Linee guida Malattia di von Willebrand

I due documenti sono frutto della collaborazione tra le società scientifiche AICE, SISET e SIE

Dopo le linee guida sulla diagnosi della malattia di von Willebrand (VWD), sono state pubblicate sul Sistema Nazionale Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità anche quelle relative alla terapia. L'obiettivo delle prime linee guida è definire gli standard per una diagnosi tempestiva e accurata della malattia, orientando il clinico al sospetto e il laboratorio specialistico di coagulazione all’esecuzione della corretta tipologia e sequenza dei test diagnostici. Il proposito della seconda serie di raccomandazioni è invece quello di stabilire standard terapeutici chiari e affidabili per guidare i clinici nella prevenzione e nel trattamento degli episodi emorragici nei pazienti affetti da questa patologia.

I due documenti rappresentano una risorsa cruciale per garantire un approccio diagnostico e terapeutico efficace e personalizzato, migliorando significativamente la qualità di vita dei pazienti. Entrambe le linee guida sono frutto della collaborazione tra le società scientifiche AICE (Associazione Italiana Centri Emofilia), SISET (Società Italiana per lo Studio dell'Emostasi e della Trombosi) e SIE (Società Italiana di Ematologia).

La malattia di von Willebrand è il più comune disturbo emorragico ed è causato dalla carenza quantitativa o qualitativa del fattore di von Willebrand (VWF), una glicoproteina plasmatica ad alto peso molecolare sintetizzata nelle cellule endoteliali e nei megacariociti, che ha un ruolo essenziale nell'emostasi primaria e che partecipa indirettamente anche alla coagulazione come trasportatore del fattore VIII in circolo. Sono stati identificati tre diversi tipi di malattia: nel tipo 1 e nel tipo 3 si ha un deficit quantitativo parziale o completo di fattore di von Willebrand, mentre nel tipo 2 sono presenti delle anomalie qualitative.

Un’importante caratteristica clinica dei pazienti affetti da VWD è la notevole eterogeneità del fenotipo emorragico, talora con scarsa correlazione tra gravità del difetto di laboratorio e gravità clinica in presenza di uno stesso difetto molecolare. La sintomatologia distintiva della malattia è il sanguinamento muco-cutaneo (ad esempio epistassi, menorragia ed emorragia gastrointestinale) secondario alla riduzione del VWF, ma nelle forme gravi, in cui anche i livelli di fattore VIII sono significativamente ridotti, possono verificarsi emartri o ematomi spontanei.

L'espressione clinica è di solito lieve nel tipo 1 o nei pazienti con un basso livello di VWF e le emorragie sono particolarmente frequenti nelle donne a causa di situazioni fisiologiche predisponenti (emorragie mestruali e associate al parto). Alcuni sanguinamenti muco-cutanei (epistassi soprattutto durante l'infanzia, menorragia) possono essere piuttosto frequenti e possono influire sulla qualità della vita. Tuttavia, il tasso di sanguinamento spontaneo può essere basso anche nei pazienti con deficit significativo di VWF.

Il sanguinamento dopo estrazione dentaria è la manifestazione emorragica post-operatoria più frequente. L'emartrosi e l'ematoma muscolare profondo sono raramente osservati nella VWD di tipo 1 e 2 e sono principalmente post-traumatici; al contrario, il sanguinamento nella VWD di tipo 3 può essere generalmente assimilato alla diatesi emorragica dei pazienti affetti da emofilia moderata.

Il sanguinamento gastrointestinale può essere particolarmente frequente e difficile da gestire, soprattutto nei pazienti con tipo 3 o nei casi caratterizzati dall’assenza dei multimeri ad alto peso molecolare del VWF nel plasma, in particolare nei soggetti con VWD tipo 2A. Poiché i livelli di fattore VIII e VWF tendono a normalizzarsi al termine della gravidanza nella maggior parte dei casi di tipo 1 e 2N, raramente si osservano emorragie dopo il parto. Al contrario, le altre pazienti di tipo 2 e 3 necessitano solitamente di una terapia sostitutiva dopo il parto per prevenire emorragie immediate o tardive. L'incidenza dell’emorragia post-operatoria è variabile in assenza di profilassi nei pazienti di tipo 1 con fenotipo emorragico più severo, mentre nei tipi 2 e 3 il trattamento profilattico è sempre necessario.

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