Secondo i risultati di uno studio pubblicati recentemente sulla rivista specializzata “Diabetes, Obesity and Metabolism”, i farmaci insulino-sensibilizzanti e, in particolare i tiazolinedioni, sarebbero associati a una riduzione significativa del rischio di tumori nelle donne affette da diabete di tipo 2 che li assumono.

Sulla rivista specializzata “The Journal of Rheumatology” sono stati pubblicati i risultati relativi alla fase di estensione dello studio PREMIER, in cui l’impiego di una terapia intensiva a base di adalimumab e metotressato per il trattamento di pazienti affetti da artrite reumatoide (RA) agli esordi, avrebbe determinato un miglior controllo clinico e funzionale della malattia rispetto a quanto osservato con l'utilizzo disgiunto dei due farmaci. Sembra inoltre che, durante i complessivi 10 anni di sperimentazione, il trattamento a lungo termine con adalimumab non abbia provocato l'insorgenza di particolari eventi avversi aggiuntivi.

Un gruppo di esperti della Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha raccomandato l’approvazione del farmaco sperimentale vedolizumab per il trattamento dei pazienti affetti da malattia di Crohn o da colite ulcerosa che siano stati precedentemente sottoposti senza successo alle terapie attualmente disponibili per le due patologie. Il profilo di efficacia e sicurezza di vedolizumab è stato dimostrato da due studi clinici recentemente pubblicati sul “New England Journal of Medicine”.

Presentato il XII Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità di Cittadinanzattiva

E' stato presentato a Roma il XII Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità, dal titolo 'Permesso di cura', presentato a Roma dal Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva, che analizza nel dettaglio i costi a carico delle famiglie in cui ci sono pazienti affetti da malattie croniche. Il responso è quantomeno drammatico: i pazienti spendono più di 1.000 euro in un anno per visite ed esami a domicilio e circa 650 euro per farmaci non rimborsati dal Servizio sanitario nazionale. Curarsi o curare un paziente malato di patologie croniche o rare, è quasi un 'lusso' che non ci si può permettere, perché molte spese sono a carico dei pazienti e molto spesso sono insostenibili.

Ancora 7000 pazienti l’anno in attesa di trapianto e stimati in circa 3 anni i tempi di attesa media. Ma ad accedere a questa metodica anche in Sicilia, in linea con il trend nazionale, è ancora solo 1 paziente su 10

Il trapianto rappresenta il trattamento preferenziale per pazienti affetti da insufficienza renale cronica, in quanto è capace di restituire una normale funzionalità renale e permettere alla maggior parte dei pazienti il ritorno a una vita socialmente produttiva, “Ma è pure vero che ogni  anno i pazienti in lista d’attesa sono circa 7.000 a fronte dei 2.000 interventi effettuati, senza contare che il tempo  medio per un trapianto è di più di tre anni. Ecco perché la dialisi dovrebbe essere sempre garantita ai pazienti e offerta con elevati standard di qualità”, ha fatto presente Valentina Paris, Presidente Aned (Associazione Nazionale Emodializzati – Dialisi e Trapianto Onlus) nell’incontro scientifico che si è tenuto ieri, 19 dicembre, a Caltanissetta: “L’insufficienza renale cronica: Governance della malattia e sostenibilità economica”, realizzato con il contributo incondizionato di Baxter.

Il disagio sociale dai noi è più forte rispetto al resto d’Europa: ecco i risultati dello studio internazionale Dawn2, che ha coinvolto più di 15 mila persone

I diabetici italiani sono depressi e discriminati, molto più dei pazienti europei. A fornire queste preoccupanti informazioni è stato lo studio internazionale internazionale DAWN2 (Diabetes attitudes wishes and needs), presentato al Censis qualche giorno fa. La ricerca ha coinvolto oltre 15mila tra malati, familiari e operatori sanitari di 17 Paesi di tutto il mondo (Algeria, Canada, Cina, Danimarca, Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Messico, Paesi Bassi, Polonia, Russia, Spagna, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti).

Milano – Pubblicati su Lancet i risultati dello studio INTERVAL. Essi dimostrano, per la prima volta per un farmaco antidiabetico, la possibilità di raggiungere obiettivi terapeutici personalizzati in termini di controllo glicemico nei pazienti anziani con diabete mellito di tipo 2.
L’aspetto importante dello studio è legato al fatto di aver introdotto un criterio personalizzato per la definizione del target glicemico, ovvero dell’emoglobina glicata (HbA1c), parametro che determina il grado di controllo della malattia. – afferma il Prof. Francesco Giorgino, Ordinario di Endocrinologia presso l’Università di Bari – Gli studi condotti fino a questo momento erano finalizzati a raggiungere livelli di emoglobina glicata omogenei e uniformi per tutti i pazienti, per esempio un livello inferiore a 7,0%, mentre in questo studio condotto in pazienti anziani il livello di HbA1c da raggiungere viene individuato in base alle caratteristiche di ogni paziente.”

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