Neuropatia ottica ereditaria di Leber, sordità

Un raro caso clinico documentato contribuisce ad ampliare la comprensione di questa patologia mitocondriale

Nel mondo delle malattie rare, la neuropatia ottica ereditaria di Leber – anche conosciuta con l’acronimo LHON (Leber’s Hereditary Optic Neuropathy) – è nota per la sua associazione con gravi disturbi della vista. Si tratta di una patologia mitocondriale che colpisce prevalentemente giovani adulti di sesso maschile (circa l’80%), causando una perdita visiva bilaterale acuta o subacuta. Tuttavia, un recente caso clinico pubblicato su Ear, Nose & Throat Journal suggerisce un possibile legame finora poco esplorato: quello tra LHON e sordità neurosensoriale.

L’osservazione riguarda un paziente portatore della mutazione mitocondriale m.11778G>A, che presentava anche una sordità bilaterale ad alta frequenza sin dalla nascita. Questo accostamento inedito apre nuovi scenari per la comprensione e la gestione della malattia.

LA NEUROPATIA OTTICA EREDITARIA DI LEBER: QUADRO CLINICO E GENETICO

La LHON è una malattia genetica rara causata da mutazioni nel DNA mitocondriale. Nel caso studiato, la mutazione m.11778G>A rappresenta la variante più comune, associata a un quadro clinico spesso più severo. Secondo quanto riportato nello studio, circa l’80% dei pazienti affetti da LOHN sono di sesso maschile, dato che conferma il profilo epidemiologico noto della patologia.

Dal punto di vista clinico, la malattia si manifesta con una perdita visiva bilaterale, spesso improvvisa, dovuta alla degenerazione delle cellule gangliari del nervo ottico. Si legge nello studio che la patogenesi è attribuita alla compromissione della funzione mitocondriale, che priva queste cellule dell’energia necessaria al loro funzionamento, portandole all’apoptosi. 

IL CASO CLINICO E LA SORDITÀ NEUROSENSORIALE

Il paziente descritto nello studio presentava, fin dalla nascita, una sordità neurosensoriale bilaterale lieve-moderata, che interessava soprattutto le alte frequenze. Le indagini genetiche condotte per escludere altre cause di sordità non sindromica non hanno evidenziato mutazioni patogenetiche; inoltre, gli esami infettivi e le risonanze magnetiche cerebrali non hanno mostrato anomalie rilevanti.

La diagnosi di LHON, confermata con l’identificazione della mutazione m.11778G>A, unitamente all’assenza di altre cause per la perdita uditiva, ha portato gli autori a ipotizzare che la sordità fosse una manifestazione clinica associata alla neuropatia ottica, suggerendo così un coinvolgimento multisensoriale della malattia.

MECCANISMI PATOGENETICI DELLA SORDITÀ ASSOCIATA A LHON

Le cellule ciliate dell’orecchio interno, in particolare quelle presenti nella coclea, svolgono un ruolo essenziale nella trasduzione del suono in impulsi nervosi. Per funzionare correttamente, queste cellule richiedono un'elevata disponibilità di energia, fornita dai mitocondri. Secondo quanto riportato nello studio, la mutazione m.11778G>A, nota per compromettere la funzione mitocondriale nel nervo ottico, potrebbe avere effetti simili anche a livello cocleare.

Si legge nello studio che questa ipotesi patogenetica offre una possibile spiegazione per la sordità osservata nel paziente e suggerisce che, in presenza della mutazione m.11778G>A, la neuropatia ottica ereditaria di Leber possa talvolta presentare un coinvolgimento uditivo, espandendo così il quadro clinico della malattia oltre il dominio visivo.

IMPLICAZIONI DIAGNOSTICHE E DI GESTIONE

La descrizione di questa associazione clinica richiama l’attenzione su una possibile sottovalutazione delle manifestazioni uditive nei pazienti con LOHN. Lo studio sottolinea l’importanza di una valutazione audiologica precoce e sistematica, anche in assenza di sintomi evidenti, per identificare tempestivamente eventuali deficit e intervenire con dispositivi di amplificazione uditiva o strategie riabilitative.

Allo stesso modo, si osserva nello studio che nei pazienti con sordità neurosensoriale bilaterale inspiegata – soprattutto se in presenza di familiarità per disturbi visivi – può essere utile includere, nell’iter diagnostico, test genetici per le mutazioni mitocondriali, con particolare attenzione alla m.11778G>A.

Per quanto riguarda il trattamento della LOHN, le opzioni farmacologiche rimangono limitate: l’idebenone rappresenta l’unica molecola oggi disponibile, con potenziale effetto nel rallentare la progressione della perdita visiva in alcuni pazienti. Al contrario, la gestione della sordità può offrire margini terapeutici più ampi, purché venga riconosciuta e affrontata in tempi utili.

PROSPETTIVE DI RICERCA

Lo studio conclude sottolineando la necessità di ulteriori ricerche per verificare quanto sia effettivamente frequente l’associazione tra LOHN e sordità neurosensoriale. Studi prospettici più ampi potrebbero contribuire a identificare altri pazienti con una manifestazione simile, fornendo così basi per eventuali revisioni dei criteri diagnostici e dei protocolli di monitoraggio.

Inoltre, un approfondimento sui meccanismi molecolari coinvolti potrebbe chiarire in che misura la disfunzione mitocondriale incida anche sull’apparato uditivo, aprendo la strada a trattamenti più mirati.

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