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L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una malattia neuromuscolare rara caratterizzata dalla perdita dei motoneuroni, ovvero quei neuroni che trasportano i segnali dal sistema nervoso centrale ai muscoli, controllandone il movimento. Di conseguenza, la patologia provoca debolezza e atrofia muscolare progressiva, che interessa, in particolar modo, gli arti inferiori e i muscoli respiratori. La SMA ha un’incidenza di circa 1 paziente su 10mila nati vivi. Nel 95% dei casi, la patologia è causata da specifiche mutazioni nel gene SMN1, che codifica per la proteina SMN (Survival Motor Neuron), essenziale per la sopravvivenza e il normale funzionamento dei motoneuroni. I pazienti affetti da SMA hanno un numero variabile di copie di un secondo gene, SMN2, che codifica per una forma accorciata della proteina SMN, dotata di una funzionalità ridotta rispetto alla proteina SMN completa (quella codificata dal gene SMN1 sano). Il numero di copie del gene SMN2 è quindi alla base della grande variabilità della patologia, con forme più o meno gravi e un ventaglio sintomatico molto ampio.

Il codice di esenzione dell'atrofia muscolare spinale è RFG050 (afferisce al gruppo "Atrofie muscolari spinali").

Sulla base dell'età d'esordio della malattia e della gravità dei sintomi, sono state distinte quattro diverse varianti di atrofia muscolare spinale. I pazienti con SMA di tipo 1 (SMA1), la forma più grave di SMA, producono pochissima proteina SMN. In questo caso, la patologia esordisce prima dei 6 mesi d'età, compromette l'acquisizione delle capacità motorie, la respirazione e la deglutizione, e i bambini che ne sono affetti non sono in grado di vivere oltre i 2 anni senza supporto respiratorio. I pazienti con SMA di tipo 2 e di tipo 3 presentano, generalmente, un maggior numero di copie del gene SMN2, producono maggiori quantità di SMN e quindi presentano varianti meno severe della condizione. L'esordio della SMA2 avviene, indicativamente, tra i 6 e i 18 mesi di vita, mentre la SMA3 compare dopo i 12 mesi di vita (solitamente tra l'infanzia e l'adolescenza). La SMA di tipo 4 (SMA4), infine, esordisce in età adulta e rappresenta, in assoluto, la forma meno grave di atrofia muscolare spinale.

La diagnosi di SMA si basa sulla storia e sull'esame clinico dei pazienti, e può essere confermata da appositi test genetici. Possono essere utili l'elettromiografia e la biopsia muscolare. La diagnosi differenziale si pone con la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), le distrofie muscolari congenite, le miopatie congenite, la sclerosi laterale primitiva, la miastenia gravis e le malattie del metabolismo dei carboidrati. La diagnosi prenatale può essere effettuata con l'analisi molecolare sugli amniociti o sui villi coriali. La consulenza genetica dovrebbe essere offerta ai pazienti e ai loro familiari.

Fino a poco tempo fa, il trattamento della SMA era esclusivamente sintomatico, basato su approcci multidisciplinari e finalizzato a migliorare la qualità di vita dei pazienti. Oggi, invece, sono state approvate tre terapie specifiche per questa malattia: l’oligonucleotide antisenso nusinersen e il farmaco orale risdiplam, progettati per agire sul gene SMN2 e permettere la produzione di una proteina SMN funzionale, e la terapia genica onasemnogene abeparvovec, concepita per fornire all’organismo una versione sana del gene SMN1.

Per i pazienti italiani con atrofia muscolare spinale sono attive le associazione Famiglie SMA e ASAMSI.

Fonte principale:
- Orphanet

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A illustrare la nuova importante iniziativa di Famiglie SMA è lo psicologo e psicoterapeuta Jacopo Casiraghi

Il momento della comunicazione diagnostica di una patologia grave come la SMA (atrofia muscolare spinale) si può paragonare a un naufragio: poche frasi sono in grado di cambiare la vita di una famiglia, le aspettative, i desideri e la semplice organizzazione quotidiana”. Inizia così l’intervento di Jacopo Casiraghi in occasione del webinar dello scorso 29 settembre, dal titolo “Atrofia muscolare spinale: storia clinica e rivoluzione terapeutica”, organizzato da OMaR in collaborazione con l’associazione Famiglie SMA e con il contributo non condizionato di Novartis Gene Therapies.

