Studio Italiano, finanziato da Telethon e AIRC, dimostra come le cellule sfruttino l’acido ribonucleico per regolare l’attività dei geni in caso di eventi improvvisi

Il dott. Valerio Orlando, ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco che lavora alla Fondazione Santa Lucia di Roma, ha scoperto come in caso di crisi le cellule adattano il loro proprio normale programma genetico modulando l’attività dei geni grazie all’interferenza dell’RNA e come ciò avviene su scala globale nel genoma.

Lo studio italiano è stato sostenuto dall’associazione pazienti AST

La sclerosi tuberosa (ST) correlata in maniera chiara con LAM (linfangioleiomiomatosi) - circa il 40 per cento dei pazienti ST sono anche affetti dalla LAM - è una malattia genetica molto frequente nei bambini, che coinvolge in modo particolarmente grave già dai primi anni di vita il sistema nervoso centrale. La sclerosi tuberosa è determinata dalla mutazione in uno dei due geni, chiamati TSC1 e TSC2, la cui assenza porta all'attivazione incontrollata di un mediatore molecolare, mTOR, che regola finemente la crescita e proliferazione cellulare. L'identità biologica della cellula all'origine delle lesioni neurologiche presenti in questa malattia non era stata ancora chiaramente definita: ora però grazie ad uno studio italo – spagnolo pubblicato su Cell Stem Cell è stata fatta maggiore chiarezza sul ruolo del mediatore molecolare mTOR anche se per ora la ricerca è stata condotta solo su modello animale.     

Tra le patologie la sindrome di Preder Will, al Silver Russel e l’ipocrondodisplasia

Sindrome Kbg, Preder Will, Noonan, Morquio, Turner, Hunter e ancora sindrome di Silver-Russell, ipocondroplasia e ipoparatiroidismo: sono tutte malattie rare diverse tra loro ma accomunate da una caratteristica comune, la bassa statura. Interno a questo argomento si svolge oggi al Policlinico Gemelli di Roma un meeting promosso dall'Unità Operativa di Patologia Ipotalamo – Ipofisaria con la collaborazione dell’Associazione culturale pediatri Lazio (ACP), la Federazione Italiana Medici Pediatri di Roma e l’ASL RM E. Tra gli argomenti trattati: inquadramento, novità diagnostiche, test genetici e sviluppo puberale nelle sindromi con bassa statura.

Questa mattina si parla di neutrini con il prof. Antonio Masiero

Sono ripresi questa mattina gli appuntamenti del ciclo “S&E SCUOLA ed ECCELLENZA: Scuole di Scienza nel Novecento italiano” prodotto dalla Fondazione Sigma Tau e dalla Fondazione Musica per Roma. Il primo appuntamento è in corso di svolgimento proprio questa mattina alla Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma e l’argomento è quello appassionante dei Neutrini e dell’ipotesi che possano superare la velocità della luce. Si tratta di una serie di lezioni dedicate, in particolare, al pubblico dei giovani per far conoscere loro quelle tradizioni di ricerca scientifica che hanno dato lustro internazionale al Paese. I ricercatori dell’esperimento O.P.E.R.A. - che studia i neutrini inviati dal Cern di Ginevra ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - hanno annunciato alla fine di settembre un risultato che ha suscitato un grande scalpore. Dopo ripetute verifiche e controlli, si sono arresi all’evidenza di una misura, che potrebbe aprire scenari nuovi e imprevisti nella visione del mondo dei fisici.

La causa potrebbe essere nel mancato funzionamento del complesso proteico ZFP57/KAP1
La ricerca è stata finanziata da Telethon

La sindrome di Beckwith-Wiedemann è dovuta a un’aumentata sintesi di alcune proteine, che si traduce in un’eccessiva tendenza alla crescita, non solo in termini di statura, ma anche di molti organi interni, dalla lingua all’intestino. L’aspetto più pericoloso, però, è l’aumento del rischio di sviluppare tumori in età pediatrica, soprattutto nei primi dieci anni di vita. Che cosa porta alla super espressione di queste proteine? Una risposta a questa domanda è appena stata data da uno studio, svolto con finanziamenti Telethon, pubblicato su Molecular Cell da Andrea Riccio della Seconda Università di Napoli e associato al Consiglio nazionale delle ricerche. La ricerca è stata condotta in collaborazione con Didier Trono del Politecnico di Losanna e Giovanna Grimaldi del Cnr.

La ricerca è stata sostenuta anche grazie all’AST, associazione di riferimento per i pazienti

E’ praticamente tutto italiano lo studio appena pubblicato su Cell Stem Cell che fa luce sui meccanismi che provocano una grave malattia rara, la sclerosi tuberosa. La malattia, di origine genetica, si manifesta fin dall’infanzia e provoca epilessia, ritardo mentale e lesioni neurologiche invalidanti già nei primi anni di vita. Lo studio, guidato dalla professoressa da Rossella Galli del San Raffaele di Milano e al quale hanno collaborato ricercatori di tutta Italia e un ricercatore spagnolo, fa infatti luce sul meccanismo di mutazione che colpisce le cellule staminali cerebrali e, si spera, possa contribuire a indirizzare la ricerca verso nuovi bersagli terapeutici anche se per ora la ricerca è stata condotta esclusivamente sui topi.

Il basso dosaggio aiuta a prevenire sia il primo evento cardiaco che le recidive e i trombi.
Pratica, economica e sicura potrebbe essere la chiave della prevenzione secondaria, con enorme risparmio per la sanità.

Avere più di cento anni e non sentirseli proprio. Potrebbe ben dirlo l’Aspirina che ne ha ormai compiuti 112; nonostante l’età la decana di casa Bayer continua ad uscire senza sosta dagli stabilimenti sparsi in Europa, primo di tutti quello enorme di Bitterfeld, in Germania, per finire nelle case di tutto il mondo con un ruolo importante, essere l’amica del cuore. L’Aspirina, infatti, non è una vecchietta che ha già dato tutto, anzi, continua a riservare sorprese positive confermandosi utile, soprattutto nelle sue formulazioni a basso dosaggio, come arma di prevenzione secondaria verso due dei big killer del nostro tempo: le malattie cardiovascolari e alcune tipologie di cancro. Per la ‘vecchia gloria’ della chimica si prospetta dunque ancora una lunga strada anche se in casa Bayer è da poco arrivato un nuovo nato, il Rivaroxaban, che nel suo uso contro il tromboembolismo venoso potrebbe in parte far da concorrente. Questo nuovo anticoagulante orale ha infatti sempre dimostrato un'efficacia superiore rispetto enoxaparina contro il tromboembolismo venoso: lanciato con successo in oltre 85 paesi ha già trovato applicazione in più di un milione di pazienti.    

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