Vasculiti: intervista al dottor Padoan
Dottor Roberto Padoan

Intervista al Dottor Roberto Padoan, Responsabile del Centro Vasculiti dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia dell’Ospedale Università di Padova

Fino a pochi decenni fa, una diagnosi di vasculite ANCA-associata era assimilabile a una condanna: la maggior parte dei pazienti non superava i due anni di vita dall’individuazione della patologia, con una sopravvivenza media di meno di sei mesi”, racconta il dottor Roberto Padoan, responsabile del Centro Vasculiti dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia dell’Ospedale Università di Padova. “Oggi, però, grazie a una diagnosi sempre più precoce e a nuove strategie terapeutiche, queste gravi malattie sono diventate condizioni croniche gestibili”. In questo nuovo scenario, alla sopravvivenza dei pazienti si sono affiancati nuovi obiettivi altrettanto cruciali, come ridurre gli effetti collaterali dei farmaci, preservare la qualità di vita delle persone affette da queste patologie e restituire loro il controllo del proprio quotidiano.

UN GRUPPO DI MALATTIE CHE COLPISCONO I VASI SANGUIGNI

Le vasculiti ANCA-associate (AAV) sono un gruppo di patologie rare autoimmuni, a genesi multifattoriale, caratterizzate da infiammazione necrotizzante a carico delle strutture vascolari. “Il processo infiammatorio necrotizzante interessa soprattutto i vasi di piccolo e medio calibro, compromettendone progressivamente l’integrità. Le conseguenze includono danni ischemici, necrosi tissutale, lesioni emorragiche e, in alcuni casi, la formazione di granulomi; le AAV possono coinvolgere qualsiasi organo o apparato, con manifestazioni potenzialmente pericolose per la vita”, sottolinea il dott. Padoan. “Dal punto di vista della presentazione clinica, quindi, si tratta di condizioni estremamente eterogenee”.

Le vasculiti ANCA-associate, come suggerito dal nome stesso, sono patologie tipicamente associate alla presenza di particolari autoanticorpi diretti contro il citoplasma dei neutrofili, la cui sigla è appunto "ANCA" (Anti-Neutrophil Cytoplasmic Antibodies). “Questi autoanticorpi, prodotti erroneamente dal sistema immunitario, sono diretti principalmente contro due proteine, la mieloperossidasi (MPO) e la proteinasi 3 (PR3), e sono rispettivamente noti come pANCA e cANCA”, spiega il responsabile del Centro Vasculiti di Padova.

Sulla base del fenotipo clinico e del sottotipo di ANCA, le AAV si classificano in tre forme principali: la granulomatosi con poliangioite (GPA, precedentemente nota come granulomatosi di Wegener e diffusa principalmente nelle regioni settentrionali europee e americane), caratterizzata dalla presenza di granulomi [aggregati di cellule infiammatorie organizzati intorno a un ‘centro’ di necrosi, N.d.R.] e dal coinvolgimento dei distretti naso-sinusale, polmonare, renale e cutaneo e dei nervi periferici; la poliangioite microscopica (MPA, più frequente nelle popolazioni dell'Asia orientale e meridionale), con interessamento quasi esclusivamente nefro-polmonare; la granulomatosi eosinofila con poliangioite (EGPA, in passato chiamata sindrome di Churg-Strauss). “In quest’ultima forma, tuttavia, non sono coinvolti soltanto meccanismi autoimmuni: anche l’infiammazione di tipo 2 e il marcato aumento di eosinofili svolgono un ruolo chiave”, specifica il dott. Padoan. “Per questa ragione, ultimamente si tende a considerare l’EGPA come un’entità nosologica a sé stante”.

UNA DIAGNOSI COMPLESSA

Una caratteristica che accomuna tutte le forme di vasculite ANCA-associata è l’esordio subdolo e insidioso”, afferma il dott. Padoan. “Esistono casi in cui la prima manifestazione della malattia è esplosiva e drammatica, con un’alveolite emorragica [sanguinamento acuto negli alveoli polmonari, N.d.R.] o di un’insufficienza renale rapidamente progressiva, ma il più delle volte il danno è progressivo e i sintomi iniziali sono vaghi e aspecifici, come febbre persistente o malessere generale”.

Per questo motivo, la latenza diagnostica – ovvero il periodo che intercorre tra la prima comparsa dei sintomi e la diagnosi corretta – è spesso prolungata e costellata di ostacoli. “Non esistono marcatori specifici per le vasculiti ANCA-associate”, sottolinea il dott. Padoan. “Anche la ricerca degli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili, seppure utile, non è dirimente e va eseguita solo in un contesto di elevata probabilità, cioè quando i sintomi del paziente già suggeriscono che si possa trattare di una forma di vasculite. Il rischio, altrimenti, è quello di incappare in falsi positivi che renderebbero il quadro ancora più complicato”.

