In Campania probabilmente i casi sono sottodiagnosticati.


“Quando è nato mio figlio, né io né mia moglie, né il personale medico, ci siamo accorti delle piccole anomalie che aveva”. Questo è l’inizio del racconto di un genitore di un bambino affetto dalla sindrome di Poland, una malattia rara che colpisce un bambino ogni 20-30.000. “Dopo circa un mese, mentre confrontavamo le due mani per controllare che non ci fossero altri problemi, la scoperta che la mano destra era più piccola della mano sinistra”. Una mano più piccola dell’altra, o una sindattilia, che consiste nella fusione di due o più dita, è una delle caratteristiche della Sindrome di Poland. Una malattia rara che coinvolge la parete del torace e l’arto superiore, con diverso grado di gravità e limitazione funzionale o estetica. Di come informare le persone, e soprattutto i medici pediatri, se n’è discusso al seminario organizzato dall’AISP in un recente convegno all’Eremo dei Camaldoli di Napoli, a cui hanno partecipato medici, ricercatori e tante famiglie interessate da questa malattia. Dopo i saluti dell’Assessore al Comune di Napoli, Pina Tommasielli e del Presidente della Società Italiana di Pediatria, dott. Fulvio Turrà, è intervenuto il dott. Luigi Sodano, consigliere dell’Ordine dei Medici di Napoli e Provincia, e la dott.ssa Maria De Giovanni, referente FIMP regione Campania, che ha illustrato un progetto per la formazione dei pediatri sulle malattie rare. Il prof. Generoso Andria,Coordinamento Regionale Malattie Rare del Dipartimento di Pediatria presso l’Università Federico II, responsabile del ha illustrato le criticità legate a detta malattia ed i problemi assistenziali connessi nella Regione Campania anche in merito alla creazione e l’utilizzo del Registro delle Malattie Rare. La dott.ssa Simona Fecarotta, dello stesso dipartimento, ha illustrato la casistica nella regione Campania rispetto alle statistiche nazionali e internazionali, rilevando che molto probabilmente il numero dei casi fino ad ora certificati è nettamente inferiore rispetto ai casi reali sul territorio.     

Potrebbero aprire la strada ad un futuro trattamento con gli inibitori usati in oncologia

Il cherubinismo, o cherubismo, è una malattia fibro-ossea benigna dell'infanzia, che colpisce la metà inferiore del viso, la mascella e, in particolare, la mandibola. L'età d'esordio è tra 6 e 10 anni, con rigonfiamento bilaterale indolore della mascella (aspetto del viso da cherubino), associato a tumori ossei multicistici e occhi rivolti verso il cielo. Le lesioni ossee sono generalmente simmetriche. Gli esami radiologici contribuiscono in maniera determinante alla diagnosi ma quella definitiva è la diagnosi istologica. Nei campioni si osservano infatti cellule giganti multinucleate con distribuzione casuale e spazi vascolari all'interno dello stroma fibroso del tessuto connettivo. Le cellule giganti multinucleate sono positive ai marcatori specifici degli osteoclasti. Il cherubinismo è una malattia ereditaria, autosomica dominante, a penetranza e espressività variabili.

L’utilizzo di condizionamenti a intensità ridotta con fludarabina ne hanno migliorato gli esiti.
Per il futuro si sperimentano le terapie a base di anti TNF

“L’Anemia di Fanconi (AF) è una malattia genetica caratterizzata da instabilità cromosomica, tendenza a sviluppare tumori ematologici e non, e da un difetto produttivo del midollo osseo che comporta anemia, piastrinopenia e leucopenia. Sono stati individuati un gruppo di 15 geni che coinvolgendo le funzioni di riparazione del DNA, i processi di ossido-reduttasi, di regolazione di citochine e dell’apoptosi sono alla base dei fenomeni che determinano la malattia di Fanconi. Di solito intorno ai 5-10 anni compaiono i primi difetti di emopoiesi e si comincia ad evidenziare anemia, piastrinopenia e leucopenia”. A spiegare la malattia e lo stato delle terapie è il prof. Mimmo Ripaldi, Direttore SSD Trapianto di Midollo Osseo AORN Pediatrica Santobono Pausilipon di Napoli in un articolo a sua firma nell’ultimo notiziario dell’AIRFA – Associazione Italiana per la Ricerca sull’Anemia di Fanconi.  

