Chicago (USA) – Sono stati presentati in occasione del 53° Congresso ASCO (American Society of Clinical Oncology) i risultati dello studio di Fase III ALEX, che ha mostrato come alectinib sia in grado di ridurre il rischio di peggioramento della malattia o morte (sopravvivenza libera da progressione, PFS) di oltre la metà (53%) rispetto alla terapia standard con crizotinib, quando somministrato come trattamento di prima linea in pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) positivo all’ALK (chinasi del linfoma anaplastico) in stadio avanzato (rapporto di rischio (HR)=0,47, 95% IC: 0,34-0,65, p<0,0001).

Monza – Al prossimo congresso annuale dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO), che si terrà a Chicago (Illinois, USA) dal 2 al 6 giugno di quest'anno, Roche parteciperà con oltre 190 abstract relativi a 20 nuovi farmaci oncologici. Due gli studi clinici di particolare rilevanza, che verranno presentati anche durante la conferenza stampa ufficiale dell’ASCO, lunedì 5 giugno: lo studio APHINITY, sul carcinoma mammario in stadio iniziale, e lo studio ALEX, sul carcinoma polmonare.

La molecola si trova in numerosi cibi, ed è già usata come integratore alimentare

L'acido alfa-lipoico (ALA), o più semplicemente acido lipoico, è un antiossidante presente sia nel corpo umano, anche se in esigue quantità, che in diversi alimenti, come carni rosse, broccoli, patate e spinaci. Si ritiene che possa prevenire alcuni tipi di danno cellulare ed è da tempo utilizzato per il trattamento di disturbi oculari, malattie cardiovascolari e diabete. Oggi, i risultati di un nuovo studio preclinico sembrano dimostrare che questa molecola sia fortemente efficace nella prevenzione della calcolosi renale associata a cistinuria.

Roche, insieme al Breast International Group (BIG), al Breast European Adjuvant Study Team (BrEAST) e alla fondazione Frontier Science (FS), ha annunciato i risultati positivi dello studio di Fase III, APHINITY. La sperimentazione ha soddisfatto il suo endpoint primario e ha mostrato che il trattamento adiuvante (dopo l'intervento chirurgico) con l'associazione di pertuzumab, trastuzumab e chemioterapia ha ottenuto una riduzione statisticamente significativa del rischio di ricomparsa della malattia invasiva o di decesso (sopravvivenza libera da malattia invasiva; iDFS) nelle donne con carcinoma mammario in stadio iniziale (eBC) HER2 positivo, rispetto a trastuzumab più chemioterapia.

Il punto della situazione con il prof. Giuseppe Vita del Policlinico di Messina

Tra farmaci approvati e sperimentazioni in corso, per alcune malattie neuromuscolari rare oggi siamo al giro di boa. SMA, Distrofia di Duchenne e polineuropatia amiloide, per esempio stanno andando incontro a grandi innovazioni terapeutiche, un po’ indietro restano le terapie contro la SLA. Osservatorio Malattie Rare ha fatto il punto della situazione con il prof. Giuseppe Vita, a capo dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia e Malattie Neuromuscolari del Policlinico G. Martino di Messina, struttura nella quale è integrato il Centro clinico Nemo Sud.

Milano - La sopravvivenza mediana dei pazienti trattati con pembrolizumab è risultata di 10,3 mesi rispetto ai 7,4 mesi con la chemioterapia, differenza che è risultata essere statisticamente, oltre che clinicamente, significativa. Lo dimostra la sperimentazione Keynote-045, uno studio di fase 3, multicentrico, internazionale, randomizzato, di confronto tra il trattamento con pembrolizumab (anticorpo monoclonale anti PD-1 – Programmed cell Death-1) e il trattamento con chemioterapia scelta dall’investigatore (vinflunina, docetaxel o paclitaxel), in pazienti affetti da carcinoma uroteliale metastatico, già trattati con una precedente chemioterapia standard a base di platino.

La molecola potrebbe rallentare la degenerazione neuronale che contraddistingue la malattia

ISRAELE – Secondo gli esiti di un recente studio preclinico dell'Università di Tel Aviv (TAU), la fosfatidilserina, un integratore alimentare di ampio utilizzo, potrebbe rappresentare un potenziale strumento per invertire gli effetti negativi della disautonomia familiare (FD), una malattia ereditaria che è quasi esclusivamente limitata alla popolazione ebrea degli Ashkenaziti, originaria dell'Europa Orientale. I risultati della sperimentazione sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica PLOS Genetics.

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