Malattie da accumulo lisosomiale e covid

Uno studio condotto in Friuli ha analizzato i cambiamenti indotti dalla pandemia nel contesto della terapia domiciliare e della telemedicina

La pandemia da COVID-19 non ha solo travolto i sistemi sanitari, ma ha anche accelerato cambiamenti profondi nell'assistenza alle persone con malattie rare. È il caso delle malattie da accumulo lisosomiale (LSD), un gruppo eterogeneo di disordini genetici caratterizzati dall'accumulo di sostanze tossiche all'interno delle cellule, che possono compromettere gravemente diversi organi e, in alcuni casi, portare a morte precoce. La prevalenza è di circa 1 caso su 5.000 persone. Uno studio condotto dal Centro di Coordinamento Regionale per le Malattie Rare (CCRMR) di Udine, pubblicato sul Journal of Innate Metabolism, ha analizzato l'impatto della pandemia sulla gestione delle LSD, concentrandosi su due aspetti specifici: la transizione alla terapia enzimatica sostitutiva (ERT) a domicilio e l'uso della telemedicina.

“Sebbene le LSD siano rare, le loro implicazioni cliniche e sociali sono significative, soprattutto per la necessità di cure mediche altamente specialistiche e multidisciplinari, oltre a un monitoraggio regolare”, sottolineano gli autori (Piovani P., Epifani E., Migli L., Scapin A., Bon M.). Per alcune LSD sono disponibili terapie mirate, come la terapia enzimatica sostitutiva (ERT), somministrata per via endovenosa, e trattamenti orali che richiedono una somministrazione costante per garantirne l’efficacia.

Il ricorso alla telemedicina e alla terapia domiciliare potrebbe quindi rappresentare un cambiamento destinato a durare, anche nell'era post-COVID-19. Finora, però, mancavano studi che valutassero quali delle due modalità si siano effettivamente consolidate nel tempo. Lo studio si propone di colmare questo vuoto, analizzando i cambiamenti avvenuti attraverso il confronto tra il periodo pre-pandemico e post-pandemico, sulla base dei dati raccolti in uno dei principali centri di riferimento italiani per le malattie da accumulo lisosomiale.

TERAPIA DOMICILIARE: UN CAMBIAMENTO CHE RESTA

L'analisi ha coinvolto 102 pazienti adulti con diverse forme di LSD (tra cui Gaucher, Pompe, Fabry e varie mucopolisaccaridosi), seguiti dal dicembre 2019 al dicembre 2023.

Prima della pandemia, 71 pazienti (69,6%) erano in terapia enzimatica sostitutiva (ERT). Di questi, 55 (77,5%) erano trattati in ospedale e 16 (22,5%) a domicilio. Durante la pandemia, 15 pazienti inizialmente trattati in ospedale sono passati alla terapia domiciliare e nessun paziente è tornato alla terapia ospedaliera durante la pandemia.

Soltanto in due hanno ripreso le infusioni in ospedale nel post-pandemia, entrambi per la carenza di infermieri a domicilio. Un dato confortante riguarda la sicurezza, poiché non sono stati riportati eventi avversi in ambito domiciliare.

In sintesi, l’analisi del CCRMR mostra un aumento del 93% dei pazienti in terapia domiciliare durante la pandemia, con un mantenimento dell’86,6% nel periodo post-pandemico.

TELEMEDICINA: DA NECESSITÀ A RISORSA STABILE

Parallelamente alla terapia domiciliare, anche la telemedicina ha trovato spazio. Prima del 2020, il CCRMR non offriva servizi di consulto a distanza. Durante l'emergenza sanitaria il 52% dei pazienti ha usufruito di teleconsultazioni, percentuale rimasta elevata (46%) anche a emergenza finita. “La telemedicina non ha sostituito le visite in presenza, ma si è integrata come componente stabile della cura, permettendo interazioni più frequenti e flessibili tra pazienti e operatori sanitari”, si legge nello studio.

I servizi di telemedicina si sono estesi anche al supporto psicologico, per rispondere anche all'impatto emotivo che la pandemia ha avuto sulle persone con LSD, come evidenziato da altri studi citati dagli autori.

LIMITI DELLO STUDIO E PROSPETTIVE FUTURE

Gli autori riconoscono alcuni limiti dell'analisi. Per prima cosa, è uno studio monocentrico. Circa l’80% dei pazienti seguiti dal CCRMR proviene da fuori regione e ciò potrebbe aver influenzato l’elevata adesione alla telemedicina e alla terapia domiciliare.

Inoltre, lo studio si basa su dati puramente numerici e non include il punto di vista diretto dei pazienti, una lacuna che i ricercatori intendono colmare con la validazione di un questionario per misurare la qualità della ERT domiciliare e della telemedicina percepita dai pazienti, che potrà supportare studi multicentrici futuri. “Rimane incerto se i pazienti abbiano percepito positivamente questi cambiamenti e quale impatto abbiano avuto sulla loro esperienza di malattia e sulla qualità della vita”, osservano.

Un altro aspetto critico riguarda le diseguaglianze territoriali. L'accesso alla terapia domiciliare varia sensibilmente da regione a regione, rendendo necessario un impegno concreto per garantire pari opportunità a tutte le persone con malattie rare.

UNA LEZIONE DA NON DIMENTICARE

La pandemia di COVID-19 ha portato a cambiamenti potenzialmente benefici nella gestione delle LSD, tra cui il passaggio alla terapia enzimatica sostitutiva domiciliare e l'integrazione della telemedicina”, concludono gli autori. Cambiamenti che, almeno in Friuli Venezia Giulia, hanno dimostrato di essere sostenibili anche nel lungo termine.

L'auspicio è che queste innovazioni diventino parte integrante della nuova normalità, promuovendo modelli di cura più personalizzati, accessibili e sostenibili per chi convive con patologie rare. Studi multicentrici futuri e un maggiore coinvolgimento dei pazienti saranno fondamentali per consolidare questi risultati e costruire un'assistenza sanitaria sempre più a misura di persona.

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