L'alfa-mannosidosi è una malattia da accumulo lisosomiale che appartiene, più precisamente, al sottogruppo delle oligosaccaridosi. Si tratta di una patologia ereditaria, a trasmissione autosomica recessiva, dovuta a mutazione del gene MAN2B1. Questo specifico difetto genetico provoca una carenza dell’enzima alfa-mannosidasi lisosomiale, con un deposito dannoso e progressivo di oligosaccaridi (zuccheri) nelle cellule di tutto l’organismo. Le manifestazioni dell’alfa-mannosidosi variano da paziente a paziente, ma la malattia è essenzialmente caratterizzata da immunodeficienza (che si manifesta con infezioni ricorrenti, specialmente nella prima decade di vita), anomalie scheletriche (disostosi multipla, scoliosi e deformazione dello sterno), dismorfismi facciali (testa grande con fronte prominente, sopracciglia arrotondate, sella nasale piatta, macroglossia, denti distanziati e prognatismo), sordità neurosensoriale e deficit graduale delle funzioni mentali (con possibile sviluppo di psicosi e allucinazioni) e del linguaggio. I disturbi motori correlati comprendono debolezza muscolare, anomalie osteo-articolari e atassia. Ulteriori sintomi includono idrocefalia, epatosplenomegalia e problemi oculari, renali e cardiaci. L’alfa-mannosidosi colpisce circa un neonato ogni 500.000.

Il codice di esenzione dell’alfa-mannosidosi è RCG091 (afferisce al gruppo “Oligosaccaridosi”)

La sezione Alfa-mannosidosi è realizzata con il contributo non condizionante di Chiesi Global Rare Diseases.

alfa-mannosidosi, Chiesi

Sulla base della gravità della patologia, si distinguono tre forme principali di alfa-mannosidosi:
- tipo 1 (forma lieve): insorge generalmente dopo i 10 anni di età e progredisce lentamente. Di solito si manifesta con debolezza muscolare (miopatia) e non comporta anomalie scheletriche;
- tipo 2 (forma moderata): colpisce la maggior parte dei pazienti ed esordisce prima dei 10 anni di età. Presenta miopatia e problemi scheletrici quali ridotta densità ossea (osteopenia), ispessimento delle ossa nella parte superiore del cranio, deformazioni a carico di vertebre, gambe e ginocchia e deterioramento osteo-articolare;
- tipo 3 (forma grave): si manifesta nei primissimi anni di vita del bambino e, in aggiunta alle anomalie scheletriche, può comportare disturbi neurologici e deterioramento mentale rapidamente progressivo. In genere conduce a morte prematura per coinvolgimento o infezione del sistema nervoso centrale.

La diagnosi di alfa-mannosidosi si effettua tramite il dosaggio dell'alfa-mannosidasi lisosomiale e può essere confermata dai test genetici. L'aumento della secrezione urinaria di oligosaccaridi ricchi in mannosio può indicare la presenza della malattia. La diagnosi neonatale è possibile, e può essere effettuata tramite test biochimici o genetici.

Il trattamento dell’alfa-mannosidosi è essenzialmente diretto a contrastare i sintomi della malattia e a prevenire le complicanze associate. Fondamentali sono anche gli interventi di supporto, come quello educativo, per promuovere lo sviluppo delle capacità sociali, o quello fisioterapico, per migliorare le funzioni somatiche. Inoltre, per l'alfa-mannosidosi è disponibile una terapia enzimatica sostitutiva indicata per le forme di malattia lievi o moderate in cui non vi sia esclusiva manifestazione neurologica.

Fonti principali:
- Genetic and Rare Diseases Information Center (GARD)
- Orphanet

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La dott.ssa Serena Gasperini (Monza): “Per una diagnosi precoce è fondamentale la figura del pediatra”

Durante il webinar “Alfa-mannosidosi: medici e pazienti si incontrano”, organizzato da Osservatorio Malattie Rare in collaborazione con AISMME Aps e AIMPS Aps e con il contributo non condizionato di Chiesi Global Rare Diseases Italia, l’intervento della dott.ssa Serena Gasperini, dell’U.O.S. Malattie Metaboliche Rare della Fondazione MBBM Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza, si è focalizzato sulla presa in carico del paziente pediatrico affetto da alfa-mannosidosi.

