miglioramento della tetraparesi e iniziava a camminare; durante la terapia con givosiran, i livelli di ALA e PBG si sono normalizzati rapidamente e non si sono verificate ulteriori crisi. Dopo la somministrazione di sette dosi terapeutiche, inoltre, non sono stati notati effetti collaterali rilevanti”, proseguono gli specialisti.
Il farmaco givosiran è un’innovativa terapia basata sulla tecnica di RNA interference (RNAi), approvata in Europa, nell'aprile 2020, per il trattamento della porfiria epatica acuta (AHP). Questa molecola è stata valutata nello studio ENVISION, un trial in doppio cieco, controllato con placebo, che ha coinvolto 94 pazienti con AHP (dei quali 89 con porfiria acuta intermittente) e almeno due attacchi nei sei mesi precedenti all'inizio dello studio. Givosiran ha ridotto significativamente sia il tasso medio annuo di attacchi (3,2 nel gruppo givosiran contro 12,5 nel gruppo placebo) che i livelli di ALA e PBG nelle urine dei pazienti, ed entrambi gli effetti sono diventati evidenti entro il primo mese di trattamento. Gli eventi avversi più comuni sono stati reazioni nel sito di iniezione, nausea, affaticamento, aumento dei livelli di alanina aminotransferasi e riduzione dell'eGFR (il tasso presunto di filtrazione glomerulare).
Il caso riportato – sottolineano i medici – presentava diverse complicanze neurologiche tra cui grave neuropatia assonale, psicosi, coma e vasospasmi cerebrali con ischemia cerebrale (questi ultimi già descritti in alcuni pazienti con porfiria acuta intermittente, anche se i meccanismi fisiopatologici rimangono ancora incerti). “Una componente demielinizzante della neuropatia ha portato nei primi giorni a una diagnosi errata, che può essere spiegata retrospettivamente dal diabete, un fattore che rende questo caso ancora più complesso. Fino a poco tempo fa, per i pazienti affetti da porfiria acuta intermittente venivano utilizzati come trattamenti a lungo termine solo l'evitamento dei fattori scatenanti, nei casi gravi trasfusioni regolari di emina o raramente il trapianto di fegato. La nostra paziente, prima di ricevere la diagnosi corretta, è stata trattata con plasmaferesi, che secondo rari casi clinici può migliorare i sintomi durante un attacco acuto riducendo i livelli di ALA e PBG, anche se mancano prove solide”, concludono gli esperti. “Si tratta della prima descrizione di un caso clinico in cui un paziente con numerose manifestazioni neurologiche di porfiria acuta intermittente ha ricevuto un trattamento a medio termine di successo con givosiran. Tuttavia, per i pazienti trattati con questo farmaco, mancano ancora degli studi di follow-up a lungo termine”.
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