In Italia ci sono circa 27 società di intermediazione affiliate per un giro d’affari non inferiore a 150 milioni di euro pagati dalle famiglie in cambio di false possibilità terapeutiche

“Il dibattito sulla conservazione privata del sangue del cordone ombelicale (SCO) per uso autologo futuro è sempre molto vivo nel nostro Paese nonostante tutti i dati disponibili dimostrino senza alcun dubbio che tale pratica manca di consistenti basi scientifiche ed è sostanzialmente inutile per il donatore. E’ invece molto vantaggiosa per le banche private estere e per le agenzie e società di intermediazione affiliate (circa 27) che operano in Italia alla ricerca di mamme in attesa, dalle quali ottenere un contratto per la conservazione autologa del SCO del figlio evidentemente molto convincenti se a oggi più di 60.000 unità di SCO sono state esportate dall’Italia e sono conservate in banche private, con una spesa non inferiore a 150.000.000 di euro”.
A dirlo è il Prof. Licinio Contu, presidente della Federazione Italiana ADOCES – Associazione Donatori Cellule Staminali Ematopoietiche in un recente rapporto in merito all'attuale dibattito sulla donazione, raccolta e conservazione del sangue del cordone ombelicale e ai problemi di ordine scientifico, legale, medico ed etico impliciti nella tematica.

Anche attraverso il pubblico si può usare il sangue cordonale per il bambino o la sua famiglia, ma solo in casi in cui questi uso sia scientificamente fondato e clinicamente appropriato.

Poca informazione scientifica e anche scarsa conoscenza di quello che realmente prevede la legge italiana in materia di donazione del sangue cordonale ombelicale e delle sue preziose staminali ematopoietiche, su questi due presupposti si regge in gran parte il business delle banche private che ne propongono la conservazione autologa e a pagamento. Partiamo da quello che dice la legge italiana. Questa promuove la raccolta e conservazione del sangue cordonale dei neonati sani nella propria rete di banche pubbliche e vieta che sul territorio operino banche private. La rete di banche pubbliche operanti in Italia raccoglie e conserva a lungo termine, secondo parametri di qualità scientificamente determinati, unità di SCO da neonati sani che sono messi a disposizione di qualunque malato ne abbia bisogno, per trapianti allogenici non familiari, solidali. Il sangue cordonale raccolto e conservato in Italia serve dunque per tutti e confluisce in un database mondiale di banche che permettono a malati di tutto il mondo di accedere alle preziose staminali. Non bisogna però credere che la legge italiana sia miope di fronte a quei casi, pochi e selezionati in base a rigidi criteri scientifici, in cui l’uso del sangue cordonale possa effettivamente essere utile per il neonato stesso o per qualcuno della stessa famiglia. Esistono infatti tutta una serie di casi in cui la legge stessa prevede la possibilità di un uso del sangue cordonale diverso dal bancaggio ‘per tutti’.  E’ previsto dunque che sia possibile  la raccolta e la conservazione a breve termine, o l’uso immediato, del sangue cordonale di un neonato con una patologia in atto per la quale sia scientificamente fondato e clinicamente appropriato il trapianto autologo del SCO: è la ‘raccolta ad uso dedicato’.

“Le maggiori società scientifiche e professionali nazionali ed internazionali coinvolte nel problema della raccolta, della conservazione e dell’uso del sangue cordonale come fonte di cellule staminali ematopoietiche nei trapianti, e in particolare gli ematologi pediatri con maggiore esperienza di trapianto e conoscenza delle patologie con indicazione al trapianto di staminali in età pediatrica, hanno sempre incoraggiato, da più di 10 anni, la conservazione pubblica del SCO, sia per trapianti solidali, non dedicati (cioè, per chiunque ne abbia bisogno), che per trapianti dedicati a familiari del neonato, su precisa indicazione medica, ma non la conservazione privata per ipotetici trapianti autologhi futuri. Questa posizione è stata costantemente confermata anche negli ultimi 5 anni, sia pure con accenti differenti”. Questo si legge nel rapporto recentemente pubblicato dalla Federazione Italiana ADOCES – Associazione Donatori Cellule Staminali Ematopoietiche in merito all'attuale dibattito sulla donazione, raccolta e conservazione del sangue del cordone ombelicale e ai problemi di ordine scientifico, legale, medico ed etico impliciti nella tematica.
Ecco alcune delle ultime risoluzione in materia.