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La dott.ssa Elena Verrecchia (Roma): “Per assistere al meglio il paziente occorre realizzare un’intera rete multidisciplinare”

In occasione del webinar “Alfa-mannosidosi: medici e pazienti si incontrano”, organizzato da Osservatorio Malattie Rare in collaborazione con AISMME Aps e AIMPS Aps e con il contributo non condizionato di Chiesi Global Rare Diseases Italia, è intervenuta la dott.ssa Elena Verrecchia, U.O.C. Continuità Assistenziale Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS di Roma, sul tema della presa in carico del paziente adulto affetto da alfa-mannosidosi.

Webinar su alfa-mannosidosi

La necessità dello screening neonatale tra i temi toccati nel corso di un evento online organizzato da OMaR in collaborazione con le associazioni AISMME ed AIMPS

Roma – Diagnosi precoce e ricorso tempestivo al trattamento per stabilizzare la patologia. È il fattore tempo a essere fondamentale per le persone con alfa-mannosidosi, una malattia metabolica ultra-rara a trasmissione autosomica recessiva che colpisce circa un neonato ogni 500mila. Necessità evidenziate anche nel corso di un incontro online – organizzato da Osservatorio Malattie Rare in collaborazione con AISMME Aps (Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie) e AIMPS Aps (Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi), e con il contributo non condizionante di Chiesi Global Rare Diseases Italia – durante il quale medici e pazienti si sono confrontati in un’azione di sensibilizzazione e aggiornamento sulla patologia.

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La video-testimonianza di Gabriella, madre di una ragazza affetta dalla patologia: “Fondamentale affiancare al trattamento anche la fisioterapia e le attività educative”

L’accesso da parte dei pazienti a un trattamento contro una malattia rara e progressivamente debilitante come l’alfa-mannosidosi può essere visto come l’approdo di una barca ad un porto sicuro mentre è in corso una tempesta. Tuttavia, prima avviene questo approdo sicuro e minore sarà la mole di danni subita dalla nave. Un messaggio che anche Gabriella, mamma di una ragazza affetta da alfa-mannosidosi, ha contribuito a lanciare ai microfoni dell’Osservatorio Malattie Rare.

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La testimonianza di Monica, madre del bambino, insegna quanto sia importante promuovere la conoscenza di una simile patologia

A volte accade che il vissuto di persone che hanno trovato sulla loro strada una malattia rara e poco conosciuta presenti una coincidenza, un momento fortuito - e fortunato - in cui un segnale non apparentemente pericoloso viene riconosciuto come indicativo della presenza della patologia. È quanto accaduto a Monica, fisioterapista marchigiana, che ha raccontato ai microfoni dell’Osservatorio Malattie Rare come è venuta a conoscenza che il figlio Thomas era affetto da alfa-mannosidosi.

Neonato

Il racconto di una mamma che non si è mai arresa di fronte alle difficoltà: “Mi chiedo soltanto come starebbe oggi Amedeo se la diagnosi fosse arrivata prima”

Mi sono accorta fin dai primi mesi di vita che Amedeo era più lento nella crescita e faticava a camminare e a svolgere altre piccole azioni. Facevo il confronto con suo fratello maggiore e la differenza era evidente. Quando ne parlavo con il pediatra, la risposta era sempre la stessa: ogni bambino ha i propri tempi di crescita”. Inizia così la testimonianza di Carla (nome di fantasia), una madre tenace e coraggiosa che ogni giorno assiste il proprio figlio Amedeo (nome di fantasia), affetto da alfa-mannosidosi, senza mai arrendersi all’idea che non ci sia nulla da fare per migliorare la sua qualità di vita.

Elena Verrecchia

La dott.ssa Elena Verrecchia: “Di fronte a un bambino con un ritardo cognitivo, problemi di udito e infezioni ricorrenti, occorre che scatti il sospetto della malattia”

In un recente studio condotto in Italia, pubblicato sulla rivista scientifica Advances in Therapy, sono state prese in esame le principali difficoltà che le persone affette da alfa-mannosidosi si trovano a dover affrontare nel momento in cui intraprendono il loro percorso alla ricerca di una diagnosi e una terapia per questa rara malattia metabolica, difficoltà che sono state analizzate da una duplice prospettiva: quella dei medici che si occupano della patologia e quella dei caregiver che assistono quotidianamente i malati. Per approfondire quanto emerso dall’indagine, abbiamo intervistato la prima autrice del lavoro, la dottoressa Elena Verrecchia, Dirigente medico dell’Unità Operativa Complessa di Continuità Assistenziale della Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS di Roma.

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