La notizia è stata appena pubblicata sul Lancet, una delle più prestigiose riviste scientifiche, e certamente farà dire a tanti genitori alle prese con figli affetti da deficit di attenzione “io l’avevo detto”. Cosa? Che alcuni cibi possono peggiorare i sintomi di questa malattia. Da tempo, infatti, le osservazioni quotidiane dei genitori e anche alcune ricerche scientifiche avanzavano l’ipotesi che il consumo di cibi contenti alta percentuale di zuccheri e coloranti avessero un effetto negativo sul comportamento dei figli. Ora, una nuova ricerca condotta in Germania, sotto la guida del Dr Lidy M Pelsser dell’ADHD Research Centre di Eindhoven, ha dimostrato che questa ipotesi può essere fondata e che una particolare dieta restrittiva può avere l’effetto di ridurre i sintomi di iperattività almeno per il periodo in cui la si segue. Tuttavia i ricercatori hanno dato anche un’altra indicazione particolarmente importante: non sembrerebbero, almeno per questi casi, avere validità scientifica le diete basate sulla misurazione dell’IgG – o immunoblogluline G – conosciuto anche come test delle intolleranze alimentari.

Lo studio pubblicato sul Lancet è stato condotto su 100 bambini di età compresa tra i 4 e gli 8 anni – la maggior parte maschi -  provenienti dal Belgio e dai Paesi Bassi. I bambini sono stati divisi in due gruppi, uno seguiva una dieta sana mentre l’altro è stato sottoposto ad un regime alimentare particolarmente restrittivo che prevedeva l’assunzione esclusiva di alcuni alimenti semplici: riso, alcuni tipi di carne, verdure, pere e acqua integrati con  patate, frutta e grano per 5 settimane. Successivamente, i bambini che quelli che avevano mostrato un miglioramento almeno del 40 per cento in base alla scala di valutazione ARS, hanno proseguito per altre 4 settimane con una dieta in cui venivano aggiunti alimenti divisi in due gruppi, ad alto e basso contenuto di IgG, o immunoglobuline G, cioè degli anticorpi sintetizzati dai linfociti G.
Il risultato di questo studio è stato che nel 78 per cento di coloro che seguivano la dieta restrittiva i sintomi del disturbo sono diminuiti per il periodo di durata del particolare regime alimentare e poi hanno nuovamente ripreso a crescere, in due terzi dei casi, una volta che sono stati reintrodotti i cibi precedentemente eliminati ma questo del tutto indipendentemente dal valore IgG riscontrato nel sangue. Secondo gli autori questo significa che una dieta rigorosamente controllata può aiutare la diminuzione dei sintomi nei bambini ADHD ma che la prescrizione di diete in base ai test IgG – conosciuti più volgarmente come test per le intolleranze alimentari  - visti i risultati, dovrebbe essere scoraggiato.
Potrebbe invece essere utile – poiché non si può tenere un bambino sotto una regime alimentare così restrittivo per un lungo periodo – che dopo la prima fase vengano reintrodotti gradualmente altri cibi notando gli effetti sul comportamento e, se mai, eliminando solo quelli che sembrano peggiorare in maniera evidente la situazione. Il tutto però deve essere controllato dal pediatra di riferimento e mai fatto con metodo ‘fai da te’, pericoloso per questi bambini così come in tutti gli altri casi in cui si debba intraprendere un regime alimentare restrittivo.

 

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