HIV sta per Virus da Immunodeficienza Umana, ed è l’agente eziologico dell’AIDS. Il virus distrugge le cellule del sangue che sono indispensabili per il corretto funzionamento del sistema immunitario, la cui funzione è di difendere l’organismo dalle malattie. AIDS è invece l’acronimo di Sindrome da Immunodeficienza Acquisita e si manifesta quando il sistema immunitario è talmente indebolito dall’HIV che l’individuo è soggetto a un gran numero di malattie o infezioni, denominate “opportunistiche”. I primi casi di malattia furono riportati nel 1981, l’anno successivo vennero stabilite le modalità di trasmissione e nell’85 entrò in commercio il Test HIV per scoprire il virus nel sangue, poi sostituito da uno più rapido nel 1991. Nei primi anni non esistevano terapie, poi, col tempo, le cose sono molto cambiate: le terapie sono nate e si sono evolute, tuttavia non esiste ancora né un vaccino per evitare il contagio né una cura per eliminare del tutto il virus.
Il codice di esenzione dell'infezione da HIV è 020 (Malattie croniche).

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Sulla rivista scientifica "New England Journal of Medicine" è stato recentemente riportato il caso clinico di una neonata infetta da HIV che, dopo essere stata sottoposta subito dopo la nascita a terapia antiretrovirale (ART), a 30 mesi d'età non ha più mostrato segni di presenza rilevabile del virus, nonostante avesse interrotto la cura 12 mesi prima.

Dieci nuove diagnosi d’infezione da HIV al giorno - soprattutto attribuibili a rapporti sessuali non protetti - diagnosi sempre più tardive e aumento delle persone inconsapevoli di aver contratto il virus. L’HIV continua ad essere un grave problema di salute pubblica e la gestione delle persone che convivono con questa malattia richiede competenze altamente specializzate.
In occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS, SIMIT presenta due nuovi progetti, sostenuti da AbbVie, per migliorare la qualità dell’assistenza e ottimizzare le risorse disponibili: 'HIV Patient’s  Journey' e 'WIN, Women Infectivology Network'.

Secondo i dati presentati alla XIV European AIDS Conference di Bruxelles, in Europa il numero di individui che sono stati infettati da un ceppo farmacoresistente di HIV sarebbe aumentato, dal 2003 ad oggi, di circa il 35%.
L’insorgenza di una farmacoresistenza trasmessa è causa di complicazioni nella terapia antiretrovirale, a cui i pazienti vengono sottoposti.
Inoltre, come riportato da Pharmastar, sebbene la European AIDS Clinical Society e molte linee guida nazionali raccomandino un test di farmacoresistenza prima di iniziare la terapia antiretrovirale, il test non viene sempre eseguito.

Secondo uno studio discusso in occasione della 53° “Interscience Conference on Antimicrobial Agents and Chemotherapy”, e riportato da Pharmastar, le terapie antiretrovirali (ART) basate sul farmaco raltegravir, applicate alle donne in gravidanza sieropositive al virus HIV, sarebbero sicure ed efficaci per abbattere la carica virale e ridurre quanto più possibile la trasmissione verticale.
Le terapie antiretrovirali sono necessarie alle donne in gravidanza che scoprono di essere state infettate dal virus HIV. Il problema che immediatamente si pone, però, è che alcuni farmaci, soprattutto se assunti nei primi 3 mesi di gravidanza, possono avere pesanti effetti collaterali e creare persino danni e malformazioni al feto.

Il consumo di alcolici peggiora ulteriormente la situazione

Secondo uno studio pubblicato dai ricercatori del  National Institutes of Heath più del 65 % dei giovani con infezione da HIV soffrirebbe di una disabilità da lieve a moderata nelle abilità motorie, nella memoria e in altre abilità cognitive.
Gli autori dello studio hanno sottolineato come questi risultati dimostrino la necessità per questi pazienti di ricevere cure mediche non appena sia stata loro diagnostica l’infezione virale.

Lo Studio pilota ATLAS condotto da infettivologi dell’Università Cattolica di Roma mostra la possibilità in casi selezionati di ridurre la terapia a soli due farmaci, migliorando la qualità di vita dei pazienti

Roma, 30 luglio 2013 - Grazie ai miglioramenti della terapia anti-HIV diventa sempre più frequente la possibilità di semplificare in un numero crescente di soggetti questa terapia riducendo il numero di farmaci da somministrare. È quanto dimostra lo studio pilota ATLAS condotto dai ricercatori Andrea De Luca, Simona Di Giambenedetto e Roberto Cauda dell’Istituto di Clinica di Malattie Infettive dell’Università Cattolica – Policlinico A. Gemelli di Roma.
Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Journal of Antimicrobial Chemotherapy”.
I pazienti sono stati trattati con due soli farmaci attivi un inibitore delle proteasi virali (atazanavir) e un inibitore della trascrittasi inversa (lamivudina).

Il nuovo ‘cocktail’ di farmaci  ha funzionato sulle scimmie e dal 2014 verrà sperimentato sull’uomo
Se funzionasse milioni di persone sarebbero libere dall’assunzione a vita di farmaci

Roma – Fino a una decina d’anni fa sviluppare l’AIDS era una condanna a morte e  l’essere affetti da HIV significava comunque prendere moltissimi farmaci e per tutta la vita per tenere il virus sotto controllo. Oggi la situazione è cambiata,  le terapie sono migliori, il numero di somministrazioni di farmaci giornaliere drasticamente sceso e, soprattutto, la scienza punta ormai dritta a una cura che sia in grado di indurre una remissione totale della malattia.  E’ il sogno di molti, che però adesso, grazie ad una ricerca pubblicata su Retrovirology, sembra aver compiuto un importante passo avanti nella direzione giusta. Un passo che vede i ricercatori italiani in prima fila.

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