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L’iniziativa di Biogen e Casa Surace vuole sensibilizzare sull’esordio in età adulta della malattia

Milano – Informare le persone su una malattia genetica rara è tanto necessario quanto difficile, specie quando i sintomi di una malattia trasmessa geneticamente possono anche esordire in età adulta. È il caso dell’atrofia muscolare spinale (SMA), patologia che impatta sulla muscolatura volontaria della persona colpita, compromettendone lo sviluppo e le capacità motorie.

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Per ottenere il massimo dei benefici occorre iniziare la terapia quando non ci sono ancora sintomi

“Ogni minuto senza diagnosi è un minuto perso per la vita di un bambino affetto da atrofia muscolare spinale (SMA). Il ritardo diagnostico, infatti, è una delle problematiche maggiori per il trattamento di questa grave patologia”, ci tiene a precisare Giuseppe Vita, professore ordinario di Neurologia presso l’Università degli Studi di Messina e Direttore della UOC di Neurologia e Malattie Neuromuscolari, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina. Il suo intervento sull’importanza dello screening neonatale per la SMA si è inserito nel webinar “Atrofia muscolare spinale: storia clinica e rivoluzione terapeutica”, organizzato dall’associazione Famiglie SMA, in collaborazione con Osservatorio Malattie Rare e con il contributo non condizionato di Novartis Gene Therapies.

Neonato

L’AIFA ha approvato l’accesso anticipato al trattamento, che sarà erogato a totale carico del SSN per i bambini entro i 6 mesi d’età

La terapia genica per l’atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA1) è da oggi una possibilità concreta per i piccoli pazienti italiani. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha infatti inserito Zolgensma (onasemnogene abeparvovec), la prima terapia genica per l’atrofia muscolare spinale (SMA), nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi della Legge del 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento entro i primi sei mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica (mutazione bi-allelica nel gene SMN1 e fino a 2 copie del gene SMN2) o diagnosi clinica di SMA di tipo 1.

Ribosomi

Lo studio internazionale è stato guidato da CNR e Università di Trento

È stato definito un nuovo ‘tallone d’Achille’ dell’atrofia muscolare spinale, meglio nota come SMA, prima causa di mortalità infantile tra le patologie genetiche: la recente ricerca pubblicata su Nature Cell Biology aggiunge un importante tassello per la comprensione – e quindi la possibile cura – della malattia, causata dalla mutazione del gene SMN1 e dalla conseguente carenza di una proteina nota come Survival Motor Neuron (SMN). La SMA, nella sua forma più grave, provoca una debolezza muscolare incompatibile con la vita.

SMAspace

Protagonisti del terzo e ultimo appuntamento SMAspace: Jacopo Casiraghi, Roberta Villa e Michela Giraud come ospite speciale

Roma – Si conclude venerdì 20 novembre, alle ore 16:30, il ciclo di appuntamenti iniziato a giugno con #SMAspace, la piazza virtuale dedicata al mondo della SMA. Acronimo di atrofia muscolare spinale, il termine SMA definisce una malattia degenerativa rara – prima causa di morte genetica infantile – che progressivamente indebolisce le capacità motorie e colpisce soprattutto in età pediatrica (in Italia 1 bambino su 6mila). Il progetto – che nel nome volutamente richiama uno dei primi e più popolari social network – è promosso da Osservatorio Malattie Rare (OMaR) e l’associazione Famiglie SMA, con il contributo non condizionato di Roche.

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Il prof. Eugenio Mercuri (Roma) illustra le più importanti novità nel trattamento della patologia

Negli ultimi due anni c’è stata una vera e propria rivoluzione nel campo dell’atrofia muscolare spinale (SMA)” afferma, senza mezzi termini, Eugenio Maria Mercuri, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. “Rispetto al passato stiamo assistendo all’arrivo di nuove opzioni di trattamento che hanno dimostrato nei trial clinici di poter cambiare in maniera significativa la storia della malattia”.

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