Nemmeno un farmaco appositamente studiato, impossibilità di attribuirle una incidenza, la sindrome di Van Den Ende-Gupta (VDEGS) è quella che può definirsi veramente una malattia rarissima. I medici che la conosco fino ad ora potevano arrivare al sospetto di diagnosi basandosi per lo più sui  tratti somatici tipici del paziente: palpebre insolitamente strette,  nasi a becco, deformità della mandibola e labbro inferiore spinto all’infuori. Da oggi, grazie ad un nuovo passo avanti della genetica realizzato da un team di ricercatori canadesi, si conosce anche il genere responsabile della malattia: è lo SCARF2, lo stesso che è implicato in altre malattie rare come la sindrome DiGeorge che causa difetti cardiaci e deformità a livelli di faringe e palato. I risultati dello studio sono stati pubblicati sull’ultimo numero dell’American Journal of Human Genetics.

Un fratello e una sorella che da anni cercano una risposta per la malattia che li affligge, la displasia ectodermica associata a sindattilia, cioè l’unione di più dita, una malattia rara riassunta anche con la sigla EDSS (sindrome displasia ectodermica - sindattilia). Un medico – il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma - che dall’osservazione clinica e grazie alla sua indiscussa esperienza riesce a trovare il filone di ricerca giusto per scoprirne le cause. E’ da questo incontro che è nata una ricerca i cui risultati sono stati pubblicati ad agosto sull’American Journal of Human Genetic e che ha portato a scoprire finalmente la causa genetica della EDSS.

Un farmaco già esistente, il Bosentan - utilizzato per l’ipertensione polmonare – può rallentare la formazione di nuove ulcere nei malati di sclerosi sistemica, o sclerodermia, una malattia rara autoimmune che colpisce il tessuto connettivo causando fibrosi della pelle e di alcuni organi interni come polmoni, apparato gastrointestinale, cuore e reni. A capo del gruppo di studio che ha fatto l’importante scoperta, pubblicata il 30 agosto scorso sull’Annals of the Rheumatic diseases, è un ricercatore italiano, il dottor Marco Matucci Cerinic, dell'Università di Firenze, esponente di spicco della reumatologia italiana e internazionale.

Lo aveva predetto la rivista Science: uno dei campi da cui ci si doveva attendere maggiori risultati nel 2010 era quello degli ‘Exome Studies’, il sequenziamento di quei geni che producono le proteine essenziali al funzionamento della macchina umana. Previsione giusta se si considerano i risultati dello studio condotto dal prof Friedhelm Hildebrandt nel laboratorio che dirige all'Università del Michigan e pubblicato nel numero di settembre di  Nature Genetics. Hildebrand è infatti riuscito a sperimentare con successo un nuovo metodo di analisi genetica, molto più veloce di quelli usati in passato, che combina il metodo di cattura dell’exome con una elaborazione dei dati detta a parallelismo massiccio e capace di analizzare velocemente una grande mole di fattori. Nel caso specifico lavorando sul materiale genetico di persone affette da una famiglia di gravi malattie renali ereditarie, le ciliopatie associate a nefronoftisi o NPHP-RC, è riuscito ad individuare un nuovo gene coinvolto e a farlo anche  in breve tempo.

Che la terapia genica sia la strada da percorrere per arrivare ad una cura definitiva della ADA SCID - una malattia rara conosciuta anche sindrome dei ‘Bubble Boys’, i ragazzi rinchiusi in una bolla di protezione a causa del malfunzionamento del sistema immunitario - non ci sono ormai dubbi. La speranza è arrivare a guarire la malattia con un solo intervento e senza nemmeno la chemioterapia.

Quando si parla di malattie di origine genetica la più grande speranza della medicina moderna è quella di riuscire a correggere la (o le) mutazione genetica che le provocano (per esempio utilizzando metodologie come la terapia genica), ma una ricerca da poco pubblicata online su Science Express, potrebbe indicare una nuova via, quella cioè i ricombinare i geni (in una forma salutare) man mano che la malattia stessa procede. Keith Choate, professore di dermatologia all’Università di Yale, e il suo team hanno infatti osservato un singolare fenomeno che si verifica nella grave malattia della pelle chiamata ittiosi a coriandoli.

Tra gli autori di uno degli studi due italiani, il Prof. Carlo Rivolta e Silvio Alessandro Di Gioia, che però lavorano all'Università di Losanna

Tre nuovi studi fanno luce sulla retinite pigmentosa, malattia rara che restringe il campo visivo e può portare alla cecit. Il primo, uno studio condotto su 118 pazienti tedesch,i ha appena identificato delle nuove mutazioni genetiche implicate nella malattia. A condurlo un pool di ricercatori che ha operato all'Università di Genetica Umana di Regensburg, in Germania: tra questi figurano anche due ricercatori italiani, che attualmente però lavorano all’Università di Losanna, in Svizzera: il professor Carlo Rivolta, laureato all’Università di Pavia, e Silvio Alessandro Di Gioia. I risultati dello studio sono recentemente stati pubblicato sull’American Journal of Human Genetics e tra gli autori.

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