I tumori rari vengono definiti così in quanto colpiscono un numero molto ristretto di persone. Sono a tutti gli effetti delle malattie rare, ma per definirli non si utilizza il criterio scelto dall'Unione Europea per queste patologie (una prevalenza inferiore ai 5 casi su 10.000 persone). Il criterio per identificare un tumore raro si basa invece sull'incidenza, e la soglia è di 6 casi su 100.000 nella popolazione europea.

Questo criterio, ormai accettato da tutti a livello internazionale, è stato proposto nel 2011 dal progetto RARECAREnet, supportato dalla Commissione Europea e coordinato dall'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Applicando questa soglia, i ricercatori hanno individuato esattamente 198 tumori rari (qui la lista).
Secondo i più recenti studi (Gatta G. et al.), i tumori rari rappresentano il 24 per cento di tutti i nuovi casi di tumore e riguardano circa 5 milioni di persone nell'Unione Europea e 900mila in Italia. Il fatto che un tumore sia raro non significa che sia incurabile o che le possibilità di guarigione siano più limitate rispetto a quelle di un tumore più comune: alcune neoplasie rare hanno infatti percentuali di guarigione o di controllo della malattia superiori a quelle di tumori molto più diffusi.

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Uno studio internazionale ha stimato incidenza, prevalenza e sopravvivenza alla malattia su un ampio database. E’ una delle più attuali fotografie su questo tumore, pubblicata su European Journal of Cancer.

Se una malattia è molto rara, è difficile persino stabilirne l’esatta incidenza nella popolazione. E’ questo il caso, tra i tanti, dei tumori neuroendocrini (NETs), neoplasie che si sviluppano per l’iperproliferazione di cellule secernenti ormoni con diversa funzione nell’organismo: uno dei gruppi più eterogenei tra le malattie tumorali, sia per localizzazione che prognosi.
Dalle pagine dell’European Journal of Cancer un team di ricerca internazionale - guidato dall’University Medical Hospital di Groningen, nei Paesi Bassi, con la collaborazione anche di centri italiani – è riuscito a fotografare l’attuale situazione in Europa.

Salvatore Siena (Niguarda Cà Granda): "Finalmente questo nuovo farmaco (paclitaxel legato all’albumina in nanoparticelle), sta dando dei vantaggi importanti e rappresenta un vero passo avanti nella ricerca"

Milano –  Celgene International Sàrl, una società interamente controllata da Celgene Corporation, ha annunciato oggi che i risultati dello studio clinico di fase III, MPACT (Metastatic Pancreatic Adenocarcinoma Clinical Trial) condotto con nab™ paclitaxel (paclitaxel legato all’albumina in nanoparticelle) in combinazione con gemcitabina, sono stati pubblicati nell’edizione online del 16 ottobre del New England Journal of Medicine.

Accelerator Applications (AAA), azienda internazionale di Medicina Nucleare e Molecolare (“MNM”) in rapida crescita, ha annunciato oggi di aver raggiunto il traguardo di 100 pazienti per NETTER-1, studio clinico internazionale di Fase III per la valutazione dell’effetto del Lutathera® in pazienti affetti da tumori neuroendocrini dell’intestino tenue inoperabili.
Il radiofarmaco italiano Lutathera (177Lutetium-DOTA0-Tyr3-Octreotate) Lutathera è il primo farmaco teragnostico nella Medicina Molecolare e Nucleare ad entrare nello sviluppo clinico di Fase III. La sua efficacia può essere monitorata e valutata, dopo ogni somministrazione terapeutica, attraverso una camera SPECT (Single Photon Emission Computer Tomography) senza il costo aggiuntivo legato all’utilizzo di un altro farmaco diagnostico.

E’ necessaria per confermare la diagnosi. Tuttavia, non in tutti i casi fornisce informazioni esaurienti in fase pre-operatoria. Ne parlano due studi, uno italiano

Per confermare il sospetto che un nodulo tiroideo nasconda, in realtà, un carcinoma midollare un semplice esame del sangue non basta. Spesso, come primo passo, viene eseguito un dosaggio della calcitonina, un ormone secreto in quantità eccessive dalle cellule C del tessuto ghiandolare quando neoplastico. Da solo, questo test non consente di confermare la diagnosi: un’ecografia, che permetta di localizzare l’eventuale presenza del tumore, e una biopsia con ago aspirato sono quindi indicate dalle linee guida per definire il quadro clinico.

Le cellule dell’epitelio intestinale si trasformano nel tempo, acquisendo la capacità di invadere altri organi. Scoperto dai ricercatori dell’Humanitas di Rozzano, può servire per individuare precocemente le forme più aggressive

E’ italiano lo studio che ha individuato uno dei trucchi ideati dalle cellule del carcinoma colorettale per sfuggire ai controlli del sistema immunitario umano e invadere i tessuti e organi circostanti. Una svista, da parte del carcinoma, che prende il nome di TWIST1, un gene già noto ed espresso dalle cellule del tumore primario: i ricercatori dell’Humanitas di Rozzano, invece, hanno osservato che lo stesso gene è espresso anche da cellule apparentemente normali, localizzate a distanza dalla massa tumorale.

Secondo la biotech americana Agenus, un vaccino potrebbe essere in grado di rallentare significativamente la progressione del glioblastoma multiforme, rispetto al solo trattamento standard. Si tratta di un vaccino attualmente in fase di sperimentazione clinica: il Prophage Series G-100 (HSPPC-96).

E’ l’oncogene RAS difettoso a spiegare un quarto dei casi di carcinoma sporadico. Secondo uno studio dell’Università di Pisa, renderebbe il tumore meno aggressivo e più sensibile ai nuovi farmaci

Se è noto da tempo che la forma ereditaria di carcinoma midollare della tiroide - che rappresenta solo un quinto di tutti i casi di questa rara neoplasia - è sempre associata a una mutazione nel gene RET, le basi genetiche di quella sporadica (cioè casuale) sono ancora in parte da chiarire. Un nuovo studio interamente italiano, pubblicato su Thyroid , ha consentito di fare un passo avanti e confermare quello che finora era stato nell’ordine delle ipotesi: alla base di alcuni casi c’è la mutazione dell’oncogene RAS.

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