Nel mondo se ne conoscono circa 30 casi,  pochissimi, eppure su questa malattia, chiamata sindrome di Weaver, la genetica ha voluto impegnarsi fino al punto che ora – la notizia è stata da poco pubblicata sull’American Journal of Human Genetics  - sembrerebbe siano stati scoperti alcuni geni implicati nella malattia. Autori dello studio sono stati dei ricercatori canadesi della University of British Columbia. La sindrome di Weaver – che prende il nome da David Weaver che per primo la descrisse nel 1974 - ha manifestazioni molto evidenti, è caratterizzata infatti da un esagerato accrescimento osseo associato ad anomalie craniofacciali, degli arti, neurologiche e altri difetti. I segni craniofacciali includono macrocefalia, fronte ampia, ipertelorismo, telecanto, orecchie grandi a basso impianto, filtro lungo e prominente e micrognazia relativa. Le anomalie degli arti comprendono l'aspetto sollevato dei polpastrelli (finger pads), le unghia sottili e infossate, la camptodattilia, le ossa lunghe slargate nella porzione distale, le deformità dei piedi e l'aspetto tozzo degli alluci.

È il primo progetto di ricerca genetica condotto in Italia

Ci sono bimbi e bimbe che nascono, a causa di malattia rare, con gravi malformazioni nell’apparato genitale, urinario e rettale, sindromi che, per semplificazione, vengono chiamate tutte insieme ‘MUGAR’. Tra le malattie rare di questo tipo l’estrofia vescicale, l’epispadia o le malformazioni anorettali. Chi nasce affetto da queste malformazioni nella maggior parte dei casi dovrà essere sottoposto nel corso della vita a diverse operazioni chirurgiche per ottenere la continenza fecale ed urinaria, limitare le infezioni ricorrenti, ridurre il rischio di danno renale e ridare un aspetto armonioso e funzionale agli organi genitali esterni. Non solo questi bimbi vanno incontro a gravi difficoltà ma anche i loro genitori si trovano in una condizione difficile: non essendo chiare le cause che portano a queste malformazioni spesso le coppie rinunciano ad affrontare nuove gravidanze.

Alcuni pazienti colpiti da ictus sviluppano eminegligenza spaziale, perdono cioè la capacità di visualizzare una parte dello spazio che li circonda. Il problema non è negli occhi ma in una parte del cervello che subisce il danno: gli occhi vedono ma il cervello non ‘registra’ l’immagine. La parte che diventa invisibile è quella opposto all’emisfero cerebrale colpito. Per questo problema le tecniche di riabilitazione oggi in uso non producono grossi risultati. Per questi pazienti un aiuto potrebbe venire dalla stimolazione elettrica transcranica, tecnica già utilizzata per numerose patologie neurologiche e sul quale la scienza sta compiendo molte ricerche.

Scoperte le varianti genetiche coinvolte nella formazione delle piastrine

Studiare i meccanismi genetici che portano alla formazione delle piastrine, e che possono anche determinare una cattiva regolazione di questo processo, partendo da un’analisi completa del genoma umano. Non di un genoma qualsiasi però. Ad essere stati analizzati per uno studio appena pubblicato su Nature sono stati infatti i profili genomici di 70 mila individui europei e asiatici, tra cui 11 mila volontari del progetto ProgeNIA, del Parco genetico dell’Ogliastra e del Network italiano isolati genetici (Ingi). “Proprio grazie all’ampia partecipazione della popolazione dei cosiddetti ‘isolati genetici’ tipici dell’Italia si deve il successo di questo studio – spiega Mario Pirastu, direttore dell’Igb-Cnr di Sassari – Gli isolati genetici infatti, per le loro caratteristiche di isolamento, piccole dimensioni, omogeneità genetica, rappresentano un contesto ideale su cui svolgere questo tipo di ricerche”.    

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