Topolino di laboratorioTrattati in laboratorio, alcuni topi hanno per la prima volta percepito suoni equivalenti a un sussurro. Affinché la terapia arrivi all’uomo, la strada è comunque ancora lunga

Recenti test preliminari, condotti su modelli animali, sembrano delineare una nuova e promettente prospettiva terapeutica per i circa 125 milioni di individui che, a livello globale, soffrono di disturbi uditivi di natura genetica. Un'innovativa terapia genica, infatti, è stata messa a punto e sperimentata con successo su alcuni esemplari di topo affetti da sindrome di Usher, ottenendo risultati persino migliori di quelli previsti. Due studi correlati, da poco pubblicati sulla rivista Nature Biotechnology, spiegano l'idea alla base di questo potenziale trattamento e le incoraggianti prove precliniche finora raccolte dai ricercatori.

Una ricerca tutta italiana chiarisce un importante meccanismo cellulare che degenera in numerose forme tumorali

Milano – Il processo di duplicazione cellulare è controllato anche dagli stimoli che arrivano alla cellula dall’ambiente esterno attraverso l’attivazione di alcuni recettori posti sulla sua superficie, che funzionano come interruttori di proliferazione. Eliminare questi interruttori dopo che hanno svolto la loro funzione fisiologica è fondamentale: l'eccessiva proliferazione è infatti tipica delle cellule tumorali. Un gruppo di ricercatori guidati da Pier Paolo di Fiore e Sara Sigismund, dell’IFOM e dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con il Centro di Imaging Sperimentale diretto dal professor Carlo Tacchetti, dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha svelato uno dei meccanismi con cui la cellula riassorbe uno di questi recettori, chiamato EGFR, e lo elimina.

Ricercatore - Università di SassariI ricercatori del CNR hanno sequenziato i geni di 600 individui sardi. Il lavoro, durato oltre sei anni, è stato pubblicato sulla rivista Nature Genetics

CAGLIARI – La Sardegna, da decenni, attira la curiosità dei ricercatori perché presenta delle varianti genetiche molto rare nel resto del mondo, risultato di un popolamento avvenuto in epoche preistoriche e preservate dall’ambiente insulare. L'ultimo passo verso la comprensione del genoma umano è stato compiuto da un team di ricercatori guidati da Francesco Cucca, direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr (Irgb-Cnr) e professore di Genetica Medica all'Università di Sassari.

Alla scoperta hanno contribuito diversi centri di ricerca italiani, come l'Istituto G. Gaslini di Genova, l'Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia, l'Ospedale di Parma, L'Istituto di Tecnologie Biomediche (ITB-CNR) di Milano e le Università di Parma, Bari, Milano e Brescia

Chi abbia familiarità con la scrittura in 'html' sa bene che anche un solo piccolo errore in una stringa può stravolgere l'estetica e la funzionalità della pagina web che si sta cercando di creare. Allo stesso modo, un errore nella sequenza di DNA di un qualsiasi cromosoma può provocare l'insorgenza di patologie come la sindrome di DiGeorge, che, oltre ad essere piuttosto severe, si associano ad una quantità incredibile di complicanze a carico di numerosi organi. In uno studio da poco pubblicato sull'insigne rivista The New England Journal of Medicine, un team internazionale di ricercatori è riuscito a risalire al gene collegato alle malformazioni congenite del rene e delle vie urinarie che si osservano frequentemente in questa sindrome.

L'innovativo test, denominato Helixafe, è stato sviluppato da Bioscience Genomics, 'spin off' dell’Università di Tor Vergata (Roma)

Roma - E’ ormai noto che i tumori sono il risultato di un insieme di mutazioni del DNA che sopraggiungono e si accumulano, nel corso della vita, nelle cellule dell’individuo. Tali mutazioni, dette “somatiche” (colpiscono solo alcune cellule dell’organismo e non sono trasmesse alla progenie), sono la conseguenza dei danni apportati al DNA da diversi fattori quali fumo, inquinamento, radiazioni, alcool, farmaci, alterazioni metaboliche come nell’obesità, nell’invecchiamento, ecc. Molte di queste mutazioni vengono spontaneamente riparate dall’organismo e le cellule mutate eliminate.

Un lavoro appena pubblicato su Autophagy suggerisce come ottimizzare la rimozione di proteine neurotossiche in due differenti forme di malattia del motoneurone: l’Atrofia Muscolare Spinale e Bulbare (SBMA) e la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). La ricerca è stata sostenuta da Fondazione Telethon, Fondazione AriSLA, Fondazione Cariplo, Ministero della Salute, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Regione Lombardia e dal programma europeo di programmazione congiunta sulle malattie neurodegenerative JPND.

Foto di un armadilloAvete mai sentito parlare della ‘sindrome dell’armadillo’? Probabilmente no, perché è una malattia ‘rara’ che nella realtà con ogni probabilità non esiste. In effetti, questa condizione non è altro che la lungimirante invenzione di un gruppo di ricercatori dell’Università di Montreal (CRCHUM), che l’ha prodotta in laboratorio su un modello murino ‘cancellando’ dal DNA degli animali l’espressione di un gene particolare, detto ARMC5 (‘Armadillo repeat containing 5’, da qui il nome della sindrome), il quale codifica per una proteina citosolica senza attività enzimatica.

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