Dopo il percorso tracciato dalla Corte costituzionale, il Senato discute il disegno di legge sul suicidio assistito
Dopo le pronunce della Corte costituzionale che hanno tracciato i confini entro cui può ritenersi lecito l’aiuto al suicidio, il Parlamento muove finalmente i primi passi verso una disciplina organica del fine vita. Di recente, infatti, ha avviato l’esame del nuovo disegno di legge che propone di regolamentare il suicidio medicalmente assistito, offrendo un percorso legale e controllato per chi, in condizioni di sofferenza estrema e irreversibile, desidera porre fine alla propria vita.
A tal fine, le Commissioni Giustizia e Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato, riunite, hanno proceduto all’adozione di un testo unificato, elaborato a partire da sei disegni di legge precedentemente depositati (n. 65 presentato dal Sen. Parrini, n. 104 presentato dal Sen. Bazoli, n. 124 presentato dalla Sen. Pirro, n. 570 presentato dal Sen. De Cristofaro, n. 1083 presentato dal Sen. Paroli, n. 1408 presentato dalla Sen. Gelmini), con l’obiettivo di giungere a una disciplina condivisa su un tema eticamente sensibile e giuridicamente complesso.
L’INVIOLABILITÀ DEL DIRITTO ALLA VITA E LA CAUSA DI NON PUNIBILITÀ
Il testo unificato si apre, all’articolo 1, riaffermando il principio dell’inviolabilità e dell’indisponibilità del diritto alla vita, considerato presupposto fondamentale di tutti gli altri diritti riconosciuti dall’ordinamento. In ragione di ciò, devono ritenersi nulli gli atti civili e amministrativi contrari alle finalità dell’articolo e non riconducibili alle tassative disposizioni previste dalla legge.
Con l’articolo 2 del testo unificato, il legislatore interviene sull’articolo 580 del Codice penale, introducendo una causa di non punibilità per chi agevola il suicidio di una persona in determinate e rigorose condizioni. La norma si riferisce esclusivamente a soggetti maggiorenni, capaci di intendere e di volere, affetti da una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, e tenuti in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali. Inoltre, la volontà di porre fine alla propria vita deve essere frutto di una decisione libera, autonoma e consapevole, e verificata da un apposito Comitato nazionale di valutazione. In questo modo, il testo recepisce i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 242 del 2019, aprendo alla possibilità di un aiuto al suicidio legalmente non punibile in casi estremi e controllati.
ACCESSO ALLE CURE PALLIATIVE E ALLA TERAPIA DEL DOLORE
L’articolo 3 del testo unificato intende introdurre modifiche alla legge n. 38 del 2010, “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, con l’obiettivo di rafforzare il diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore. In particolare, si mira a garantire a ogni cittadino, su tutto il territorio nazionale, un accesso equo, uniforme ed efficace a tali prestazioni, considerate una condizione imprescindibile per consentire scelte pienamente informate e consapevoli sul fine vita.
Per il raggiungimento di questo obiettivo, viene istituito presso AGENAS (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) un Osservatorio incaricato di monitorare annualmente lo stato di attuazione dei piani regionali e di segnalare eventuali inadempienze al Governo e al Parlamento. In caso di mancata presentazione dei piani regionali o di obiettivi non raggiunti, sono previsti interventi da parte del Governo attraverso la nomina di un commissario ad acta. Le nuove disposizioni mirano così a ridurre le disuguaglianze tra territori, assicurando un accesso equo, tempestivo e continuo alle cure palliative, inclusi gli interventi pediatrici e domiciliari, senza comportare ulteriori costi per la finanza pubblica.
IL COMITATO NAZIONALE DI VALUTAZIONE
Infine, l’articolo 4 del testo unificato propone di modificare anche la legge 23 dicembre 1978, n. 833 – che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale – per introdurre il Comitato nazionale di valutazione, un organo incaricato di esprimere un parere obbligatorio sulla presenza dei requisiti necessari per escludere la punibilità prevista dall’articolo 580, terzo comma, del Codice penale.
Il Comitato è composto da sette esperti tra giuristi, medici specialisti, bioeticisti, psicologi e infermieri, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. La richiesta di accertamento può essere avanzata dall’interessato e il Comitato si pronuncia entro i tempi stabiliti dal testo stesso, avvalendosi anche di pareri medici specialistici non vincolanti – e del parere del Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali per le sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano e sui dispositivi medici ove la richiesta preveda modalità di esecuzione comportanti l'assunzione di farmaci off label.
Il parere del Comitato viene successivamente valutato dall’autorità giudiziaria ai fini della non punibilità. Inoltre, qualora la richiesta venga respinta, è possibile ripresentarla, ma solamente dopo un intervallo di centottanta giorni.
In conclusione, fatto salvo quanto previsto in merito alle competenze attribuite al Comitato nella verifica dei requisiti, il percorso previsto dal disegno di legge si svolgerà al di fuori del Servizio Sanitario Nazionale: né le strutture pubbliche né il personale sanitario statale potranno essere coinvolti nell’esecuzione del trattamento, che dovrà quindi avvenire in ambito privato, con farmaci e assistenza non forniti dal sistema pubblico.
Questa legge rappresenta un passo importante nel dibattito sul fine vita, poiché, se approvata, risponderebbe alla sollecitazione più volte espressa dalla Corte costituzionale sulla necessità di un intervento legislativo in materia. Il dibattito è ora aperto in Parlamento e, con esso, si riaccende la riflessione collettiva, dato che la questione coinvolge non solo aspetti bioetici, ma anche ideologici legati al diritto alla vita e alla dignità della persona.
Tra le critiche mosse al testo proposto, una delle più rilevanti riguarda l’obbligo che il trattamento venga effettuato al di fuori del Servizio Sanitario Nazionale, scelta che rischia di creare una discriminazione basata sul reddito delle persone potenzialmente interessate a intraprendere questo percorso. Inoltre, la previsione di un Comitato nazionale di valutazione, seppur finalizzata a garantire maggiori tutele, potrebbe prolungare i tempi decisionali, con possibili ritardi in situazioni che richiedono invece rapidità e sensibilità.
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