FRANCIA - La società farmaceutica AB Science ha annunciato che un apposito comitato indipendente per la sorveglianza della sicurezza dei dati (IDMC) ha giudicato 'non futile' lo studio clinico di Fase III attualmente in corso per valutare la sicurezza e l'efficacia di masitinib, rispetto a dacarbazina, nel trattamento di pazienti affetti da melanoma metastatico o non resecabile, di stadio 3 o 4 e associato ad un'alterazione nel dominio iuxta membranario (JM) di c-Kit.

La casa farmaceutica AstraZeneca ha annunciato che nello studio di Fase III denominato SUMIT, il farmaco sperimentale selumetinib utilizzato in combinazione con dacarbazina per il trattamento di pazienti affetti da melanoma uveale metastatico, non è riuscito a raggiungere l'endpoint primario di efficacia. Nello specifico, la terapia non si è dimostrata in grado di determinare un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (PFS). Una valutazione completa dei dati dello studio è tuttora in corso.

Il Prof. Girolomoni (Verona) spiega i rischi dell’esposizione prolungata al sole

Prof. GirolomoniVERONA – Il melanoma, come è noto, è il più pericoloso fra i tumori cutanei ma è relativamente raro: colpisce 10-12 persone su 100.000 l’anno, in particolare dopo i 40 anni. Ma per chi si espone spesso ai raggi del sole non è l’unica minaccia, come ha spiegato all’Osservatorio Malattie Rare il Prof. Giampiero Girolomoni, Ordinario di Dermatologia dell’Università di Verona e Presidente SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse).

“Molto più comuni, anche se meno conosciuti, sono i tumori non melanoma, come la cheratosi attinica, il carcinoma basocellulare e il carcinoma squamocellulare: sono dieci volte più diffusi del melanoma”, chiarisce Girolomoni. “La cheratosi attinica, ad esempio, colpisce il 20-30% delle persone sopra i 70 anni, e non dev’essere trascurata perché può evolvere in carcinoma squamocellulare, che ha una malignità minore rispetto al melanoma, ma può creare vaste ulcere o perfino metastasi”.

Roma – Ogni anno in Italia fino a 2mila persone, molte di queste purtroppo  in giovane età, vengono colpite dal sarcoma dei tessuti molli. Tale patologia oncologica è fortunatamente rara, rappresentando circa l’1% di tutte le neoplasie dell’adulto. A questa neoplasia è dedicato il Corso internazionale intitolato “L’attualità sul trattamento dei Sarcomi dei tessuti molli degli arti” che giovedì 2 (ore 10.00-18.00) e venerdì 3 luglio (ore 8.30-13.15) si svolgerà presso l’Aula Brasca del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” presieduto dal prof. Giulio Maccauro, dell’Unità di Ortopedia e traumatologia del Policlinico A. Gemelli, e  dal prof. Andrea Piccioli, Centro Tumori di Palazzo Baleani dell’Azienda Policlinico Umberto I di Roma. Presidente onorario il professor Giuliano Cerulli, Direttore dell’Istituto di Clinica Ortopedia dell’Università Cattolica di Roma.

L'Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha raccomandato l’estensione delle indicazioni di ibrutinib, commercializzato da Janssen Pharmaceutical, per includere il trattamento dei pazienti con macroglobulinemia di Waldenstrom, un tumore raro delle cellule del sangue. Ibrutinib è il primo farmaco ad essere raccomandato per questa malattia, ed è stato autorizzato nell'Unione europea nel mese di ottobre 2014 per il trattamento di altri due tipi di cancro del sangue, la leucemia linfatica cronica e il linfoma mantellare.

Dopo Giappone, Spagna e Germania, dal National Cancer Institute americano, arriva finalmente anche in Italia il PRO-CTCAE, sigla tanto impronunciabile quanto innovativa per il cosiddetto patient empowerment e che sta a significare Patient Reported Outcomes - Common Terminology Criteria for Adverse Event. Ma cosa è e soprattutto a cosa serve il PRO-CTCAE? Si tratta di un questionario che negli USA è ormai uno strumento standard usato nelle ricerche cliniche che consente realmente di mettere il paziente “al centro”.

L'aggiunta dell'anticorpo monoclonale anti-CD20 obinutuzumab alla chemioterapia standard con bendamustina ritarderebbe in modo significativo la progressione del linfoma non-Hodgkin indolente recidivato: lo dimostra lo studio di fase III Gadolin, presentato al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), a Chicago.

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