Le malattie croniche sono patologie che presentano sintomi costanti nel tempo e per le quali le terapie non sono quasi mai risolutive.
L'incidenza di queste patologie, che possono essere di origini molto diverse, è molto alta. Le malattie croniche rappresentano circa l'80 per cento del carico di malattia dei sistemi sanitari nazionali europei.

Cambridge, Mass. – Sanofi Genzyme, la divisione di Sanofi specializzata in numerose aree terapeutiche tra cui le malattie rare e la sclerosi multipla, annuncia che saranno presentati al 68° meeting annuale della American Academy of Neurology (AAN), nuovi risultati sull’atrofia cerebrale emersi da un trial clinico in corso con alemtuzumab. Saranno anche resi noti nuovi dati di uno studio esplorativo che dimostrano l’impatto di alemtuzumab sulle fibre nervose retiniche.

Barcellona – Nei prossimi mesi, i pazienti europei con infezione da virus dell’epatite C, genotipo 1 e 4, potrebbero avere a disposizione una nuova opzione terapeutica: Zepatier™, sviluppato da MSD, che dopo essere stato approvato negli Stati Uniti e in Canada, è in attesa di ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte dell’Unione Europea.

Si è tenuto sabato 16 aprile 2016 a Parma, presso l’Auditorium Verdi dell’Hotel Parma &Congressi, il Convegno dal titolo “1996 – 2016 - 20 anni di impegno per far luce sul Diabete Giovanile”. Un’occasione straordinaria per ricordare l’impegno che AGD Italia ha profuso nei suoi “primi 20 anni” di attività per la tutela dei diritti dei bambini con diabete e delle loro famiglie. Il Coordinamento, accreditato presso il Ministero della Salute, è costituito ad oggi da 41 Associazioni appartenenti a 17 regioni che coprono l’80% del Territorio nazionale.

 

La terapia continua a dimostrare benefici superiori rispetto ai comparatori, sia sull'attività che sulla progressione della malattia

MONZA – Roche ha presentato una nuova serie di dati ottenuti da tre studi clinici di Fase III sul farmaco sperimentale ocrelizumab, sviluppato per il trattamento della sclerosi multipla (SM). Le analisi relative ai risultati di questi studi verranno illustrate in occasione del 68° convegno annuale dell'American Academy of Neurology (AAN), in corso a Vancouver (Canada) dal 15 al 21 aprile, ed evidenziano la superiore efficacia di ocrelizumab in confronto ad interferone beta-1a nella sclerosi multipla recidivante-remittente (SM-RR), e rispetto a placebo nella sclerosi multipla primariamente progressiva (SM-PP).

Lunedì 11 aprile 2016 in tutti i paesi del mondo si celebra la Giornata Mondiale del Parkinson, un'occasione per riflettere e sensibilizzare sui questa malattia e sulle implicazioni che questa porta, non soltanto per chi ne è affetto, ma anche per i suoi cari e coloro che lo assistono. Solo nei paesi dell'Unione Europea, si stima che siano oltre 1.2 milioni le persone che fanno i conti quotidianamente con questo morbo.

La scarsa aderenza al trattamento rappresenta un aspetto cruciale della gestione della sclerosi multipla, perché provoca conseguenze molto importanti e porta ad un aumentato tasso di recidive, oltre che ad un incremento del rischio di ricoveri, con un maggiore utilizzo delle risorse sanitarie (Lugaresi et al. 2014). Infatti, sebbene i più comuni farmaci modificanti la malattia  si siano dimostrati efficaci, sicuri e tollerabili, il successo terapeutico è imprescindibile dall'aderenza del paziente nel lungo termine. Spesso la scarsa aderenza è dovuta alla dimenticanza, che in alcuni casi può essere causata da danno cognitivo, ma è la riduzione delle capacità motorie fini legata alla progressione della malattia ad essere uno dei fattori che può complicare l'auto-iniezione del farmaco e favorire la non-aderenza. Altri motivi comuni di scarsa aderenza possono essere l'ansia e la stanchezza legate all'iniezione, l'insufficiente efficacia, la depressione, le reazioni al sito d'iniezione, i sintomi simil-influenzali (Weller et al. 2015)

I pazienti affetti da sclerosi multipla (SM) con un uso più prolungato e continuo di natalizumab avrebbero un minor numero di ricadute e rimarrebbero stabili nella loro stato di disabilità. Inoltre, non si rileverebbe alcuna differenza di accumulo di carico di lesioni o di sviluppo di atrofia cerebrale in relazione alla durata dell'uso natalizumab. Lo sostiene un nuovo studio prospettico della durata di 5 anni - pubblicato online sull’European Journal of Neurology - in linea con precedenti rapporti.

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