Malattie rare: studio su analisi in 3D dei lisosomi

Una ricerca condotta da CNR e TIGEM getta le basi per una comprensione più approfondita delle alterazioni all'origine delle patologie da accumulo lisosomiale

Un team congiunto dell’Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli (CNR-ISASI) e dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli (TIGEM) ha sviluppato un nuovo approccio per osservare in 3D i lisosomi all’interno di cellule vive, in sospensione. I lisosomi sono organelli normalmente responsabili dei processi digestivi che avvengono all’interno delle cellule, e sono coinvolti in oltre 60 tipi di malattie genetiche rare, dette anche malattie da accumulo lisosomiale (LSD).

Le LSD sono patologie causate da difetti enzimatici o proteici nei lisosomi, con gravi conseguenze per organi e tessuti, in particolare per il sistema nervoso centrale: la diagnosi e il monitoraggio dell’efficacia delle terapie sono attualmente ostacolati proprio dalla mancanza di strumenti che permettano un’analisi funzionale dei lisosomi in cellule vive.

I ricercatori si sono concentrati, in particolare, sulla malattia di Niemann-Pick di tipo C, anch’essa causata dall’assenza o dal funzionamento errato di un enzima presente all’interno dei lisosomi: una patologia ad oggi non curabile che provoca gravi alterazioni al metabolismo, nella maggior parte dei casi fatali. La tecnica sviluppata ha reso per la prima volta possibile l’analisi delle alterazioni morfologiche e spaziali dei lisosomi in modelli cellulari di tale patologia, come descrive lo studio pubblicato sulla rivista ACS Nano.

Abbiamo utilizzato la tecnica della tomografia olografica in configurazione citometrica a flusso (HTFC) come piattaforma per individuare malattie da accumulo lisosomiale, in particolare nella malattia di Niemann-Pick di tipo C1 (NPC1), dimostrandone l’efficacia”, spiega Diego Medina, Principal Investigator della ricerca presso il TIGEM. “Questo approccio innovativo potrebbe rivoluzionare lo studio delle LSD. Per la prima volta, infatti, ci permette di misurare parametri biofisici dei lisosomi – come la loro densità e il loro volume – e di rilevare come, in condizioni patologiche, l'accumulo di molecole alteri le proprietà fisiche di questi organelli. Lo studio, inoltre, dimostra che questi parametri possono essere utilizzati per analizzare i meccanismi patologici, la progressione della malattia e la risposta ai farmaci. Nel caso della NPC1, abbiamo dimostrato che correggendo la localizzazione dei lisosomi è possibile risolvere il caratteristico accumulo di colesterolo”. 

“Questa tecnologia ci consente per la prima volta di ottenere informazioni tridimensionali, quantitative e label-free in cellule vive, in sospensione, della malattia di Niemann-Pick di tipo C, un contesto molto più vicino a quello clinico rispetto alle cellule aderenti tradizionalmente usate in microscopia”, aggiunge Daniele Pirone, ricercatore presso il CNR-ISASI e primo autore dello studio, assieme ai colleghi Pasquale Memmolo e Lisa Miccio.

La tecnica della HTFC è stata impiegata per ottenere tomografie ad alto contenuto informativo basate sull’indice di rifrazione, senza bisogno di colorazioni chimiche o preparazioni complesse: questo ha permesso di analizzare migliaia di cellule in sospensione, identificando biomarcatori morfometrici 3D che distinguono in modo affidabile le cellule sane da quelle affette da NPC1 e di monitorare gli effetti di interventi farmacologici e genetici. In questo modo è stato possibile misurare con precisione i cambiamenti nella posizione e nella morfologia dei lisosomi, aprendo la strada a nuovi biomarcatori per le malattie da accumulo lisosomiale.

Lo studio rappresenta un importante passo avanti verso l’impiego di tecnologie label-free nella diagnostica clinica delle LSD. I prossimi obiettivi saranno la validazione della HTCF su cellule derivanti da pazienti (fibroblasti e cellule ematiche) e il miglioramento della risoluzione spaziale per arrivare all’identificazione del singolo lisosoma, avvicinando così la nuova tecnica alle capacità della microscopia ad alta risoluzione, ma con i vantaggi dell’analisi statistica su larga scala.

“L’integrazione della citometria olografica nel percorso di ricerca traslazionale è un passo fondamentale verso applicazioni cliniche concrete. Il potenziale di questa tecnica come strumento diagnostico e di screening terapeutico è enorme, e i risultati ottenuti ci spronano a proseguire con la validazione su cellule di pazienti”, conclude Pietro Ferraro, Dirigente di Ricerca e Principal Investigator del CNR-ISASI.

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