60mila unità conservate ad uso proprio mentre tanti  malati aspettano il trapianto

Una richiesta all'Unione Europea affinchè prenda provvedimenti a favore della donazione del sangue cordonale e delle preziose staminali che contiene e limiti, o magari fermi del tutto, gli usi improbabili, che foraggiano un grande business ma non salvano vite, anzi, sottraggono possibilità di vita a chi realmente ne ha bisogno. E' questa la richiesta portata ieri dal ‘Comitato Italo – Francese per il buon uso del sangue del cordone ombelicale’ costituito da personalità del campo scientifico e di quello del volontariato dei due paesi, alla Commissione Sanità del Parlamento UE. Non si tratta di una voce isolata. Non più di un mese fa Papa Benedetto XVI aveva messo in guardia contro il 'business del cordone' e da tempo tempo la comunità scientifica italiana ed internazionale si è espressa chiaramente: intorno alla conservazione ad uso proprio delle staminali del cordone ombelicale ci sono troppi interessi, molto mercato e poca attenzione alla scienza. Non vi sono evidenze scientifiche dell’utilità della conservazione autologa delle staminali cordonali. Eppure, in 10 anni e solo nel nostro paese, sono state raccolte 60 mila unità di sangue cordonale che sono poi finite stoccate in biobanche estere. Sono ancora tutte lì, nessuno dei bambini nati attaccati a quei cordoni ne ha avuto bisogno. Continueranno a giacere inutilizzate: i genitori di quei neonati ne hanno pagato, o stanno pagando a rate, la conservazione ad uso autologo, cioè riservata esclusivamente al proprio figlio, probabilmente convinti di aver stipulato ‘un’assicurazione biologica’ contro le leucemie e molte malattie rare del sangue.


“Donare il cordone è un gesto di grandissimo valore e nessuna unità di sangue va sprecata, sia che rientri in quella percentuale ristretta che viene effettivamente bancata sia che, per la mancanza di qualche requisito, non possa essere usata per i trapianti”.
A dirlo è il dottor Marino Argiolas, direttore della Banca del Cordone di Cagliari, che ci spiega anche perché non tutto il sangue cordonale raccolto può essere conservato.
Perché solo il 30 per cento delle unità di sangue cordonale viene conservata nelle biobanche?

Con il direttore della Banca del Cordone di Cagliari facciamo il punto sulla donazione di cellule staminali ematopoietiche

“Donare il sangue cordonale è un grande gesto di solidarietà verso chi soffre. Per le donne e per il loro bambino non c’è alcun rischio. Per chi riceve, spesso persone con leucemie acute che non trovano un donatore di midollo compatibile, è una grande opportunità di sopravvivenza immediatamente utilizzabile”. Così il dottor Marino Argiolas, direttore della Banca del Cordone di Cagliari, ormai pronta a diventare la 19esima banca operativa in Italia, spiega il valore della donazione del cordone. Con lui facciamo il punto sui vantaggi dell’utilizzo delle cellule staminali cordonali e sulle diverse tipologie di donazione di cellule ematopoietiche attualmente in uso.

Si chiama Itcbn - Italian Cord Blood Network ed è la rete italiana di biobanche autorizzate alla conservazione delle preziosissime cellule ematopoietiche del sangue cordonale e placentare. A coordinarle è il Centro Nazionale del Sangue. Attualmente i centri attivi nel nostro paese sono 18 - tutti pubblici, come prevede la legge - ma a breve, potrebbe essere solo questione di settimane, se ne aggiungerà uno nuovo: la banca del cordone della Sardegna. All’interno dell’Ospedale Binaghi di Cagliari è tutto pronto per accogliere i primi campioni di sangue cordonale che arriveranno dai punti nascita dell’isola: perché la raccolta cominci effettivamente sarà solo necessario attendere che il primo di questi completi il necessario percorso di accreditamento presso la Regione Sardegna, un processo che per molti è già cominciato. “A gennaio abbiamo ricevuto l’accreditamento e siamo pronti per essere operativi - dice il dottor Marino Argiolas, direttore della neonata Banca del Sangue – ora bisogna solo aspettare che siano in regola anche i punti nascita. La nostra speranza è che tutti, sia i centri pubblici che quelli privati in cui le donne partoriscono, riescano ad accreditarsi ed entrino nel circuito della donazione del cordone”.

La Banca del Cordone Ombelicale UNICATT del Policlinico universitario “A. Gemelli” di Roma ha conseguito la certificazione ISO 9001:2008, passaggio imprescindibile sulla via dello sviluppo e della piena operatività di questa struttura, che si è posta l’obiettivo di potenziare la raccolta del cordone nel Lazio a partire da quest’anno. Le strategie messe a punto a tale scopo dalla biobanca di sangue cordonale del Gemelli saranno rese note in occasione del convegno “La Banca del Cordone Ombelicale della Università Cattolica del Sacro Cuore. Riflessioni e progetti in un’ottica di condivisione territoriale e generale”, alla presenza, tra gli altri, del Sottosegretario al Ministero della Salute, on. Maria Eugenia Roccella. All’incontro, che si terrà il 9 febbraio 2011, dalle ore 16 alle ore 18,30 presso il Policlinico Gemelli di Roma (Aula Brasca), è stata invitata anche il Presidente della Regione Lazio Renata Polverini.

Nell’ultimo periodo c’erano state delle segnalazioni provenienti dalle farmacie: rappresentanti di ditte private proponevano a questi l’acquisto di kit di prelievo di sangue cordonale accompagnati da espositori di materiale promozionale e da iniziative di informazione finalizzate a sollecitare i genitori a conservare il sangue cordonale in banche estere. Così Federfarma ha preso posizione sull’argomento inviando, tramite la propria newsletter, una prima nota alle oltre 16.000 farmacie sparse sul territorio nazionale. Nella nota di Federfarma si invitano le Farmacie aderenti a “non collaborare ad iniziative per la conservazione del sangue cordonale che non siano in linea con la normativa e con le indicazioni del mondo scientifico italiano” . “La normativa vigente -  ricorda poi Federfarma nella nota inviata, facendo riferimento alla normativa attualmente in vigore in Italia - vieta la conservazione ad esclusivo uso autologo in assenza di specifiche condizioni indicate dalla legge (ndr – in questi casi, per esattezza, si tratta di conservazione ad uso dedicato – ndr), l'istituzione di banche private sul territorio nazionale e ogni forma di pubblicità connessa alle banche private”.

Le Regioni che non hanno ancora individuato un centro regionale per la raccolta del sangue cordonale possono appoggiarsi a strutture di altre regioni stringendo con queste delle apposite convenzioni, lo prevede la legge che istituisce la rete rete regionale di raccolta delle cellule staminali e così ha fatto la Basilicata, scegliendo come ‘partner’ il prestigioso Policlinico Umberto I. Sembra però, stando a quanto hanno detto ieri due consiglieri regionali del Pdl, Gianni Rosa e Mariano Pici, che ci siano dei ritardi nel recepimento dell’accordo col Policlinico Romano. I due hanno così deciso di presentare un'intyrrogazione su questo al presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo.

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