Una malattia si definisce "rara" quando la sua prevalenza, intesa come il numero di caso presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In UE la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, non più di 1 caso ogni 2000 persone. Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate è di circa 10.000, ma è una cifra che cresce con l’avanzare della scienza e, in particolare, con i progressi della ricerca genetica. Stiamo dunque parlando non di pochi malati, ma di milioni di persone in Italia e circa 30 milioni in Europa. [Fonte: Eu Commission] Secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese i malati rari sono circa 2 milioni: nel 70% dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica.
In base ai dati coordinati dal Registro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutta la penisola. Il 20% delle patologie coinvolge persone in età pediatrica (di età inferiore ai 14 anni). In questa popolazione di pazienti, le malattie rare che si manifestano con maggiore frequenza sono le malformazioni congenite (45%), le malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione o del metabolismo e i disturbi immunitari (20%). Per i pazienti in età adulta, invece, le malattie rare più frequenti appartengono al gruppo delle patologie del sistema nervoso e degli organi di senso (29%) o del sangue e degli organi ematopoietici (18%). [Fonte: ISS 2015]
Vista la mancanza di un’univoca definizione di malattia rara a livello internazionale, ci sono diverse liste di patologie: - National Organization for Rare Disorders (NORD) - Office of Rare Diseases - Orphanet (che propone una lista di circa 6.000 nomi di patologie rare, sinonimi compresi). In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità ha individuato un elenco di malattie rare esenti-ticket. Alcune Regioni italiane hanno deliberato esenzioni per patologie ulteriori da quelle previste dal Decreto 279/2001.
Per i ‘Premi di studio in memoria del prof. Raffaello De Biasi’ termini aperti fino al 30 settembre
L’AICE (Associazione Italiana Centri Emofilia) con il supporto di Bayer HealthCare istituisce due “Premi di Studio in memoria del Prof. Raffaello de Biasi” destinati ai soci AICE di, nazionalità italiana, autori delle due migliori pubblicazioni su argomento relativo a emofilia e sindromi affini in rivista indicizzata che siano stati pubblicai nel periodo 2008-2010. I premi di studio I premi, per l’ammontare di euro 5000 (lorde ex regime fiscale) ciascuno, saranno assegnati ai vincitori della selezione e suddivisi tra i diversi autori della pubblicazione in misura di: euro 2000 al primo autore e euro 3000 ripartiti tra gli altri autori di nazionalità italiana (esclusi quelli eventualmente listati in Appendice).
L'iniziativa in Italia è stata portata avanti dall'AIPI. Se ne parla al congresso internazionale in corso a Bologna fino a domani
Cinquantacinquemila impronte labiali blu raccolte in tutto il mondo che sono valse l'ingresso nel Guinness dei Primati: è uno dei risultati ottenuti dalle due campagne di sensibilizzazione internazionali promosse dalle associazioni europee per l'Ipertensione Polmonare con il contributo dell'AIPI, l'Associazione Ipertensione Polmonare Italiana, nate con l'obiettivo di far conoscere ai cittadini i sintomi di questa patologia spesso non facilmente riconoscibili, come le labbra di colore bluastro, e suggerire a chi li manifesta una visita specialistica. I risultati delle campagne ''Bacio Blu'' e Breathtaking, che erano state organizzate anche grazie al sostegno di Bayer, saranno presentati in Italia in occasione del Congresso Internazionale sull'Ipertensione Arteriosa Polmonare, promosso dall'Università di Bologna e dal Policlinico Sant'Orsola Malpighi, che si terrà da domani al 25 giugno nel capoluogo emiliano.
Il farmaco sperimentale potrebbe stabilizzare le proteine indebolite dalle mutazioni. I risultati sono indicativi, il farmaco potrebbe solo essere una possibile alternativa alle terapie enzimatiche esistenti, ma solo per alcune forme di questa malattia
Da uno studio predittivo di bioinformatica condotto dai ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Icb-Cnr) insieme ad alcuni colleghi degli Istituti di calcolo e reti ad alte prestazioni (Icar) e di biostrutture e bioimmagini (Ibb) del Cnr di Napoli e del Dipartimento di bioinformatica dell’Università Federico II, viene la proposta di una nuova terapia per la malattia di Fabry. Il farmaco che viene proposto ha il vantaggio di poter essere assunto per via orale e di essere potenzialmente più economico rispetto alla terapia enzimatica sostitutiva tradizionale, che viene comunque utilizzata da anni sui pazienti e con buoni risultati. La ricerca è stata pubblicata su Orphanet Journal of Rare Diseases ed è interamente firmata da ricercatori italiani.
