Le malattie croniche sono patologie che presentano sintomi costanti nel tempo e per le quali le terapie non sono quasi mai risolutive.
L'incidenza di queste patologie, che possono essere di origini molto diverse, è molto alta. Le malattie croniche rappresentano circa l'80 per cento del carico di malattia dei sistemi sanitari nazionali europei.

Presentati al Congresso della SIN - Società Italiana di Neurologia (Milano, 2 - 5 novembre 2013) i risultati preliminari dello studio ENABLE che ha valutato gli effetti del trattamento a lungo termine con fampridina a rilascio prolungato sulla mobilità e sulla qualità della vita dei pazienti affetti da Sclerosi Multipla (SM).
ENABLE è uno studio multicentrico della durata di 48 settimane condotto in Europa, Canada e Australia in 85 centri, tra cui 5 italiani: l’Ospedale San Raffaele di Milano, l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, l’Ospedale S. Andrea di Roma, l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Bari.

Il “Committee for Medicinal Products for Human Use” (CHMP) ha dato parere favorevole all'uso del farmaco sofosbuvir nell’ambito di un programma di uso compassionevole destinato ai pazienti con infezione da epatite C.
Nel programma sono coinvolti pazienti in attesa di trapianto di fegato o in condizioni di post trapianto ma che hanno ripresentato la malattia in forma grave.

Secondo una notizia pubblicata da Pharmastar, l'Fda ha dato parere positivo all’approvazione del nuovo antivirale simeprevir (TMC435), farmaco impiegato nel trattamento di pazienti adulti infettati da virus dell'epatite C (HCV) di genotipo 1, con malattia epatica compensata, naive al trattamento o che abbiano fallito una precedente terapia con interferone (con o senza la ribavivirina).

Un enzima "scudo" chiamato Adam 10 potrebbe proteggere i neuroni dall'accumulo di proteina beta-amiloide, la sostanza che soffoca le cellule del sistema nervoso dei malati di Alzheimer. La scoperta, discussa a Torino durante il 36esimo Congresso nazionale della Società italiana di farmacologia (23-26 ottobre, Centro congressi del Lingotto), porta la firma di Monica Di Luca e colleghi del Dipartimento di scienze farmacologiche e biomolecolari dell'università degli Studi di Milano. Il lavoro è pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, e apre alla ricerca di un metodo farmacologico che possa "incatenare" Adam 10 alla membrana cellulare, mantenendolo al suo posto e prolungandone l'attività.

Arriva un test clinico che sembra in grado di identificare il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer, nei pazienti che non hanno ancora manifestato i sintomi della malattia. Il test è frutto degli studi dei ricercatori dell'Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca (AFaR) guidati da Rosanna Squitti.
E' più di un decennio che, anche nel nostro Paese, ci si interroga e si fa ricerca sul ruolo del rame nello sviluppo della malattia di Alzheimer ed è stato dimostrato che esiste una relazione tra la demenza tipica di questa patologia e i livelli di rame “libero” presente nel sangue, ossia quella concentrazione di rame circolante nel flusso sanguigno non legato alla proteina che normalmente lo trasporta, chiamata ceruloplasmina.

Negli Stati Uniti è già stato avviato il reclutamento di partecipanti per uno studio clinico, in doppio cieco e controllato mediante placebo, condotto allo scopo di indagare se l'assunzione di vitamina D, in particolare di vitamina D3 (colecalciferolo), risulti efficace nel prevenire o ritardare il diabete di tipo 2 negli adulti che sono ad alto rischio di sviluppare la malattia a causa di una condizione definita come “prediabete”.
Lo studio, denominato D2d (Vitamin D and type 2 diabetes), è stato finanziato dal National Institutes of Health (NIH) e verrà svolto in 20 centri scientifici statunitensi.

La società farmaceutica Pfizer ha recentemente presentato i risultati di due studi di Fase III sul principio attivo pregabalin (Lyrica), impiegato nei confronti di pazienti affetti da fibromialgia e neuropatia diabetica periferica dolorosa. Lo studio sulla fibromialgia ha dato risultati positivi, soddisfacendo l’endpoint primario e mostrando una diminuzione del dolore associato a questa patologia. Come riportato da Pharmastar la ricerca condotta su pazienti affetti da neuropatia diabetica non ha invece soddisfatto gli endpoint primari, riducendo il dolore associato alla malattia in maniera appena sufficiente rispetto al placebo.

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