Un team statunitense ha fornito dati importanti, a 5 anni dal trattamento
Per i pazienti affetti da porpora trombocitopenica immune cronica il trattamento con rituximab può rappresentare una risposta terapeutica efficace e duratura.
Così afferma lo studio recentemente pubblicato su Blood, rivista dell'American Society of Hematology.
La porpora trombocitopenica immune (o trombocitopenia immune, ITP) è una malattia autoimmune della coagulazione, caratterizzata da trombocitopenia isolata, in assenza di altre patologie associate. L'incidenza annuale negli adulti è stimata tra 1/62.500 e 1/25.600, con un rapporto femmina-maschio di 1,3:1.
Lo studio appena pubblicato, coordinato dal dott. Patel, ha analizzato le condizioni dei pazienti fino a 5 anni dalla somministrazione del trattamento con rituximab, identificato 10 anni fa come terapia alternativa per i pazienti con la malattia in forma cronica, già trattati con altri metodi ma senza successo. Le opzioni terapeutiche più comuni utilizzate per aumentare la conta piastrinica in questa patologica comprendono il trattamento con corticosteroidi, la splenectomia e i farmaci trombopoietinomimetici, tutti associati a effetti collaterali piuttosto gravosi.
Rituximab, un anticorpo monoclonale, agisce in modo specifico sui linfociti B legandosi alla proteina CD20 con una bassa tossicità e un minor rischio di infezione rispetto agli altri trattamenti. Già in precedenza il trattamento con questo farmaco aveva condotto alcuni pazienti alla normalizzazione della conta piastrinica per più di un anno, ora ci sono a disposizione dei dati sulla sicurezza e l'efficacia sul lungo periodo.
Il team di Patel, del Weill Cornell Medical College di New York, ha infatti riesaminato i 18 studi clinici precedentemente realizzati in sette centri clinici europei e statunitensi.
Gli autori hanno calcolato tassi di risposta a 5 anni del 26 per cento per i bambini e del 21 per cento per gli adulti. Analizzando la relazione tra altre variabili cliniche e la risposta al rituximab, non hanno riscontrato alcuna differenza negli outcome stimati a 5 anni nei pazienti (sia bambini sia adulti) già sottoposti a una splenectomia rispetto a quelli con l’organo conservato; nemmeno l’età, il sesso, la durata della malattia e la risposta al trattamento precedente sono risultati predittivi della durata della risposta a rituximab.
Non sono infine emerse problematiche di tossicità correlate al trattamento.
Seguici sui Social