È la 19esima in Italia, l’unica dell’Isola. Direttore scientifico il prof. Carlo Carcassi

A febbraio il dott. Marino Argiolas, direttore della Banca del Sangue Cordonale della Sardegna, lo aveva anticipato ad Osservatorio Malattie Rare, la messa in funzione effettiva della nuova biobanca, la 19esima in Italia e unica in Sardegna era ormai questione di pochi mesi. Ora è arrivata la notizia a lungo attesa, da oggi anche le donne che partoriscono in Sardegna possono scegliere di donare il sangue del cordone ombelicale alla rete italiana delle banche pubbliche, senza alcuna spesa e dunque senza dover ricorrere più all’alternativa, scientificamente assai discussa, di conservare le preziosi staminali ad uso autologo presso biobanche privare all’estero, e dietro cospicuo pagamento.

La Regione si impegna a rendere possibile la donazione anche nei giorni festivi, 365 giorni l’anno

Con le cellule staminali contenute nel sangue cordonale si possono salvare molte vite, in particolar modo quelle di bambini affetti da malattie oncologiche e malattie rare del sangue. Donare il sangue del cordone non costa nulla e non espone a nessun rischio e a nessuna procedura fastidiosa, basta dare il consenso e il gioco è fatto: con il parto si può mettere al mondo una vita e salvarne un’altra. Lo sa bene la Regione Toscana dove la raccolta del sangue cordonale nell’ultimo hanno ha fatto registrare una crescita del 10 per cento, anche se si è ancora lontani dal diffondere questo gesto d’amore tra tutte le future mamme.

L’uso di sangue derivante da due cordoni serve a superare il problema delle poche cellule presenti

Negli ultimi anni le staminali provenienti da cordone ombelicale sono state usate sempre più spesso per il trapianto in soggetti affetti da malattia ematologiche di vario tipo, tra cui alcune forme di leucemia. I vantaggi del sangue cordonale, infatti, sono molteplici e comportano una maggiore velocità nella disponibilità delle cellule e la necessità di un grado più basso di compatibilità con il donatore. Per la prima volta questa tecnica è stata usata nel 1988 su un paziente affetto da Anemia di Fanconi. Da allora ne sono stati effettuati più di 20 mila soprattutto su bambini. Per gli adulti occorreva infatti superare il problema dovuto alla presenza, per ogni unità di sangue cordonale, di poche cellule. Tra i vari sistemi che sono stati sperimentati per superare questo limite c’è quello del ‘doppio trapianto’ o meglio sarebbe dire co infusine di due unità di sangue cordonale (dUCBT).

Italia quinto esportatore, ma sono ancora troppe però le spinte verso la conservazione autologa, che la scienza considera inutile

Il sangue prelevato dal cordone ombelicale alla nascita dei bimbi, senza alcun disturbo al parto o dolore per il bambino o la madre, è una risorsa preziosissima. Può offrire una speranza di trapianto, e dunque di vita, a persone che hanno urgente bisogno di staminali ematopoietiche, e tra questo molti bambini e adulti affetti da malattie rare. L’Italia raccoglie questo sangue, lo fa attraverso un sistema di controlli di qualità molto rigidi ma efficaci, al punto che il ‘nostro’ sangue cordonale viene molto richiesto anche all’estero. Con 129 sacche di sangue cordonale esportate, provenienti dalla rete delle banche pubbliche italiane, l'Italia nel 2010 è entrata nella ‘top five’ dei paesi maggiori esportatori ed è al quinto  posto secondo i dati del Registro italiano donatori midollo osseo IBMD. Ciò non vuol dire che non ci siano dei problemi.  Di questi e di come affrontarli si è discusso alla fine di Giugno a Roma in occasione del Sanit. Ad organizzare una tavola rotonda sulla materia è stata la Federazione Italiana l’ADOCES presieduta dal prof Licinio Contu, genetista.

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