Secondo una notizia pubblicata su Nature, i ricercatori della Kyoto University in collaborazione con quelli dell’Hyogo College of Medicine avrebbero scoperto che le statine impiegate nel trattamento dell’ipercolesterolemia, unite a colture di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), sarebbero utili nel trattamento di pazienti con malattie rare a carico del sistema osseo e cartilagineo. I risultati di questa ricerca potrebbero essere di notevole aiuto per i pazienti affetti da displasia scheletrica, in particolare per coloro che soffrono di acondroplasia o displasia tanatofora.

Sono stati pubblicati sulla rivista Nature Chemical Biology i risultati di una sperimentazione condotta dai ricercatori dell’Università di Stanford che, a partire dal lievito e per mezzo della tecnologia di ricombinazione genetica, sono riusciti a produrre degli oppioidi in laboratorio, eliminando così la necessità di coltivare il papavero.
Questo risultato è molto interessante se si pensa che tale produzione potrebbe trovare applicazione nel campo del trattamento del dolore.

Bayer HealthCare e Janssen Research & Development hanno recentemente annunciato l'avvio di tre nuovi studi clinici che indagheranno attività, efficacia e sicurezza di rivaroxaban, farmaco impiegato nella prevenzione della formazione di coaguli potenzialmente fatali in pazienti a rischio di tromboembolismo arterioso.
Rivaroxaban è un inibitore orale del fattore di coagulazione Xa, già stato approvato per cinque indicazioni in sette diversi ambiti d’impiego.

Secondo una notizia riportata da OrphaNews Italia, la newsletter di Orphanet Italia, uno studio pubblicato su The Lancet Oncology afferma che gli adolescenti e i giovani adulti non rappresentano un numero significativo nelle sperimentazioni cliniche oncologiche. Questo dato è in contraddizione con il fatto che il  numero di casi di tumore in questo gruppo di pazienti è piuttosto elevato. La buona notizia è che, secondo quanto riportato nello studio, tra il 2005 e il 2011 si è verificato un incremento della partecipazione degli adolescenti e dei giovani adulti in studi clinici e questo grazie a cinque criteri: disponibilità, accessibilità, consapevolezza, opportunità e accettabilità.

Secondo una notizia riportata da OrphaNews Italia, la newsletter di Orphanet Italia, in uno studio pubblicato su Journal of General Internal Medicine i ricercatori suggeriscono di utilizzare gli esiti riportati dai pazienti (cosidetti: patient-reported outcomes) per misurare i progressi ottenuti nelle sperimentazioni cliniche.
“Gli autori- si legge su OrphaNews Italia- suggeriscono che gli esiti riportati dai pazienti siano valutati da ricercatori esperti e adattati alle popolazioni dei pazienti e ai sintomi specifici, come il sistema Patient Reported Outcomes Measurement Information System (PROMIS) messo a punto dal servizio sanitario britannico”.

Al Gemelli si guarda al futuro con la prospettiva è di trasformare cellule cutanee del singolo paziente in cellule tiroidee in grado di produrre in modo controllato gli ormoni di questa ghiandola

Un giorno un paziente che debba togliere la propria tiroide malata o con tumore potrebbe vedersi sostituita la ghiandola con una fatta su misura per lui in provetta a partire da un gruppetto di cellule prese dalla sua pelle: l’idea scaturisce da alcuni esperimenti – eseguiti per ora con cellule di topolini - presentati al 41/imo Congresso Annuale della Società Europea degli Organi Artificiali – ESAO, che si è chiuso al Centro Congressi Giovanni XXIII dell’Università Cattolica del Sacro Cuore - Policlinico A. Gemelli di Roma.

Un team di ricercatori dell'Ottawa Hospital Research Institute, guidati dal dott. Harold Atkins, hanno utilizzato il trapianto di cellule staminali su due donne con sindrome della persona rigida (stiff person syndrome), riuscendo a mettere in remissione la malattia. La sindrome della persona rigida è una malattia rara e invalidante caratterizzata da rigidità del torace e degli arti. La presenza di anticorpi contro la decarbossilasi dell'acido glutammico (GAD) nella maggior parte dei pazienti suggerisce un'origine autoimmune della patologia.

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