Identificata la causa genetica di una rara malattia ereditaria dovuta alla forte carenza di piastrine, gli elementi del sangue responsabili dell’arresto delle emorragie: è quanto afferma una ricerca finanziata da Telethon e coordinata da Carlo Balduini, direttore della Clinica Medica III della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo e docente dell’Università di Pavia. Pubblicato sull’American Journal of Human Genetics, lo studio ha visto la partecipazione di diversi gruppi storicamente impegnati con Telethon nello studio dei difetti ereditari della coagulazione, tra cui quelli di Anna Savoia dell’Università di Trieste-Irccs Burlo Garofolo, Marco Seri dell’Università di Bologna e Silverio Perrotta della Seconda Università di Napoli. “Sono dieci anni che studiamo questa malattia, osservata per la prima volta in due famiglie, una italiana e una americana - spiega Balduini - La difficoltà più grande stava nel fatto che, a differenza di quanto accade in altre piastrinopenie ereditarie già note, le piastrine di questi pazienti hanno un aspetto pressoché normale. Era quindi molto difficile diagnosticarla, non sapevamo di fatto che cosa andare a cercare. Questo ha fatto sì che in passato molti pazienti abbiano ricevuto trattamenti non solo inadatti, ma anche dannosi come una massiccia terapia a base di cortisone o l’asportazione della milza”.  L’identificazione del gene responsabile - ANKRD-26 - segna quindi un punto di svolta per questi malati.

Per le persone affette da ARDS – la sindrome da distress respiratorio dell’adulto, e per coloro che corrono il rischio di svilupparla a seguito di altre malattia, arriva una interessante novità. Un gruppo di ricercatori della Pennsylvania ha infatti individuato un nuovo bersaglio terapeutico, una proteina chiamata delta chinasi (PKC delta). Bloccando l’attivazione di questa proteina attraverso uno specifico inibitore, il peptide TAT, sembra infatti – anche se per ora lo studio è stato condotto solo su modelli animali – che si riesca a controllare l’infiammazione polmonare tipica di questa malattia, una delle maggiori cause di morte in terapia intensiva. I risultati della ricerca sono appena stati pubblicati sul Journal of Leucocite Biology. In particolare, bloccando l’attivazione di questa proteina, si riuscirebbe a ridurre il danno causato dai neutrofili, che sono i globuli bianchi più abbondanti nel sangue e che normalmente hanno la funzione di riconoscere e distruggere microrganismi patogeni, ma che in condizioni di infiammazione, come appunto nell’ARDS possono anche provocare un danno nei tessuti.

La Banca europea degli investimenti e Cariparma finanziano con 80 milioni il settore ricerca e sviluppo di Chiesi Farmaceutici. Nel 2011 saranno erogate le due linee di credito dal valore totale di 80 milioni di euro, che avranno una durata complessiva di otto anni e supporteranno Chiesi nello sviluppo di nuove terapie per le patologie respiratorie, tra cui asma e malattia polmonare cronica ostruttiva, e per patologie che richiedono terapie intensive, quali ad esempio la sindrome da distress respiratorio e fibrosi cistica.

Della sindrome Antifosfolipidi (APS) abbiamo già parlato una settimana fa pubblicando uno studio relativo al ruolo della vitamina D condotto da una equipe di studio internazionale. Tra gli autori della pubblicazione c’è il Prof. Pierluigi Meroni, attualmente primario della Reumatologia dell’Istituto Ortopedico Pini di Milano. A seguito delle molte richieste arrivate da voi lettori ci siamo rivolti a lui per fare il punto sulla situazione partendo dal recente studio e dalle vostre domande soprattutto sul rischio di aborti ricorrenti e la predisposizione familiare alla malattia. Le notizie sono buone perché confermano l’utilità della vitamina D, la possibilità per le donne fertili di portare a termine una gravidanza con gli opportuni trattamenti e anche il prossimo arrivo di farmaci antitrombotici nuovi e lo sviluppi di approcci terapeutici sperimentali che fanno ben sperare.

Uno studio condotto da una equipe internazionale in Germania, all’Università di Leiden, ha individuato un nuovo gene e delle specifiche mutazioni che sono coinvolte nella sindrome di Treacher-Collins (TCS) una malattia congenita dello sviluppo craniofacciale caratterizzata da gravi dimorfismi del volto, soprattutto a livello di bocca e orecchie. In particolare il gruppo di studio guidato dal prof Johannes G Dauwerse ha individuato su ben 252 persone affette dalla malattia, 20 mutazioni eterozigoti nel gene POLR1D mentre in tre soggetti sono state individuate mutazioni in entrambi gli alleli di POLR1C. Poiché entrambe i geni  hanno un ruolo importante nella sintesi degli RNA ribosomiali i risultati di questo studio, pubblicato sul numero del 5 dicembre di Nature Genetics, confermano l’idea che la sindrome di Treacher-Collins sia una malattia di tipo ribosomiale.

Nelle persone affette da Sindrome da Antifosfolipidi (APS) il livello di vitamina D presente nel sangue è più basso che nei soggetti sani, somministrarla può aiutare a prevenire le trombosi tipiche della malattia e l’insorgenza di altri problemi, come ad esempio quelli cardiovascolari. La conferma dell’implicazione di questa vitamina nella malattia e l’utilità di una sua somministrazione arriva da uno studio, pubblicato recentemente sulla rivista scientifica ‘Annuals of Rheumatic Diseases’, e firmato da tre reumatologi italiani - il prof Pier Luigi Manconi, direttore della reumatologia dell’Istituto Ortopedico Pini di Milano, la professoressa Angela Tincani, degli Spedali Civili di Brescia e il prof Andrea Doria del dipartimento di reumatologia dell’Università di Padova.

Per la sindrome di Turner, una malattia legata alla cancellazione totale o parziale del cromosoma X, è in arrivo un nuovo test diagnostico precoce, che i ricercatori sostengono essere meno costoso di quelli in uso attualmente. La notizia è stata recentemente pubblicata in uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism (JCEM) ed è firmata dal  prof Scott Rivkees della facoltà di medicina dell’università di Yale. Si tratta di una notizia di rilievo in quanto poter diagnosticare la malattia con anticipo permetterebbe di intervenire tempestivamente con migliori risultati grazie alla terapia di tipo ormonale che ha dimostrato di dare migliori risultati che migliorano con la precocità.

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