La malattia o demenza di Alzheimer, che prende nome dal neurologo tedesco Alois Alzheimer che ne descrisse i sintomi nel 1907 per la prima volta, colpisce circa il 5% della popolazione sopra i 60 anni e si manifesta inizialmente con una progressiva amnesia, prima sulle piccole cose, fino ad arrivare a non riconoscere nemmeno i familiari e ad avere bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici. L’Alzheimer è uno stato provocato da una alterazione delle funzioni cerebrali, che comporta una serie di difficoltà per il paziente nel condurre le normali attività, in quanto colpisce sia la memoria che le funzioni cognitive, e questi si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare. Inoltre può essere causa di stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.
Il codice di esenzione della malattia di Alzheimer è 029 (Malattie croniche).

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Due studi americani confermano la possibilità di individuare la malattia anche 20 anni prima

La malattia di Alzheimer, o almeno alcune delle sue varianti, possono essere diagnosticate 15 o 20 anni prima dell’insorgenza della sintomatologia severa. Lo confermano due recenti studi statunitensi, i quali si sono concentrati uno sui cambiamenti clinici e biochimici in figli di pazienti con Alzheimer di forma autosomica dominante, e uno sulla possibilità di diagnosticare la forma della malattia associata al gene Presenilina 1, con un semplice test del DNA.

La scoperta è stata fatta dai ricercatori della Cattolica di Roma, per ora la molecola funziona sul modello animale

Roma, 15 Novembre 2012 – Ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma -Policlinico A. Gemelli insieme con colleghi dell’Università di Los Angeles (UCLA) hanno dimostrato l’efficacia di “pinzette molecolari” che potrebbero risultare importanti nella cura della malattia di Alzheimer: le pinzette “pizzicano” le proteine tossiche che si aggregano nel cervello dei pazienti e, così facendo, ne bloccano l’aggregazione, impedendo che avvelenino i neuroni. La nuova molecola anti-Alzheimer è risultata efficace in un modello animale di malattia.

Usa - Un altro piccolo passo in avanti nella ricerca sulla malattia di Alzheimer. Stavolta si tratta della scoperta di un interruttore molecolare che può essere spento per ritardare l’insorgenza dell’Alzheimer o ridurne i danni cerebrali. Si tratta dell’enzima monoacilglicerolo lipasi (MAGL), scoperto da un team della University Health Sciences Center di New Orleans (Usa), grazie a uno studio condotto sui topi.

Presso il Day Hospital di Geriatria del Policlinico universitario incontri di gruppo per il supporto ai caregivers delle persone con deterioramento cognitivo


Roma, 22 ottobre 2012 – Un servizio di sostegno e supporto psicologico per i familiari e i caregivers di persone affette da deterioramento cognitivo e malattia di Alzheimer afferenti al Day Hospital geriatrico del Centro di Medicina dell’Invecchiamento (CEMI) del Policlinico A. Gemelli. E’ il nuovo servizio attivo presso il Dipartimento di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia del Gemelli, diretto dal prof. Roberto Bernabei, in collaborazione con la Cooperativa sociale Dreams Onlus.

Si spera che le due molecole diano risultati positivi nella malattia ai primi stadi

USA - Una nuova sperimentazione sulla malattia di Alzheimer sarà coordinata dalla Washington University di St. Louis, che coordinerà un progetto mondiale sulla patologia. Saranno testati due nuovi farmaci su 160 persone che presentano una particolare mutazione genetica che rende più probabile l’insorgenza precoce della malattia.

La ‘colpa’ potrebbe essere di un enzima che ‘impazzisce’ dopo il colpo.  
Allo studio condotto negli Usa ha contributo una ricercatrice toscana

USA – La malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza degenerativa invalidante, potrebbe avere anche delle cause ‘ambientali’ identificabili in un trauma, non necessariamente gravissimo. A sostenerlo è una ricerca americana, riportata recentemente sul Journal of Neuroscience, alla quale ha partecipato la professoressa Giuseppina Tesco, di origini pratesi, oggi assistente al dipartimento di neuroscienze presso la Tufts University di Boston. E’ stata proprio lei che, basandosi su un suo precedente lavoro, ha guidato il team che per primo ha effettuato studi in vivo per determinare la relazione esistente tra un singolo evento di TBI e l’alterazione cerebrale permanente.

La regione Umbria discrimina l’erogazione della quota sanitaria in base alla asl di appartenenza

“Guardare” in faccia la malattia e provare a mettersi nei panni di quanti soffrono del morbo di Alzheimer. È questo il messaggio che l’Associazione Alzheimer Orvieto, durante il mese di settembre, da quest’anno dichiarato mese mondiale dell’Alzheimer, ed in occasione della XIX giornata mondiale dedicata a questa patologia – svoltasi il  21 settembre 2012 -  ha lanciare attraverso un video dal titolo “Così si sente una persona malata di Alzheimer”.

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