In Italia, la fibrosi polmonare idiopatica è stata inserita tra le malattie rare esenti da ticket nel 2017, in base al Decreto sui nuovi LEA del 12 marzo. In genere, colpisce intorno ai 65 anni: i polmoni si riempiono di tessuto fibroso e la malattia toglie letteralmente il fiato, fino all'insufficienza respiratoria. Fino a poco tempo fa l'unica soluzione era il trapianto di polmoni. Nel nostro Paese, dal 29 giugno 2013, è regolarmente in commercio il pirfenidone, primo trattamento in grado di rallentare la progressione di malattia. Il farmaco viene erogato dalle farmacie ospedaliere su prescrizione del medico specialista. Da aprile 2016 è disponibile anche un secondo farmaco, nintedanib, anch'esso in grado di rallentare la progressione di malattia.
Il codice di esenzione dell'IPF è RHG010 (afferisce al gruppo "Malattie interstiziali polmonari primitive").
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Monaco, Germania – InterMune®, Inc. ha presentato al Congresso della European Respiratory Society (ERS) 2014 i risultati delle analisi combinate provenienti dai dati di tre studi clinici multinazionali e randomizzati di fase tre (gli studi ASCEND, CAPACITY 004 e 006) che dimostrano benefici a lungo termine del trattamento con pirfenidone per i pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (IPF) dopo 72 settimane di trattamento. I dati sono stati presentati all'ERS dal Prof Paul W. Noble, M.D del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles.
Il farmaco, non ancora approvato, sta dando risultato soddisfacenti nel rallentamento della progressione
Monaco – All’European Respiratory Society International Congress (ERS) sono stati presentati questa mattina dei nuovi dati a favore del farmaco sperimentale nintedanib, testato per il trattamento dei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (IPF). Secondo i dati derivanti dallo studio clinico di fase II INPULSIS il farmaco, prodotto da Boheringer Ingelheim, ha dimostrato di essere in grado di ridurre la progressione di malattia indipendentemente dal grado di funzionalità polmonare di partenza del paziente.
Monaco (Germania) – Alcuni casi di Fibrosi Polmonare Idiopatica potrebbero essere legati all’esposizione all’asbesto, meglio conosciuto come amianto. A portare l’attenzione sull’argomento è una ricerca presentata questa mattina al Congresso Internazionale dell’European Respiratory Society che, se confermata, potrebbe aprire la strada a un nuovo approccio terapeutico dedicato. La ricerca in questione, realizzata dal team del Dottor Reynolds dell’Imperial College di Londra, presenta nuovi dati sulla mortalità dovuta a IPF e mesotelioma.
Per ora è stata dimostrata la sicurezza della terapia, ma pirfenidone rimane per ora l’unico farmaco utilizzabile contro la malattia
AUSTRALIA - In uno studio testato per la prima volta sull’uomo e pubblicato su Respirology (Official Journal of the Asian Pacific Society of Respirology), un gruppo di ricercatori australiani ha dimostrato che la terapia con cellule stromali mesenchimali (MSC) è fattibile e ha un soddisfacente profilo di sicurezza a breve termine nella fibrosi polmonare idiopatica. Studi preclinici avevano già sostenuto l’efficacia della terapia MSC per via endovenosa nell’infiammazione e nella fibrosi polmonare indotta da bleomicina; tuttavia la possibilità di peggiorare una fibrosi accertata rimaneva una preoccupazione.
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una malattia cronica degenerativa sempre più comune, caratterizzata da dispnea progressiva, scarsa sopravvivenza e un’incidenza strettamente legata all’età. Mentre l’eziologia esatta rimane sconosciuta, l’IPF probabilmente rappresenta il risultato finale di una fallita riparazione epiteliale nella cornice di episodi ricorrenti di lesione.
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una malattia cronica progressiva di cui è ignota l’eziologia. La sopravvivenza media stimata è di soli 3 anni. Essendo l’IPF una malattia rara è difficile studiarla, anche all'interno di centri di riferimento specializzati e delle reti di collaborazione che si istituiscono a livello regionale. Nonostante esistano registri IPF a livello locale regionale, infatti, resta il problema della non condivisione a livello nazionale di una metodologia comune su cui costruire questi stessi registri. Di conseguenza è difficile combinare e confrontare i dati relativi a pazienti provenienti da diverse regioni. La creazione di un registroglobaleIPFfaciliterebbe certamente la comprensionedella patogenesi della malattia, così come un confronto tra i diversi modelli diagnostici e di gestione adottati delle diverse regioni aiuterebbe ad individuare le ‘buone pratiche’ per la presa in carico della patologia. La creazione di un registro globale IPF permetterebbe la creazione di una rete di sperimentazione clinica più efficiente e potrebbe rappresentare una piattaforma per una fattiva collaborazione tra tutti gli attori coinvolti (caregivers, medici, ricercatori, associazioni professionali e scientifiche, partner industriali e governi). Sono questi i punti su cui si basa la proposta di un gruppo di ricercatori, tra cui l’italiano Luca Richeldi, di sviluppare un piano quinquennale per il raggiungimento di questo obiettivo.
Il pirfenidone, in attesa della commercializzazione anche negli USA, passa dunque nella mani della big pharma svizzera, che ha nella sua pipeline altri prodotti in ambito respiratorio
La notizia è arrivata ieri: InterMune, azienda biotech americana produttrice per pirfenidone – l’unico farmaco al momento approvato contro la Fibrosi Polmonare Idiopatia (IPF) – passa di mano, finendo sotto il controllo della ‘big pharma’ svizzera Roche. I consigli di entrambe le società hanno approvato all’unanimità l’accordo di fusione delle due aziende in base al quale Roche acquisirà completamente InterMune con una transazione di 8,3 miliardi di dollari, o 74.00 dollari americani per azione. Si tratta di una cifra considerevole anche rispetto all’attuale valore delle azioni di InterMune e rappresenta il riconoscimento di un lavoro svolto con passione e grandi risultati. Un lavoro che ha permesso non solo di portare sul mercato europeo questo farmaco ma anche di stringere un legame forte con la comunità IPF, tanto sul fronte associativo che su quello dei network di ricerca e clinici, contribuendo a far sì che la IPF, da patologia quasi sconosciuta, acquisisse un posto di primo piano nei congressi scientifici.
In occasione dell'Air Meeting 2014, realizzato grazie al supporto di InterMune, Osservatorio Malattie Rare ha intervistato alcuni dei più esperti clinici italiani sul tema. Le tematiche trattate sono le più care ai pazienti: diagnosi, terapia, riconoscimento della patologia a livello ministeriale e prospettive per il futuro.
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