Luigi Reale (ISTUD): “La nostra ricerca evidenzia che nella metà delle persone la malattia ha avuto un impatto negativo sullo studio e sul lavoro, con pesanti perdite economiche”
MILANO – Un costante senso di angoscia per il rischio di possibili emorragie e tante limitazioni, spesso autoimposte, nelle attività quotidiane. È la fotografia che emerge da una ricerca sulla vita dei pazienti con piastrinopenia immune, una rara malattia cronica caratterizzata da una carenza di piastrine nel sangue. Il progetto, realizzato dalla Fondazione ISTUD e dall'Associazione Italiana Porpora Immune Trombocitopenica (AIPIT) con il sostegno di Novartis, ha raccolto le testimonianze di 164 adulti e di 53 genitori di pazienti pediatrici.
LA RICERCA. Un lavoro svolto fra settembre e dicembre 2016, grazie al coinvolgimento di 12 centri ematologici e 10 ematologie pediatriche. A coordinarlo è stato Luigi Reale, responsabile dei progetti di ricerca dell'Area Sanità e Salute della Fondazione ISTUD. “L'obiettivo del nostro studio era dar voce alle persone che vivono con questa patologia, ancora poco conosciuta”, ha spiegato. “Un'operazione d'ascolto che ci ha stupito per l'importante numero di adesioni ricevute, se consideriamo che si tratta di una malattia molto rara: è il segnale di un grande bisogno di lasciare la propria testimonianza”.
LO STUDIO E IL LAVORO. In seguito alla diagnosi, certamente la vita è cambiata per tutti. Ma per un paziente su due (il 49%) la malattia ha avuto un impatto negativo anche sulle attività di lavoro o di studio. Il 58% delle persone, quando si è ammalato, era in età produttiva, e ciò ha avuto un effetto importante: il 53% ha dovuto ridurre le attività e l'11% è passato ad un part-time; inoltre, in media per 6,8 giorni al mese, le persone con piastrinopenia immune sentono di non dare il meglio nel lavoro. “Il contraccolpo – sottolinea Luigi Reale – è anche a livello economico: considerando i costi da mancato guadagno, quelli dovuti agli spostamenti verso il centro di cura, i farmaci e le visite non rimborsabili, l'impatto economico della piastrinopenia immune è pari a 13.050 euro annui, 1.087 al mese”.
LE LIMITAZIONI. La malattia incide “abbastanza”, “molto” o “moltissimo” (in totale il 56%) anche sulle attività di movimento e lo sport, e quasi la stessa percentuale, il 55%, viene segnalata da chi ama viaggiare. Infatti, le rinunce sono numerose: il 26% ha nettamente diminuito o cessato lo svolgimento di attività sportive e viaggi. Le motivazioni sono l'ansia e la paura di procurarsi o di mostrare lividi, ecchimosi, complicazioni, oppure di trovarsi lontano da un centro di riferimento per la patologia: autolimitazioni che pesano e influenzano la quotidianità. Dalle narrazioni emergono tuttavia anche casi di persone che non cedono ai condizionamenti e che decidono di viaggiare e muoversi grazie al sostegno e all'aiuto di familiari o di amici.
L'IMPATTO SUI BAMBINI. Le rinunce – come raccontano i genitori – pesano ancora di più quando a doverle affrontare è un bambino (l'età media dei minori al momento della realizzazione della ricerca era di 11 anni). Nel 36% dei casi la malattia ha avuto un impatto sullo studio e nel 63% dei casi sulla possibilità di giocare liberamente. Limitati anche lo sport e le attività di movimento (70%), mentre il 31% ha dovuto rinunciarvi del tutto. Un sacrificio importante, spesso dettato – come ammettono le mamme intervistate – dalla paura che i figli possano farsi del male: l’imprevedibilità è infatti la caratteristica della malattia più sofferta da parte dei genitori. Tuttavia, alcuni di loro vogliono che il figlio non rinunci allo sport o alle gite e, con lungimiranza, eseguono un trattamento preventivo.
IL GIUDIZIO SUI TRATTAMENTI. La ricerca ha tenuto conto anche del giudizio dei pazienti riguardo alle terapie seguite: cortisonici, immunoglobuline, agonisti del recettore TPO-mimetico e anticorpi monoclonali per infusione. Il farmaco che ha ricevuto la valutazione più sfavorevole è stato il cortisone, negativo per il 44% e positivo per il 38%, mentre il 18% non si sbilancia. Certamente si tratta di un farmaco che ha degli effetti benefici, ma i suoi effetti collaterali sono stati giudicati dal 31% dei pazienti “estremamente rilevanti”, dal 19% “molto rilevanti” e dal 25% “abbastanza rilevanti”. “L'aumento di peso, il gonfiore e i problemi di sonno, infatti, hanno delle ripercussioni anche psicologiche: in alcune narrazioni le persone raccontano di aver perso la loro identità corporea. Nell'adolescenza, invece, alcuni genitori hanno riferito le esperienze dei figli che sono stati presi in giro dai compagni di scuola”, afferma Reale.
La terapia valutata più favorevolmente è quella con gli agonisti del recettore TPO-mimetico (67%), a seguire le immunoglobuline con il 62% e gli anticorpi monoclonali con il 58%. Un paziente su tre (il 30% degli adulti) si è sottoposto in passato a una splenectomia, l'asportazione della milza. Mediamente, l’operazione è stata effettuata 10 anni fa e la quasi totalità, l'89%, non ha avuto complicanze.
LE CONCLUSIONI. “Lo studio di medicina narrativa ha fatto luce sulle numerose difficoltà e limitazioni a cui vanno incontro le persone con piastrinopenia immune e ha permesso di quantificare l’impatto economico e di qualità di vita di chi è affetto da questa malattia”, prosegue Luigi Reale. “Il nostro auspicio è che le narrazioni raccolte (disponibili a questo link) possano contribuire non soltanto a far comprendere il fenomeno e lo stato di angoscia frequentemente vissuto dalle persone affette, ma essere uno stimolo per pensare a forme di sostegno rivolte al nucleo paziente-famiglia, affinché si riducano le rinunce, si impari a gestire meglio l’ansia, diminuisca la 'dipendenza' da esami dell’emocromo e ci siano meno autolimitazioni”, conclude Reale. “Esistono terapie in grado di gestire la malattia, e le narrazioni ci suggeriscono delle strategie da poter mettere in atto per affrontarla ancora meglio”.
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