La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa che porta ad una degenerazione dei motoneuroni e causa una paralisi totale. Attualmente non esiste cura e l'esito è infausto. L'incidenza è di circa 1-3 casi ogni 100.000 abitanti all’anno. In Italia si stimano almeno 3.500 malati e 1.000 nuovi casi ogni anno. La prevalenza, cioè il numero di casi presenti sulla popolazione, è in aumento: questo grazie alle cure che permettono di prolungare la vita del malato. Per maggiori informazioni clicca qui.

Il codice di esenzione della sclerosi laterale amiotrofica è RF0100.

La scoperta è stata effettuata sul moscerino della frutta e potrebbe aprire la strada a nuove terapie

Dagli studi sul moscerino della frutta arriva un’importante scoperta che potrebbe aiutare a fare passi avanti nella comprensione e nello sviluppo di terapie contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Lo studio, che si concentra sul ruolo della proteina anomala FUS, individuata come possibile causa della malattia tante nella forma sporadica che familiare, è stato condotto dal team del prof. Udai Pandey, del laboratorio di genetica dell’ LSU Health Sciences Center di New Orleans e appena pubblicato on line su Human Molecular Genetics. Lo studio mostra come bloccando la circolazione anomala di una proteina prodotta da un gene mutato chiamata FUS nei moscerini della frutta si riesca a bloccare la progressione della malattia.

“Non è miracoloso né intollerabile, ma la ricerca deve concentrarsi sugli induttori di autofagia”

La ricerca italiana ha dimostrato per prima il ruolo dell’autofagia nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Il team di ricerca del prof. Francesco Fornai -  professore Associato presso il Dipartimento di Morfologia Umana e Biologia Applicata dell’Università di Pisa e team leader presso l’Istituto IRCCS Neurologico Mediterraneo - ha infatti scoperto che il processo autofagico dei neuroni, ciò che consente la sostituzione delle componenti cellulari danneggiate o non più necessarie attraverso la loro degradazione all’interno dei lisosomi, svolge un ruolo fondamentale nel decorso della SLA. Grazie a uno studio sperimentale (1) il team di ricerca di Fornai ha potuto dimostrare che il litio, già noto per essere  un induttore dell’autofagia cellulare, diminuisce anche la proliferazione delle cellule gliali e degli agglomerati proteici (tossici per le cellule nervose), inducendo neurogenesi e neurodifferenziazione a livello di midollo spinale. Uno studio pilota su pazienti ha fornito risultati incoraggianti per pensare al litio o agli induttori di autofagia come farmaci da testare in trial clinici controllati con placebo in pazienti affetti da SLA.  Da questo punto in poi tutta l’attenzione è ricaduta sul litio, farmaco orfano dalla grande disponibilità potenziale. Il punto dolente della possibile somministrazione del litio ai pazienti effetti da SLA è rappresentato dalla presunta intollerabilità (2) del litio stesso. Tuttavia i trial clinici in doppio cieco hanno confermato la tollerabilità del litio (3).

Prognosi peggiore anche per chi ha disfunzioni esecutive.

Fino a qualche anno fa si credeva che, al di là delle ripercussioni psicologiche, nelle persone affette da Sla le capacità cognitive rimanessero inalterate. Successivamente si è però scoperto che, in alcuni casi, la malattia può associarsi a demenza frontotemporale. Ora uno studio condotto all'istituto di Neuroscienza del Trinity College di Dublino, guidato dal dottor Marwa Elamin e appena pubblicato su Neurology, è andato a studiare se questa comorbilità con la demenza frontotemporale potesse incidere sulla prognosi della malattia. Il risultato sembrerebbe essere positivo. La presenza di demenza nella SLA sarebbe un fattore prognostico negativo: quando c’è questa comorbilità, insomma, la sopravvivenza del paziente sembrerebbe essere significativamente più breve.     

Un test diagnostico sarebbe in grado di individuare precocemente la sclerosi laterale amiotrofica. La notizia arriva dal team del professor Matthew Kiernan del Neuroscienze Research Australia, prestigioso istituto australiano di ricerca. Kiernan, che ha appena pubblicato lo studio in materia sulla rivista Clinical Neurophysiology, avrebbe infatti scoperto una metodologia diagnostica precisa e relativamente veloce, in grado di riconoscere la patologia del motoneurone circa 8 mesi prima dell’insorgenza della stessa.

Le cellule vengono da aborti spontanei: sono state coltivate nel laboratorio del prof. Vescovi a Terni.
Si stanno studiando sperimentazioni simili sulle persone affette da sclerosi multipla e Alzheimer

Fra due o tre mese 10 o forse 12  persone affette da SLA potranno ricevere delle iniezioni di cellule staminali cerebrali, che saranno trapiantate, in 10 – 15 applicazioni, nel loro midollo spinale, per vedere, intanto, se possano avere effetti avversi e per valutare, nel giro di un anno, se questa terapia è in grado di rallentare la progressione della malattia o addirittura, cosa che non viene esclusa, anche di farla regredire. Sarebbe una vera e propria rivoluzione per le persone affette da questa malattia e le attese per questa sperimentazione unica in Europa e fra le pochissime del genere al mondo, è piuttosto alta, anche perché molto noto è il nome dello scienziato che sta portando avanti questo progetto: il prof. Angelo Vescovi, direttore del piccolo – ma estremamente avanzato – Laboratorio per le cellule staminali di Terni.

Lo dimostra uno studio prospettico condotto ad Harvard e al quale hanno partecipato due italiani

Il fumo di sigaretta può essere associato ad un aumentato rischio di sviluppare la SLA - Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia neurodegenerativa  che attualmente non conosce cura. A dirlo è uno studio pubblicato a febbraio su Archives of Neurology firmato da un team internazionale guidato dal prof Hao Wang della Harvard School of Public Health di Boston  e firmato anche da due esperti italiani: uno è il prof Giancarlo Logroscino, del dipartimento dei neurologia dell’Università di Bari e l’altro è il prof Alberto Ascherio, italiano ma da tempo in forze presso il dipartimento di epidemiologia e nutrizione della Harvard School.

Il prossimo 29 aprile Arisla lancerà già un nuovo bando

Sono ben 8 i progetti che l’Agenzia di Ricerca per la SLa (Arisla) ha finanziato con il suo secondo bando, tutti italiani e distribuiti su diverse regioni del nostro territorio: dalla Puglia alla Lombardia, passando per il Lazio, la Toscana e il Friuli Venezia Giulia. I progetti sono risultati essere i più promettenti tra 80 proposte, presentate da più di 160 ricercatori. A questi progetti selezionati andranno circa 2 milioni e mezzo di euro.
Con il bando 2010 AriSLA si è posta due obiettivi: finanziare studi che possano contribuire a chiarire l’origine della malattia e sostenere progetti che mirano ad individuare possibili strumenti diagnostici e terapeutici.

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