Una malattia dalla diagnosi difficile, ci sono molte terapie ma non c’è una cura definitiva. Attualmente in Italia ci sono trial clinici aperti per un nuovo farmaco orale
Ipertensione Arteriosa Polmonare, una malattia dalla diagnosi difficile – poiché i sintomi sono comuni a molte alte malattie respiratorie e all’inizio la sensazione di affanno provocata dalla malattia viene spesso sottovalutata. Sky Tg 24 ha dedicato, nella puntata del 13 giugno scorso, un approfondimento alla malattia raccontando brevemente le storie di due fratellini, Claudia e Federico, affetti da questa patologia, e la storia di Maria Pia, colpita in età adulta da una forma grave della malattia, è lei a spiegare, nel servizio di Helga Cossu, cosa vuol dire vivere con l’Ipertesione Arteriosa Polmonare. Nel servizio intervista al prof. Visca del Policlinico Umberto I di Roma.
La Seconda Università di Napoli lavora ad una rete capace di colmare il gap e dare assistenza
La Regione Campania conta circa 6 milioni di abitanti, di questi 'solo' una decina ha ricevuto una diagnosi – e il relativo trattamento – per la rara malattia di Pompe o glicogenosi di tipo due. Verrebbe da dire ‘per fortuna’, ma secondo gli esperti, che lunedì su riuniranno alla Seconda Università di Napoli per fare il punto sulla malattie e sull’assistenza offerta nella regione, non si tratta affatto di una minore incidenza di casi quanto, piuttosto, della mancanza di diagnosi. In sostanza, se si considera che l’incidenza stimata della malattia è di 1 caso su 140.000 abitanti per la forma infantile, quella più grave, e di circa 1 caso su 60.000 per la forma dell’adulto, i casi presenti nella regione dovrebbero essere come minimo una centinaia. Dove sono dunque gli altri 90 casi? Probabilmente – secondo gli esperti – non vengono diagnosticati, e ciò vuol anche dire che, se pur malati, rimangono privi del trattamento enzimatico sostitutivo con il farmaco orfano alglucosidasi alfa di Genzyme, l’unico attualmente approvato e in commercio per la malattia fin dal 2006. Questa, soprattutto se iniziata precocemente, è in grado di ridurre significativamente la mortalità e l’invalidità sia nel bambino che nell’adulto.
La condivisione delle esperienze tra diverse persone e famiglie di malati di malattie rare consente, al di là della possibilità di organizzare le azioni nei confronti delle istituzioni, una grossa attenuazione del senso di solitudine e impotenza e un incremento della voglia di fare. L’hanno compreso i componenti del Gruppo Famiglie Dravet - dal nome della sindrome che colpisce i loro bimbi - che si è costituito, nell’ambito della FIE - Federazione Italiana Epilessie, il 2 ottobre scorso, per volontà di alcuni genitori con figli affetti da sindrome di Dravet, un'encefalopatia epilettica refrattaria, che si presenta in neonati altrimenti sani. Da allora le famiglie da 9 sono diventate 59 ed adesso alcune di loro, 25 per la precisione, dopo mesi di collaborazione tramite la pagina del gruppo famiglie su facebook, via e-mail o via telefono, hanno sentito il bisogno di guardarsi negli occhi e così si sono incontrate, per la prima volta, nei giorni scorsi a Fiorenzuola d’Arda.
Stando ai risultati degli studi presentati a Denver sarebbe preciso come il cateterismo
Non c’è persona che abbia una diagnosi di Ipertensione Arteriosa Polmonare che non conosca il ‘cateterismo’, la tecnica attualmente usata per valutare fino a che punto la malattia stia compromettendo la funzionalità del cuore. In sostanza si tratta di introdurre in un vaso sanguigno un sottile tubo flessibile, il catetere, abbastanza lungo da raggiungere il cuore e con questo eseguire il monitoraggio. Basta solo una piccola anestesia locale, nulla di troppo doloro, si tratta tuttavia di un metodo invasivo, una scelta sempre ‘sub ottimale’ rispetto alle tecniche non invasive. Ora, dopo numerosi sforzi della scienza in questa direzione, sembra che il metodo non invasivo, ma capace della stessa accuratezza diagnostica del cateterismo, possa essere stato trovato. Il nuovo strumento potrebbe essere NICOM di Cheetah Medical, azienda con sede principale a Tel Aviv.
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