La malattia di Erdheim-Chester (ECD), forma di istiocitosi a cellule non-Langerhans, è una malattia multisistemica con interessamento dello scheletro associato a dolore osseo, del sistema nervoso centrale (SNC) e/o dell'apparato cardiovascolare, esoftalmo, diabete insipido, e insufficienza renale. L'esordio avviene di solito tra 40 e 60 anni e il decorso clinico varia da forme asintomatiche a multisistemiche e potenzialmente letali.
Su questa patologia vogliamo oggi raccontare una storia, quella della fondatrice della ECD Global Alliance, associazione di pazienti dedicata alla rara patologia.

"Ciao, desidero condividere con voi la mia storia di convivenza con la Sindrome di Apert durante gli ultimi 33 anni. Presto sarà il mio compleanno e compirò 34 anni. Quando sono nata i miei genitori non avevano alcuna idea di quello che il destino aveva in serbo per loro, sebbene mia madre lavori come professore di neurologia al College di Medicina Veterinaria dell'Università Statale dell'Oregon.” Inizia così la testimonianza di Samantha, trentaquattrenne statunitense affetta dalla Sindrome di Apert che ha raccontato la sua storia su RareConnect, la rete della Comunità internazionale dei malati rari.

Tutto nasce da un compito di scuola: “Crea qualcosa che faciliti la vita di tutti i giorni”. Kylie ha pensato alla sua e a quella degli altri bambini che vivono la sua malattia e a quell’ingombrante palo porta flebo, troppo pesante per loro

Si chiama Kylie Simonds, è una ragazzina di undici anni, come tante altre. Di Naugatuck, cittadina del Connecticut, la sua forza ha commosso e conquistato l’America. Tre anni fa, all’età di otto anni, ha scoperto quello che le avrebbe cambiato per sempre la vita: un cancro. Kylie è malata, un tumore al tessuto connettivo: maligno, molto raro e caratteristico dei bambini. Eppure Kylie ha continuato a combattere inventando uno speciale zainetto per aiutare i bambini a vivere meglio la chemioterapia.

“Vado nello stesso hotel da tanti anni, ora sono arrabbiata e delusa. Mi hanno detto di andarmene perché mio nipote, un ragazzo di 13 anni affetto da autismo, innervosiva i clienti: ho fatto le valigie e sono tornata a casa.” Sono le parole di Rosa, che da anni trascorre le proprie vacanze sempre nello stesso albergo di Milano Marittima e ha sempre portato con sé il nipote. Questa volta, però, le cose non sono andate bene come sempre perché le proteste dei clienti hanno spinto il gestore della struttura a chiederle di andarsene.

“Per circa dodici anni sono stata all’oscuro dell’assistenza che spettava ai miei due figli, entrambi disabili. E ora che conosco i nostri diritti, mi ritrovo a combattere contro una burocrazia che definire sorda è un eufemismo. Voglio che questo non accada più, e che nessun’altra famiglia si ritrovi nella mia situazione”.  Sono le parole di Silvia, mamma di J., 14 anni, e B., 12, entrambi affetti da una malattia molto rara legata al cromosoma X, che si chiama Sindrome di Allan-Herndon-Dudley (Ahd) e racconta a Tamara Ferrari di Vanity Fair come siano stati lasciati all’oscuro dei loro diritti.

Sono passati alcuni mesi da quando Lucia, la mamma di Giulia, una ragazza di Muggiò affetta da tre malattie rare, aveva lanciato un appello perché qualcuno aiutasse il marito, ormai al termine del periodo di cassa integrazione, a trovare un lavoro. Una richiesta di aiuto che era stata accolta da Tamara Ferrari di Vanity Fair e ripresa dall’Osservatorio Malattie Rare. A seguito di quel primo appello, alla famiglia di Giulia era arrivata una donazione anonima fatta da un benefattore che aveva scritto proprio alla nostra redazione.
Oggi è papà Gerardo a chiedere aiuto, sulle pagine di Vanity, perché stremato da mesi di ricerche inutili. "Sono un muratore, mi accontento di qualsiasi cosa, dal fare il manovale al mettere in pratica le specializzazioni in mio possesso. Sono disposto anche a viaggiare".

Un genitore fa quello che può per migliorare la vita del proprio figlio. Investe in fisioterapia, attività motoria, sostegno domiciliare. I costi sono elevatissimi. E quando si arriva in farmacia e ci si sente dire che il farmaco a un certo punto non viene passato più, ecco quella è la goccia che fa traboccare il vaso. È la denuncia fatta da Filippo Franchini, vicepresidente dell’associazione A.I.S.E.A. (Associazione italiana per la sindrome di emiplegia alternante) e papà di un ragazzino varesino di 13 anni affetto da Emiplegia alternante, a La Provincia Pavese.

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