Julius Cesar’s Disease – A New DiagnosisUno dei maggiori esperti, il dott. Francesco Maria Galassi, ce ne fornisce un esempio nel suo nuovo libro “Julius Cesar’s Disease – A New Diagnosis”. Giulio Cesare soffriva davvero di epilessia?

È di questi giorni la notizia che i resti ossei conservati al Museo Egizio di Torino potrebbero appartenere alla regina Nefertari, consorte del faraone Ramses II, considerata una delle più influenti e rappresentative figure femminili della storia antica. Un team internazionale di scienziati ha eseguito insieme alla datazione al radiocarbonio un approfondito pannello di analisi chimiche, antropologiche e genetiche deducendo che i frammenti delle gambe recuperati più di un secolo fa nella Valle delle Regine dall’archeologo italiano Ernesto Schiaparelli apparterebbero alla nota regina. Alcuni degli esami eseguiti hanno consentito di dedurre anche di quali malattie soffrisse la sovrana che, secondo gli storici, sarebbe vissuta sino ai 40-50 anni. Sono state, infatti, evidenziate tracce di osteoartrosi e osteopenia compatibili con l’età e con uno status sociale poco propenso allo svolgimento di lavori fisici.

Da una proteina “fossile” arriva una possibile soluzione per una rara patologia umana: è quanto descritto su Scientific Reports dal gruppo di ricerca guidato da Riccardo Percudani dell’Università di Parma, grazie anche a un finanziamento di Fondazione Telethon. La patologia in questione, ancora priva di una terapia efficace, si chiama sindrome di Lesch-Nyhan ed è caratterizzata dall’accumulo eccessivo di acido urico nel sangue (iperuricemia), che porta allo sviluppo di gotta e problemi renali, nonché gravi deficit neurologici.

I ricercatori di 30 organizzazioni ottimizzeranno algoritmi predittivi di marker tumorali derivanti dal DNA, alla ricerca di nuovi trattamenti personalizzati contro il cancro

Il Parker Institute for Cancer Immunotherapy e il Cancer Research Institute (CRI) hanno annunciato un’importante collaborazione focalizzata sui neoantigeni. Lo studio di questi marker tumorali unici sta diventando sempre più un importante filone di ricerca che gli scienziati ritengono possa essere la chiave per sviluppare una nuova generazione di immunoterapie contro il cancro, personalizzate e mirate.

Il dato emerge da uno studio italiano condotto in collaborazione dall'Università di Pisa e dall'Ospedale San Camillo IRCCS di Venezia

Pisa - Con il temine di 'anosognosia' si definisce un disturbo neuropsicologico che consiste nell'incapacità di un paziente di riconoscere lo stato della sua malattia, manifestando il convincimento di possedere le capacità motorie o cognitive che in realtà ha perso in seguito a lesione cerebrale. Nella distrofia miotonica di tipo 1 (DM1), le disfunzioni neuropsicologiche e le comorbilità psichiatriche associate possono compromettere la consapevolezza dei pazienti in merito agli effetti e alla progressione della patologia, dando luogo a ritardi nelle procedure diagnostiche e a difficoltà nella gestione di adeguati trattamenti. Di recente, la rivista Orphanet Journal of Rare Diseases ha pubblicato i risultati di una ricerca italiana progettata per stimare il grado di prevalenza dell'anosognosia nelle persone colpite da DM1.

Uno studio ha rivelato che, nonostante i dubbi e le paure, i pazienti sono favorevolmente disposti nei confronti della ricerca

ROMA – Qual è l'atteggiamento dei pazienti con una malattia rara riguardo alla partecipazione alla ricerca sul genoma, e in particolare rispetto alla condivisione a livello internazionale dei propri dati e campioni biologici? In passato è stata pubblicata una miriade di articoli sulle opinioni dei pazienti su questi temi, ma quelle di un distinto sottogruppo – le persone con una malattia rara – sono sconosciute, ed è importante capire se differiscono da quelle del pubblico generale.

I risultati di una sperimentazione sono stati presentati dal prof. Alei al congresso di Madrid

Roma - La cura della sessualità nel maschio è spesso più difficoltosa che nella donna perché nella gran parte dei casi un problema andrologico viene associato al concetto di impotenza o di scarso vigore e, pertanto, viene coperto da un immotivato senso di vergogna e rimane nell’anonimato. Ciò avviene principalmente quando il problema è costituito dalla disfunzione erettile, definita come l’incapacità di raggiungere o mantenere un’erezione soddisfacente per la durata del rapporto sessuale. Nel nostro paese sono circa 3.145.000 gli uomini affetti da questo disturbo e solamente il 13% viene trattato mentre il restante 87% nasconde il problema. La disfunzione erettile può colpire in tutte le fasce d’età ma, normalmente, affligge uomini di età compresa tra i 40 e i 70 anni e il fatto che non si presenti come un episodio isolato può dipendere da fattori come la stanchezza o lo stress ma può anche essere sintomo di patologie più gravi a carico del sistema nervoso (sclerosi multipla, morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson), endocrino (ipogonadismo primario, ipo- e ipertiroidismo) o vascolare (ipertensione, diabete mellito, infarto o ictus).

Venezia – In occasione del 47° Congresso Nazionale, la Società Italiana di Neurologia (SIN) pone le basi per l’introduzione anche in Italia del Global Burden of Disease (GBD), il più completo studio epidemiologico osservazionale mondiale. Il GBD è un progetto che ha come obiettivo primario quello di raccogliere dati per descrivere lo stato di salute, la mortalità e la disabilità della popolazione mondiale determinata da tutte le malattie (gravi e non), da lesioni traumatiche e da fattori di rischio. La frequenza e le conseguenze sullo stato di salute sono nella survey, inquadrate geograficamente in 188 nazioni, e quindi permettono una mappa della salute globale, nazionale e regionale. Il GBD consente, dunque, di interpretare le mutevoli sfide per la salute che le persone affrontano oggi in tutto il mondo. I suoi risultati sono periodicamente riportati sul Lancet (ultimo con edizione speciale nel luglio 2016) ma trovano spazio anche su altre riviste mediche mondiali di assoluto prestigio, come NEJM, JAMA e BMJ.

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