Altrettanto utili, in caso di sospetto diagnostico, sono alcuni esami di laboratorio come gli indici di flogosi (VES e PCR) e di funzione renale, nonché indagini strumentali quali TAC del torace e del massiccio facciale, con eventuale aggiunta di elettromiografia in caso di sospetto coinvolgimento neurologico periferico, di ecocardiogramma per valutare le complicanze cardiache e di endoscopia nasale e dei seni paranasali per lo studio delle vie aeree superiori.

“Nonostante gli enormi passi avanti, soprattutto per quanto riguarda le tecniche di imaging, il ‘gold standard’ per la conferma diagnostica delle vasculiti ANCA-associate rimane la biopsia del tessuto colpito (in particolare la biopsia renale o polmonare), che permette di evidenziare vasculite necrotizzante dei piccoli vasi - che coinvolge soprattutto arteriole, venule e capillari - spesso associata a leucocitoclasia (cioè frammentazione dei neutrofili con formazione di detriti nucleari), assenza o scarsa deposizione di immunocomplessi nella parete vasale (condizione che viene definita “pauci-immune”) e danno tissutale secondario”, specifica il dott. Padoan

“Qui a Padova, grazie alla stretta collaborazione con l’Unità Operativa Complessa di Nefrologia, possiamo eseguire in modo rapido e coordinato le biopsie renali indispensabili per ottenere un dato istologico utile sia a fini diagnostici che prognostici”, afferma il responsabile del Centro Vasculiti. “A questa cooperazione si affianca il prezioso intervento di pneumologi, otorinolaringoiatri, dermatologi e radiologi, pronti ad aiutarci a definire il percorso diagnostico-terapeutico più adeguato”.

L’EVOLUZIONE DEL TRATTAMENTO

Un approccio multidisciplinare alle vasculiti ANCA-associate si rivela cruciale non solo per arrivare a una diagnosi corretta in tempi rapidi ma anche per ‘personalizzare’ il trattamento sulla base delle esigenze e delle caratteristiche di ciascun paziente. “In particolar modo, grazie ad un armamentario terapeutico sempre più ampio, è cruciale calibrare il percorso terapeutico scegliendo il farmaco più adatto e modulandone dose e durata, per massimizzarne così i benefici e minimizzarne gli effetti collaterali”, sottolinea il dott. Padoan.

Oggi le vasculiti ANCA-associate sono malattie gestibili ma fino ai primi anni del duemila le prospettive per i pazienti erano ben diverse: per molto tempo l’unica arma a disposizione per indurre la remissione era rappresentata da alte dosi di glucocorticoidi associate a quantità altrettanto generose di ciclofosfamide, potente agente alchilante con azione immunosoppressiva. Questo approccio, seppur efficace nell’immediato, alla lunga era gravato da severi effetti collaterali, come infezioni ricorrenti, infertilità e sviluppo di neoplasie. “Nonostante tutto, questa prima rivoluzione terapeutica ha comunque segnato un punto di svolta: ha allungato sensibilmente la sopravvivenza dei pazienti e ci ha fornito le basi per ‘spegnere’ l’infiammazione”, spiega il dott. Padoan. “Con l’inizio del nuovo millennio si è poi inaugurata una seconda rivoluzione: grazie all’introduzione del rituximab, anticorpo monoclonale anti-CD20 che agisce selettivamente sui linfociti B, e ad un impiego più mirato dei glucocorticoidi e della ciclofosfamide, siamo riusciti a bilanciare la necessità di controllare la malattia con la riduzione degli effetti collaterali legati alla terapia stessa”, continua il reumatologo. “Negli ultimi anni, infine, stiamo assistendo alla terza rivoluzione, quella della medicina di precisione: strategie di riduzione del carico steroideo studiate in trial come PEXIVAS e l’arrivo di avacopan, inibitore orale del recettore C5a del complemento che da giugno del 2024 è disponibile in Italia, in regime di rimborsabilità, per il trattamento della GPA e della MPA, ci consentono oggi di modulare i farmaci con maggiore accuratezza, di colpire nuovi bersagli patogenetici e di garantire remissioni più profonde e durature”, dichiara il dott. Padoan.

Attualmente, quindi, la gestione ottimale delle vasculiti ANCA-associate si fonda su tre pilastri imprescindibili: la medicina di precisione, che permette di scegliere e modulare terapie sempre più mirate ai profili immunologici e clinici di ciascun paziente; un approccio multidisciplinare, che garantisce un percorso integrato tra reumatologi, nefrologi, pneumologi, immunologi e altri specialisti; il coinvolgimento attivo dei pazienti, il cui feedback su qualità di vita, effetti collaterali dei farmaci e bisogni quotidiani è essenziale per affinare continuamente i protocolli terapeutici e personalizzare il percorso di cura. “Solo integrando tutti questi elementi possiamo cercare di restituire alle persone affette da AAV la qualità di vita cui hanno diritto, giorno dopo giorno”, conclude il dott. Roberto Padoan.

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