Coronavirus

Un’analisi dei dati disponibili ha stimato un periodo di incubazione del virus di 5,1 giorni, supportando una quarantena di 2 settimane

Con 179.111 casi confermati e 7.426 decessi nel mondo (dati aggiornati al 17 marzo 2020 - fonte: OMS), l’infezione da SARS-CoV-2 è stata ufficialmente classificata come pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In Italia, uno dei Paesi più colpiti, i casi confermati sono 27.980, con 2.503 decessi (dati aggiornati al 17 marzo 2020 - fonte: OMS). Per questo motivo, mercoledì 11 marzo il Governo ha annunciato nuove misure per il contenimento del contagio ed emanato un Decreto per chiudere tutte le attività commerciali non essenziali fino al 25 marzo (qui un elenco delle attività consentite). I nostri ritmi rallentano, ma la ricerca sulla malattia COVID-19 non si ferma e uno studio della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health ha analizzato i dati attualmente disponibili per stimare la durata del periodo di incubazione del virus.

VI Congresso Mondiale per la Libertà della Ricerca Scientifica

Associazione Luca Coscioni: “Pandemie come quella del Coronavirus sono aggravate da scarsa accessibilità e circolazione dei dati”

Il Belgio è primo Paese al mondo per libertà di ricerca scientifica e il diritto all'autodeterminazione individuale, secondi gli USA e terza l’Olanda, seguono Canada, Sud Africa, Svezia, Cina, Australia, Spagna, India, Francia, Danimarca, Nuova Zelanda, Islanda e Grecia. L’Italia è 23esima, molto indietro rispetto ai Paesi africani. La speciale classifica - elaborata per l’Associazione Luca Coscioni dal prof. Andrea Boggio, dirigente ALC e docente della Bryan University di Boston - si basa su dati messi a disposizione da organizzazioni internazionali (come la Banca Mondiale, UNESCO, OECD e World Economic Forum) e su dati raccolti dall'Associazione stessa.

Dottoressa Antonella Paradiso

La dr.ssa Antonella Paradiso: “Al Sant'Eugenio partecipiamo ad uno studio che punta a diagnosticare la MPS I, e a breve la malattia di Fabry”

Roma – È lo specialista della complessità, il medico che spesso chiude il cerchio nei casi difficili: parliamo dell'internista, una figura cruciale anche nella diagnosi e nel trattamento delle malattie rare. A dimostrazione di ciò, la Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI) fra i suoi progetti speciali ne ha attivato uno dedicato a queste patologie: a coordinarlo sono la dr.ssa Antonella Paradiso e il prof. Antonio Luca Brucato. La FADOI – circa 3.000 iscritti – per il prossimo triennio sarà guidata dal presidente nazionale Dario Manfellotto, primario della U.O.C. di Medicina Interna e direttore del Dipartimento delle Discipline Mediche dell’Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma.

Professor Giovanni Sotgiu

Uno studio condotto su pazienti italiani rivela un’incidenza di patologia più alta di quanto finora supposto

Per conoscere davvero un fenomeno patologico non basta cercare di tracciare un elenco delle sue caratteristiche cliniche ma occorre fare anche una stima di quanto sia frequente. Due coordinate che per quanto riguarda le bronchiectasie sono sempre state piuttosto vaghe. La nascita dell’Associazione Italiana Bronchiectasie (AIB), sta contribuendo ad alzare il livello di consapevolezza su queste dilatazioni dei bronchi e sui sintomi che esse comportano. Ora, grazie al lavoro di un team di medici italiani, anche l’incidenza e la prevalenza delle bronchiectasie nella popolazione italiana cominciano a farsi più definite, e proprio da questi dati si possono trarre conclusioni importanti circa il loro impatto.

Dottoressa Francesca Becherucci

All’Ospedale Meyer di Firenze è stata studiata una metodica per distinguere le diverse malattie genetiche che possono dar luogo a tale sindrome

Il termine glomerulopatie si riferisce a una serie di patologie che compromettono la funzionalità del glomerulo, una delle componenti fondamentali del nefrone, l’unità funzionale del rene. Oltre che dalla membrana basale del glomerulo il nefrone è costituito da cellule note come podociti e dalle loro estroflessioni. Quello delle glomerulopatie è un insieme molto ampio di malattie (nel quale sono comprese anche forme ereditarie) che comportano alterazioni biochimiche e sintomi vari, quali edema (gonfiore), ascite (accumulo di liquido nell’addome) e dislipidemia (alterazione dei livelli di grassi nel sangue). In questi casi, si parla di sindromi nefrosiche, patologie che da un punto di vista clinico si presentano in maniera piuttosto simile, pur avendo cause genetiche diverse: esistono sindromi nefrosiche idiopatiche sensibili al trattamento con steroidi e altre steroido-resistenti; esistono anche forme dovute a mutazioni genetiche primitive e isolate, che determinano una disfunzione a livello dei podociti, e forme dovute a difetti genetici che sfociano in quadri sindromici complessi. Tutto ciò genera una notevole confusione, rendendo difficile risalire a una diagnosi precisa.

Dottoressa Anna Latiano

I ricercatori hanno identificato dei microRNA che potrebbero essere utili come biomarcatori o per lo sviluppo di terapie geniche

San Giovanni Rotondo (Foggia) – Un altro importante traguardo è stato raggiunto nell'ambito della ricerca sull’acalasia esofagea, una rara malattia nella quale, al momento della deglutizione, non avviene il rilascio della parte terminale dell’esofago, il cardias. Il bolo alimentare non riesce quindi a passare nello stomaco: rimane bloccato nell’esofago e il paziente ha la sensazione di non riuscire ad inghiottire (un sintomo chiamato disfagia).

Codice tridimensionale di DNA a forma di fiore

Si tratta di una conformazione simile ad un fiore, con alla base particolari strutture di DNA cruciformi. L’allarmina è la proteina che lo protegge

Grazie a un approccio sperimentale innovativo, sviluppato da un gruppo di scienziati diretto da Marco Foiani, all’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM) e all’Università degli Studi di Milano è stato identificato per la prima volta, nella sua complessità, un codice inedito del DNA: si tratta di una configurazione simile a un fiore, con alla base particolari strutture di DNA cruciformi. Inoltre, i ricercatori hanno stabilito che la proteina allarmina (chiamata anche HMGB1) stabilizza questa configurazione, e la protegge dallo stress meccanico durante la replicazione del DNA, stress che potrebbe danneggiare i cromosomi e portare all’insorgenza di tumori.

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